Blitz della Guardia di finanza alla Dulbecco: dodici persone indagate, nei confronti di cinque di loro disposto il sequestro di un milione di euro
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I militari del Comando provinciale di Catanzaro della Guardia di finanza hanno dato esecuzione a una ordinanza cautelare applicativa degli arresti domiciliari emessa dal Gip presso il Tribunale di Catanzaro, su richiesta della locale Procura, nei confronti di due persone: il primario di Oculistica dell’Azienda ospedaliero-universitaria di Catanzaro, Vincenzo Scorcia, e la sua collaboratrice Maria Battaglia, indiziati di associazione a delinquere, peculato, concussione, truffa aggravata e interruzione di pubblico servizio nonché, limitatamente a uno dei destinatari del provvedimento, di falsità ideologica e autoriciclaggio.
In totale, gli indagati sono 12. Nei confronti di 5 di essi si è proceduto a dare esecuzione ad un provvedimento di sequestro preventivo, finalizzato alla confisca di denaro e beni di valore pari al profitto dei reati loro contestati, nella misura complessiva di 984.762,23 euro.
Le complesse ed articolate indagini, condotte dagli investigatori del Gruppo Tutela spesa pubblica del Nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di finanza di Catanzaro, hanno consentito di delineare - nella fase delle indagini preliminari che necessita della successiva verifica processuale nel contraddittorio con la difesa e ferma pertanto la necessità del compiuto accertamento dei fatti in sede giurisdizionale - l’esistenza ed operatività di un’associazione per delinquere – composta da due dirigenti medici del reparto di Oculistica e da un’infermiera dell’ambulatorio di Oculistica dell’Azienda ospedaliero-universitaria di Catanzaro nonché dalla segretaria dello studio privato dove uno dei medici svolgeva irregolarmente attività libero-professionale – dedita alla consumazione di una pluralità di reati, funzionali alla gestione illecita delle procedure delle liste d’attesa presso il reparto di Oculistica dell’ospedale.
Gli accertamenti hanno consentito di rilevare come alcuni medici in servizio presso il nosocomio pubblico fossero soliti effettuare interventi chirurgici su pazienti previamente visitati, a pagamento, durante lo svolgimento di attività extraistituzionale privata, garantendo loro un trattamento “privilegiato” rispetto ai pazienti ambulatoriali che avevano osservato le disposizioni per l’accesso alla prestazioni sanitarie pubbliche e che erano stati inseriti nelle rispettive liste di attesa, alimentando, di fatto, un sistema privato di prenotazioni e prestazioni erogate gratuitamente dall’ospedale.
In alcuni casi, peraltro, la gravità della situazione clinica riscontrata e la conseguente necessità di sottoporsi con urgenza al trattamento chirurgico, dalla cui tempestività dipendeva la conservazione di un bene fisico fondamentale, poneva i pazienti in una condizione psicologica di sostanziale “costrizione”, tale da limitarne gravemente la libertà di autodeterminazione, sí da accettare di pagare privatamente il medico per essere sottoposti all’intervento presso la struttura pubblica.