Tropea, guerra ai “lordazzi”: una taglia sui padroni dei cani che sporcano

È quanto annunciato dal sindaco Macrì per combattere un fenomeno molto diffuso: «Si potrebbe arrivare ad esaminare anche il dna»

di A. S.
24 febbraio 2019
11:32
Un proprietario raccoglie le feci del cane
Un proprietario raccoglie le feci del cane

A Tropea è guerra ai “lordazzi”. È questa l’espressione alquanto colorita utilizzata dal sindaco Macrì per indicare i cittadini che quotidianamente contribuiscono a inquinare e degradare alcune zone della città. L’attenzione del primo cittadino è concentrata in particolare sui proprietari di animali, «monelli che non perdono occasione per lasciare per terra il segno del loro schifoso passaggio - come scritto sulla sua pagina Facebook -. Lordazzi bipedi – prosegue il sindaco - che non riescono a comprendere quanto la loro inciviltà nuoccia ai propri amici fedeli».


Una lotta senza quartiere che potrebbe portare «ad esaminare il dna di tali reperti per arrivare a colpire questi lordazzi nemici dei propri pseudo amici». E Macrì spiega anche come raggiungere questo proposito: «Ovviamente tale operazione presuppone l'adozione di alcune iniziative preliminari alle quali occorrerà dare concretezza. Obbligo del microchip e di portarsi dietro la bottiglietta d'acqua per ripulire dalle deiezioni urinarie dei loro amici, sono solo alcuni esempi delle possibili azioni che intraprenderemo». E, nel prosieguo, il coup de théâtre: «Non escludo, neppure, una taglia su questi lordazzi, anzi, la ritengo una delle prime iniziative che adotteremo».



Una notizia che ha destato subito l’interesse dei tropeani, i quali hanno commentato lo stato del sindaco dando anche dei suggerimenti e sollevando altre problematiche legate al fenomeno: «Avrei anche un pensierino – scrive un’utente - per quelli che si impegnano a raccoglierla in un sacchetto, e che con la stessa solerzia abbandonano il sacchetto in ogni dove». Un parere a cui risponde un'altra abitante della perla del Tirreno: «Sono una che raccoglie sempre ma non nego che qualche volta, stremata e dopo km con la bustina in mano, l’ho abbandonata assemblandola ad una postazione rifiuti, magari di un ristorante. Nel lungomare non ci sono stati secchioni negli ultimi anni, spesso me la sono riportata pure in paese. Ma così diventa surreale! Per favore Giovanni Macrì qualche minisecchio in più per i piccoli rifiuti della street life tropeana. Grazie!».


E c’è anche chi riporta esempi da altre realtà: «L’hanno scorso in Svizzera ogni mattina per andare a lavoro percorrevo una strada che affianca un fiume, con un solo cestino alla fine e uno all’inizio, incrociavo tutti i giorni una signora col proprio cane che dopo aver fatto i bisogni li raccoglieva e chiudeva il tutto in una busta, portando con sé la busta fino che non arrivava al cestino. Il problema del cestino quindi penso sia relativo perché altrimenti alla signora la polizia avrebbe fatto la multa».

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