Vite intrecciate

Da Catanzaro a Dubai nel nome di Maradona: storia (e affari) di Stefano Ceci, il migliore amico “calabrese” del Pibe de Oro

I due marchi gestiti dall’ex pizzaiolo che ha vissuto per 15 anni in simbiosi con il campione tornano ciclicamente al centro delle polemiche con la famiglia. Prima del business un legame iniziato con i treni presi all’alba per godersi le esibizioni del Diez al San Paolo

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di Pablo Petrasso
22 aprile 2024
07:00

Quando il Napoli giocava al San Paolo, Stefano Ceci partiva nella notte in treno da Catanzaro. Arrivato allo stadio, scavalcava le recinzioni e si godeva la partita. In Calabria la sua famiglia gestiva una pizzeria: erano arrivati da porta San Gennaro, cerniera tra il centro storico e il quartiere Sanità.

Catanzarese d’adozione, Ceci voleva essere il migliore amico di Diego Armando Maradona. O forse voleva essere Maradona. Di certo con il Pibe de Oro ha condiviso droghe, calcio, notti brave e anche l’operazione di riduzione dello stomaco. «Abbiamo parlato tantissimo, scherzato, vissuto», ha raccontato dopo la morte del Diez.


Il nome di Ceci si riaffaccia ciclicamente nelle storie che ruotano attorno a Maradona: inevitabile, visto che i due hanno vissuto fianco a fianco per 15 anni. Anche a Dubai, dove il catanzarese d’adozione si è trasferito da anni: da lì gestisce due marchi legati all’immagine di uno dei calciatori più iconici della storia.

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Tra affetto e affari, la galassia Maradona muove ancora oggi almeno 100 milioni di euro all’anno e Ceci ha un posto d’onore nel business. Nei giorni scorsi L’Espresso ha ricostruito scontri e relazioni di quella eredità molto ambita. L’ex pizzaiolo autore del libro “Maradona, il sogno di un bambino” ha un ruolo chiave in questi intrecci. Controlla due marchi, D10S e la silhouette di Diego Armando che corre. I ricavi finiscono nelle casse della Diez di Dubai: anche se vengono prodotti in Italia sono sottoposti a una tassazione quasi nulla. D10S è tra i più noti: è finito, tra le altre cose, su un’edizione celebrativa delle patatine Amica Chips e addirittura su un bambolotto Cicciobello dedicato ovviamente a Maradona.

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Ceci spiega di avere un contratto di tre anni (rinnovabile per altri due) con la Ssc Napoli di Aurelio De Laurentiis e dichiara di versare regolari quote agli eredi. Diego Junior, uno dei figli di Maradona che ha tentato senza troppo successo la carriera da calciatore (un’esperienza nel beach soccer e poi qualche comparsata da allenatore nelle serie inferiori), non è troppo d’accordo. Ha avuto parole pesanti nei confronti di Ceci in occasione dei festeggiamenti per la vittoria dello scudetto e anche quando l’imprenditore ha regalato a Napoli una statua del suo idolo: «C’è sempre Ceci di mezzo, ha regalato una statua alla società, sembra una persona buona, ma è solo una mossa di marketing. Se la statua l’aveva fatta il maestro Domenico Sepe, donandola gratis, che bisogno c’era della sua? Ci sono state diverse sentenze, eppure il Napoli continua a fare affari con questo personaggio. Hanno fatto anche una festa per il compleanno di mio padre, nessuno gliel’ha chiesta».

Ceci replica, ancora a L’Espresso: «Lo ha ribadito il Tribunale di Napoli ed esiste un documento firmato da Maradona, sottoscritto da un notaio, avallato da ambasciate e altri tribunali: ho la titolarità dei diritti di immagine di Diego con la mia società Diez di Dubai. Ho avuto tre mandati da Diego, altrimenti non avrei potuto farlo ospitare a “C’è posta per te”, “Amici” o da Fabio Fazio. Non avrei potuto portarlo al San Carlo né stipulare contratti con la Fifa, con Sky, con la Rai, con Tim per la campagna che lanciava i 10 giga. Ho 37 accordi portati a termine con lui e l’ho accompagnato a 63 eventi. Questa è storia».

Storia iniziata con i viaggi notturni in treno per assistere alle acrobazie pallonare di Maradona e iniziata per davvero nel 2000 a Cuba, con un’amicizia inseguita e finalmente sbocciata. Da allora e per più di 15 anni Diego Armando e Tanito (diminutivo di Tano, parola che gli argentini usano per designare gli italiani) sono stati inseparabili. Fino al ritorno di Maradona in Argentina: da qual momento in poi i contatti si diradano ma Ceci trova il modo di incontrare il suo amico ogni quindici giorni. L’esplosione della pandemia e il lockdown stoppano i viaggi ma non la sintonia tra i due. L’ultimo contatto avviene una settimana prima dell’operazione del Diez e dell’aggravarsi delle sue condizioni. Da allora gli scontri con la famiglia sono aumentati ma non al punto di scalfire i ricordi di una vita. Belli e brutti. Le mattine nascoste sotto la tettoia del San Paolo per evitare i controlli, le canzoni napoletane cantate all’alba dopo una serata di eccessi, il carcere incontrato per la droga che girava attorno al campione. E un processo finito bene, con il dispositivo della sentenza che, raccontò Ceci al Corriere della Sera, dice «tossicodipendente cronico sì, ma non alla cocaina: a Maradona».

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