Dati Istat

Gli stranieri in Italia sono 5 milioni e preferiscono il Centro-Nord, bassa l’incidenza al Sud: sono solo il 4,5% della popolazione

L'arrivo di persone da altri Paesi mitiga gli effetti del crollo demografico che interessa l'Italia. Diminuisce il numero medio di figli per donna mentre aumenta l'età del primo parto, ecco i dati della Calabria

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di Massimo Tigani Sava
3 aprile 2024
19:05

Cresce la popolazione straniera residente in Italia: +166mila unità al 31 dicembre 2023 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (incremento del 3,2%). Gli stranieri censiti dall’ultimo rapporto Istat sono 5 milioni e 308mila, con un’incidenza sulla popolazione totale pari al 9%. Il 58,6% degli stranieri, corrispondente a 3 milioni 109mila unità, risiede - spiega l’Istituto di statistica - nel Nord del Paese, per un’incidenza dell’11,3%. Altrettanto attrattivo per gli stranieri è il Centro, dove ne risiedono un milione 301mila (24,5% del totale) con un’incidenza dell’11,1%. Più contenuta, invece, la presenza di residenti stranieri nel Mezzogiorno, 897mila unità (16,9%), che raggiunge un’incidenza di appena il 4,5%.

Un altro dato interessante è quello relativo agli stranieri che hanno acquisito, nel 2023, la cittadinanza italiana: sono stati 200mila, poco meno dei 214mila del 2022.


Gli stranieri tengono in piedi il livello della popolazione italiana che altrimenti subirebbe cali importanti causo il continuo calo delle nascite. «Le iscrizioni dall’estero (416mila) e le cancellazioni per l’estero (142mila) - precisa l’Istat - determinano un saldo migratorio con l’estero positivo di 274mila unità. In tali condizioni, che consentono di compensare quasi totalmente il deficit dovuto alla dinamica naturale con una dinamica migratoria favorevole, la popolazione residente ha la possibilità di rimanere, almeno sul piano numerico, in sostanziale equilibrio». La riduzione del numero complessivo dei residenti di cittadinanza italiana registrato al 31 dicembre 2023 è stata del 3,2 per mille, con un calo in valore assoluto di 174mila unità.

«In relazione alle diverse dinamiche demografiche che distinguono il Centro-Nord dal Mezzogiorno, in termini di nascite, decessi e trasferimenti di residenza, tale variazione - sottolinea l’Istituto di statistica - si concentra nel Mezzogiorno, con ben 126mila italiani residenti in meno (-6,6 per mille)».

Guardando invece al totale della popolazione residente, stranieri compresi, il valore misurato al dicembre 2023 di 58 milioni e 990mila presenta un calo di sole 7mila unità (-0,1 per mille abitanti) rispetto al 2022. «La variazione della popolazione nel 2023 rivela un quadro eterogeneo tra le ripartizioni geografiche. Nel Mezzogiorno - annota l’Istat - la variazione è negativa, peraltro consistente nella misura del -4,1 per mille. Nel Nord, invece, la popolazione aumenta del 2,7 per mille. Stabile quella del Centro (+0,1 per mille).

A livello regionale, la popolazione risulta in aumento soprattutto in Trentino-Alto Adige (+4,6 per mille), in Lombardia (+4,4 per mille) e in Emilia-Romagna (+4,0 per mille). Le regioni, invece, in cui si è persa più popolazione sono la Basilicata (-7,4 per mille) e la Sardegna (-5,3 per mille)».

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Il problema da affrontare, in Italia, con l’adozione di politiche sociali di sostegno reale e forte alla maternità, intervenendo sia sul piano finanziario sia dei servizi, è quello del crollo dei nati: «Con appena 379mila bambini venuti al mondo, il 2023 mette in luce l’ennesimo minimo storico di nascite, l’undicesimo di fila dal 2013. Un processo, quello della denatalità, che dal 2008 (577mila nascite) - afferma chiaramente il report Istat - non ha conosciuto soste. Calano anche i decessi (661mila), l’8% in meno sul 2022, dato più in linea con i livelli pre-pandemici rispetto a quelli che hanno caratterizzato il triennio 2020-22. Da quanto detto emerge un saldo naturale ancora fortemente negativo (-281mila unità)». Il tasso di natalità nazionale è ulteriormente calato nel 2023 rispetto al 2022: 6,4 per mille a fronte del 6,7. La diminuzione delle nascite rispetto al 2022 è di 14mila unità (-3,6%). Dal 2008, ultimo anno in cui si è assistito in Italia a un aumento delle nascite, il calo è di 197mila unità (-34,2%). E si badi bene: la riduzione della natalità riguarda indistintamente nati di cittadinanza italiana e straniera (questi ultimi, pari al 13,3% del totale dei neonati, sono 50 mila, 3 mila in meno rispetto al 2022).

Il decremento della natalità va di pari passo con la riduzione della fecondità: «Il numero medio di figli per donna scende - mette in evidenza l’Istat - da 1,24 nel 2022 a 1,20 nel 2023, avvicinandosi di molto al minimo storico di 1,19 figli registrato nel lontano 1995. La contrazione del numero medio di figli per donna interessa tutto il territorio nazionale. Nel Nord diminuisce da 1,26 figli per donna nel 2022 a 1,21 nel 2023, nel Centro da 1,15 a 1,12. Il Mezzogiorno, con un tasso di fecondità totale pari a 1,24, il più alto tra le ripartizioni territoriali, registra una flessione inferiore rispetto all’1,26 del 2022. In tale contesto, riparte la posticipazione delle nascite, fenomeno di significativo impatto sulla riduzione generale della fecondità, dal momento che più si ritardano le scelte di maternità più si riduce l’arco temporale disponibile per le potenziali madri. Dopo un biennio di sostanziale stabilità, nel 2023 l’età media al parto si porta a 32,5 anni (+0,1 sul 2022). Tale indicatore, in aumento in tutte le ripartizioni, continua a registrare valori nel Nord e nel Centro (32,6 e 32,9 anni) superiori rispetto al Mezzogiorno (32,2), dove però si osserva l’aumento maggiore sul 2022 (era 32,0)».

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In termini di numero medio di figli per donna, nel 2023 la Calabria è risultata quarta tra le regioni italiane con un valore di 1,28, alle spalle di Trentino Alto Adige (1,42), Sicilia (1,32), Campania (1,29). In coda alla classifica la Sardegna attestata sotto il livello di 1 figlio per donna, con il dato di 0,91. Agli ultimi posti anche la Basilicata (1,08), il Molise (1,1), l’Umbria (1,1), il Lazio (1,11). Se si guarda invece all’età media del parto la Calabria è diciassettesima con 32,3 anni, seguita da Trentino Alto Adige (32,2), Campania (32,2) e Sicilia (31,7). La media più alta per l’età del parto si riscontra in Sardegna (33,2), Basilicata (33,1), Lazio (33,0), Molise (32,9), Toscana (32,8), Abruzzo (32,8). La media nazionale è pari a 32,5.

Sul piano provinciale tra i più alti valori di numero medio di figli per donna si attesta la provincia di Reggio Calabria (1,37), che sta dietro solo a Provincia autonoma di Bolzano (1,56), Gorizia (1,42) e Palermo (1,39). Alle spalle di Reggio Calabria troviamo Ragusa (1,36) e Catania (1,36). Il valore più basso è stato riscontrato in provincia di Cagliari (0,86). 

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