Alla presentazione dei palinsesti Mediaset non si è parlato solo di tv. Il secondogenito del Cavaliere archivia l'immagine da manager silenzioso e non risparmia nessuno: stronca la linea Tajani, gela la sorella e avverte la premier. Se scende in campo lui, non si gioca più a carte coperte
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Pier Silvio Berlusconi
Cologno Monzese, luglio afoso. Si presenta davanti alle telecamere con la solita giacca su misura, il fisico da eterno surfista e la voce pacata. Ma bastano pochi minuti perché tutti capiscano che Pier Silvio Berlusconi ha deciso di togliersi la maschera. Nessun balbettio, nessuna soggezione. L’uomo che per decenni è stato dipinto come “quello che sta dietro”, “il figlio tranquillo”, “il manager che non ama la politica”, ha appena messo in scena il suo coming out istituzionale.
Altro che presentazione dei palinsesti. Quello che è andato in onda è stato un vero predellino 2.0, con meno coreografia ma con molta più sostanza. Pier Silvio ha parlato di tv, certo, ma soprattutto ha parlato di Italia, di governo, di Forza Italia, di visione. Ha parlato da leader. E a Milano, tra i salotti che contano, non si parla d'altro.
Il tempismo è chirurgico. La sorella Marina, da mesi, arranca nella gestione postuma del partito del padre, affidandosi a un Tajani che definire grigio è fargli un complimento. Da tempo Marina dà segnali di stanchezza, incertezza, prudenza. E Pier Silvio? Si è stufato di stare a guardare.
Durante l’evento, l'affondo più diretto lo ha riservato proprio a Tajani: «Non ho capito la proposta sulla cittadinanza», ha detto con un mezzo sorriso. Non l’ha capita e non la condivide. Tradotto: il barone ciociaro non è più intoccabile. Anzi, è pronto per la pensione. Perché se c’è un messaggio che l’ad di Mediaset ha lanciato forte e chiaro è che il tempo dei galoppini è finito. E quello dei Berlusconi veri potrebbe ricominciare.
Ha voluto rimarcare la distanza anche con la sorella: «Marina è più progressista di me». Con un tono gentile, sì, ma infiocchettato di veleno. Dietro quel “filino” si nasconde tutto un mondo: la politica dei diritti, la visione soft, il moderatismo ingessato della Cavaliera. Lui invece no. Lui si dice «più conservatore», attento a salari, tasse, sicurezza. Sembra di sentirlo dire: «Lasciamo i salotti a chi ci è nato, io voglio fare politica vera».
E allora ecco il sospetto che serpeggia da giorni: Pier Silvio Berlusconi vuole Forza Italia. Non solo il brand, non solo l'eredità simbolica, ma il partito vero, quello fatto di congressi, percentuali, candidature e battaglie parlamentari. D’altra parte, lui stesso lo ha ammesso: «Non escludo nulla. Ho 56 anni, mio padre è sceso in campo a 58…». E chi conosce i Berlusconi sa che, quando uno dice di «non escludere nulla», in realtà ha già deciso tutto.
La mossa ha colto in contropiede molti. A partire da Marina, che non era stata informata dei contenuti “politici” della presentazione. Una sberla in pieno viso. E Giorgia Meloni? Colpita e affondata. Perché se Tajani è il suo cameriere più fedele (con tanto di tovagliolo), l’eventuale arrivo di Pier Silvio alla guida del partito azzurro cambierebbe tutto. Con lui al comando, Forza Italia smetterebbe di obbedire, e tornerebbe a comandare.
A tremare non è solo la premier. Anche i vecchi arnesi del partito – Gasparri, Ronzulli, i colonnelli sopravvissuti al Cav – si guardano attorno con l’aria di chi sente che la festa sta per finire. Un ritorno alla politica muscolare, berlusconiana, condita da tv amiche e campagne populiste, farebbe piazza pulita delle rendite di posizione. E rilancerebbe davvero un centrodestra meno monocorde.
I sondaggi interni a Mediaset parlano chiaro: il nome Berlusconi tira ancora. E se a incarnarlo è il figlio telegenico, rassicurante, col pedigree da dirigente e lo stile da “uomo nuovo”, allora sì, Forza Italia può risalire. E non poco. Non si tratta solo di numeri, ma di immaginario collettivo: la nostalgia del Cav, la voglia di un'alternativa “liberale ma concreta”, la stanchezza verso l’autoritarismo meloniano.
Pier Silvio, però, gioca ancora di sponda. Non ha fatto l’annuncio ufficiale. Ma lo sta preparando. Con calma, con metodo, aspettando il momento giusto. Intanto, si mostra, parla, accenna, colpisce. E mentre lui si scalda, Marina riflette, Meloni suda freddo, e Tajani legge i giornali con l’aria di chi ha capito che la cuccagna è finita.
Il resto è nei dettagli: la consulenza discreta di Nicolò Querci, il braccio destro più fidato; l'asse con Stefano Sala per blindare l’impero televisivo; le telefonate sempre più frequenti con vecchi amici del padre, da Gianni Letta in giù. Il cantiere è aperto, il progetto è pronto.
E il popolo azzurro? Qualcuno aspetta con scetticismo, qualcuno con speranza. Ma molti, molti di più, sono pronti a salire sul carro del nuovo Cav. Che poi, nuovo fino a un certo punto: perché dietro il sorriso di Pier Silvio c’è l’eco di una voce familiare. E quella voce, in politica, fa ancora effetto.