Il rettore dell'Università di Reggio Calabria: «Studiare qui permetterà di restare a lavorare nella propria terra»

VIDEO | Intervista a Marcello Santo Zimbone: «C’è una domanda crescente di figure che noi formiamo e credo che nell’arco di 5 o 6 anni le opportunità di impiego al Sud non saranno più poche come in passato»

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di Alessia Principe
18 luglio 2021
16:08

Il bianco delle torri, a mezzodì, riflette la luce accecante dello Stretto. Il blu profondo del mare, che spia dagli spazi, incornicia un quadro che sembra un'ispirazione di De Chirico visto dalla prospettiva del ponte che unisce i plessi e le loro finestre strette nel candore dell'altezza.

L’Università “Mediterranea” di Reggio Calabria è battuta dai venti del confine sottile che separa la Sicilia dal continente. Oggi è giorno di lauree. Una ragazza in completo azzurro stringe la sua tesi e sorride sotto l’ombra dell’alloro che le incorona il capo. Gli studenti che salutano la fine del corso di studi hanno tutti la stessa espressione, a ogni latitudine: confusi, scarmigliati e felici. Da domani tocca pensare a quel futuro costruito materia dopo materia, tocca dare consistenza a quel po’ di progetti da mettere nelle borse di cuoio regalate dai genitori.


A guidare l’ateneo reggino è il rettore Marcello Santo Zimbone, che della sua Università vuol farne un gioiellino, puntando sull’innovazione e la tecnologia e sulla possibilità di far rimanere i suoi studenti qui, al Sud, nella loro terra, anche dopo la stretta di mano di commiato.

«L’Università si alimenta dei giovani – spiega – è grazie a loro se possiamo percorrere strade altrimenti impensabili da battere».

Rettore, il mondo sta cambiando, l’Università riesce a tenere il passo?

«C’è una domanda crescente di figure che noi formiamo. È vero, il mondo è destinato a cambiare ma alcune solide figure sono destinate a rimanere. Noi abbiamo un’offerta formativa, per certi versi, esclusiva per la Calabria e la Sicilia orientale; parlo di corsi come quello in Agraria o Architettura, e di altri campi su cui vale la pena continuare a investire: l’informazione, l’energia, l’ingegneria civile. Abbiamo aperto al campo umanistico e quest’anno daremo il via al corso di laurea in Scienze infermieristiche. Ci sono 23 corsi di studio qui ma gli indirizzi sono circa il doppio, insomma c’è l’imbarazzo della scelta».

E c’è anche un occhio alle stelle…

«Da qualche anno abbiamo avviato una collaborazione anche nel campo delle Scienze e Tecnologie Spaziali. Nel 2019 abbiamo siglato un accordo con l’agenzia spaziale italiana, ospitato un forum internazionale a cui hanno partecipato rappresentanze di 15 Paesi del Mediterraneo. Avere un occhio alle stelle significa anche aprire orizzonti nuovi».

Perché scegliere di iscriversi a Reggio e non, ad esempio, a Milano o Roma…

«In quest’ultimo periodo è uscito fuori come ci sia molta unifomità negli standard didattici tra le Università del nostro Paese. Siamo in una fase di grande trasformazione, credo che nell’arco di 5 o 6 anni molte cose saranno cambiate e le opportunità di lavoro al Sud non saranno più poche come in passato. Noi ci stiamo muovendo proprio in questa direzione e vorremmo che le opportunità si moltiplicassero sempre di più. Studiare nella propria terra non solo garantisce una formazione adeguata ma anche una prospettiva lavorativa più forte di quella di un tempo. È probabile che gli investimenti dello Stato nel prossimo futuro saranno in grado di attirare l’attenzione di istituzioni e imprese, creando un ecosistema che apra a sbocchi occupazionali che finora non ci sono stati».

Come sono i rapporti tra Università calabresi? Un tempo si diceva che il cielo sugli atenei in questa regione fosse buio e tempestoso.

«Posso dire che stiamo attraversando un momento molto felice sotto questo punto di vista. Il sistema universitario calabrese viaggia all’unisono, le scelte sono tutte condivise, quando interloquiamo con la Regione ci presentiamo uniti, abbiamo già alle spalle collaborazioni concluse nel migliore dei modi, altre sono in itinere. Posso dire con orgoglio che il sistema universitario calabrese è tra i pochi in Italia a essere davvero unito».

Come vede il suo ateneo nel futuro?

«Lo vedo sempre più popolato di studenti, con una ricerca sempre più sviluppata, lo vedo un ateneo ancora più in rete, collegato alle imprese. Di recente abbiamo siglato un protocollo d’intesa con alcuni Comuni, l’abbiamo fatto in Sicilia e qui nell’area grecanica e lo faremo anche altrove. Il legame col territorio, rispetto al passato, lo vedo molto, molto più rafforzato e questo è un valore aggiunto per tutti».

Giornalista
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