Locride, il lavoro del postino al tempo del Coronavirus

L'emergenza non ha fermato il lavoro dei portalettere, che hanno imparato a convivere con le nuove norme di sicurezza VIDEO

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di Ilario  Balì
15 aprile 2020
17:55

C’era un tempo in cui i postini erano spesso bersaglio di critiche per mancate consegne o ritardi. Il Coronavirus ci ha fatto riscoprire una categoria che lavora ogni giorno alacremente per garantire il ricevimento di posta.
Rosamaria è una delle tante portalettere che in questi giorni di emergenza continua a lavorare per assicurare un servizio essenziale ai cittadini.

A bordo della sua Panda 4x4 percorre quotidianamente le strade dell’entroterra della provincia reggina, tra scenari naturalistici mozzafiato e mulattiere che conducono a frazioni sperdute. Ma lei non può avere nessun contatto con cittadini che conosce da anni. Così le raccomandate vengono imbucate nella cassetta delle lettere per evitare contagi. Con i destinatari un saluto a distanza e via, verso la prossima consegna.


«Se prima ci si poteva scambiare una parola in più – racconta Rosamaria – dopo un caffè sempre offerto, adesso a malincuore siamo costretti a dire di no».

Le restrizioni e un rapporto che cambia

Fino a non molto tempo fa l’arrivo del postino nelle borgate era salutato, soprattutto per gli anziani, come un momento di festa e di evasione dalla quotidianità. Oggi in regime di restrizioni non è così. Ma il loro stile di vita, isolato dal resto del mondo, rispetto a un mese fa è cambiato poco.

«Cerchiamo di mantenerci all’interno delle nostre proprietà – spiega Teresa che vive a Stefàno, nella frazione Ursini di Caulonia – altro non possiamo fare». Vincenzo dall’alto della sua casa può godere di un panorama stupendo, ma ha i figli lontani e una moglie malata.

«Ammazzo il tempo lavorando la terra e prendendomi cura delle mie galline – sostiene – Qui il rischio contagio e minimo, ma mi piacerebbe presto riabbracciare i miei ragazzi».

Sull’altra sponda del torrente Amusa c’è chi, come suor Renata, continua il suo lavoro da eremita dentro il piccolo eremo della querce, tra preghiera e lavoro con le icone. «La settimana scorsa, insieme ad altre consorelle, ci siamo impegnate a preparare un dolce pasquale che abbiamo distribuito a tutte le famiglie della vallata, che hanno gradito il pensiero e si sono sentite incoraggiate e meno sole».

 

 

Giornalista
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