L’intervento

Cervelli in fuga ma non fessi, ingegnere calabrese parla in Senato: «Traditi dal Governo che ha tagliato gli sgravi per chi ritorna»

VIDEO | Roberto Ceravolo è di Pizzo, ha 37 anni e ha un curriculum stellare che ha arricchito all’estero. Ha deciso di rientrare in Italia sfruttando gli incentivi fiscali in vigore dal 2019. Ora però Palazzo Chigi ha deciso una stretta: «Cambiate le carte in tavola, così non tornerà più nessuno». Ha raccontato la sua storia a Palazzo Madama durante un convegno sulla manovra economica

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di Francesca Giofrè
24 novembre 2023
12:45
Roberto Ceravolo durante il suo intervento in Senato, a Palazzo della Minerva
Roberto Ceravolo durante il suo intervento in Senato, a Palazzo della Minerva

«Ci sentiamo traditi dallo Stato». A parlare al Senato, più precisamente a Palazzo della Minerva, è Roberto Ceravolo. L’ex premier Giuseppe Conte nel presentarlo lo definisce «un’eccellenza italiana»: lo ha invitato a portare la sua testimonianza nel convegno promosso per illustrare le proposte del Movimento 5 stelle sulla Manovra economica. Roberto è calabrese, di Pizzo, e in questo frangente rappresenta la voce dei cosiddetti cervelli di rientro. Quei lavoratori, cioè, che dopo essere andati all’estero in cerca di migliori prospettive, hanno deciso di rientrare e investire nella propria terra. E lo hanno fatto anche grazie agli sgravi fiscali previsti dalla legge per i rimpatriati: incentivi rafforzati nel 2019 con il Decreto Crescita – approvato durante il Conte II - e che ora il Governo Meloni punta a riformare, tra le proteste dei professionisti italiani all'estero che si oppongono ai tagli annunciati. 

Da New York a Pizzo

Roberto è tornato in Italia proprio nel 2019, dopo diversi anni trascorsi a New York. È un ingegnere, oggi ha 37 anni e la sua base è Pizzo. È giovane ma il suo curriculum è già parecchio ricco, attualmente fa parte della dirigenza di una delle più grandi aziende di Telecomunicazioni operante in Europa. «Quando ero all’estero ho sempre sentito forte il richiamo della mia terra, prima o poi sarei tornato, e le misure introdotte nel 2019 per il rientro dei cervelli in fuga sono state un forte incentivo», ci racconta all’indomani del suo intervento a Roma. Quello stesso anno quindi decide di fare le valigie e tornare in Italia, prima in Lombardia per lavoro e poi, complice la pandemia e l’“esplosione” dello smart working, finalmente nella sua Calabria, dove da allora risiede e ha anche comprato casa.  Vivere qui, con la propria famiglia, i posti del cuore e le tradizioni, è tutt’altra cosa rispetto all’estero. E gli sgravi fiscali previsti dalla legge «compensano – spiega – il divario che esiste tra quanto guadagnavi in un altro Paese e quanto guadagni qui». Come lui devono averla pensata in tanti: gli ultimi dati Istat mostrano infatti che i rimpatri negli ultimi anni sono in crescita. Nel 2021 sono stati 75mila: in aumento del 34% rispetto al 2020 e del 10% rispetto al periodo pre pandemico. Per questo ora la sforbiciata pensata dal Governo a Roberto sembra una follia: «Chi aveva intenzione di tornare ora farà marcia indietro, non conviene più».


Rientro dei cervelli, cosa cambia

Oggi il Decreto Crescita prevede che i lavoratori che hanno vissuto almeno 2 anni all’estero e si impegnano a risiedere in Italia per almeno 2 anni paghino le tasse soltanto sul 30% del proprio reddito, o addirittura solo sul 10% se decidono di portare la propria residenza in una regione del Sud. Agevolazioni che durano per 5 anni, prolungabili di altri 5 per coloro che hanno almeno un figlio minorenne o che comprano casa.

Il Governo Meloni ha pensato però a «condizioni più stringenti per l’accesso all’agevolazione». Le nuove misure sono contenute nello Schema di decreto legislativo recante attuazione della riforma fiscale in materia di fiscalità internazionale, approvato dal Consiglio dei ministri a metà ottobre e ora all’esame di tre Commissioni alla Camera dei deputati. Il testo prevede innanzitutto che il lavoratore rimpatriato paghi le tasse non più sul 30 ma sul 50% del proprio reddito. Inoltre deve aver vissuto 3 anni all’estero e si deve impegnare a rimanere in Italia per 5, pena la restituzione delle agevolazioni con gli interessi. Via l’ulteriore sconto previsto per chi decide di trasferirsi nel Meridione. Gli sgravi fiscali si applicheranno inoltre solo a coloro i quali cambieranno datore di lavoro una volta tornati in Italia e solo a chi ha un reddito annuo inferiore ai 600mila euro. Le agevolazioni dureranno 5 anni, non prorogabili. Le norme restano invariate solo per docenti e ricercatori di rientro (per i quali attualmente è prevista una detassazione del 90%).

Sul piede di guerra

Le nuove regole entreranno in vigore da gennaio 2024. «Ciò significa che chi è già in procinto di rientrare, si è visto cambiare le carte in tavola nel giro di pochissimo. I patti sono stati traditi», ribadisce Roberto ricalcando quanto espresso in Senato. «Far rientrare i cosiddetti cervelli in fuga significa riappropriarsi di talenti che si sono formati qui, guadagnare anche dai loro investimenti sul territorio e da un gettito fiscale che, seppur ridotto, c’è e altrimenti non si avrebbe». Un arricchimento umano, culturale ed economico, dunque, «a cui questo Governo vuole rinunciare» chiosa il giovane calabrese. E intanto anche sul web corre veloce la protesta dei lavoratori che vivono fuori dall’Italia: in quasi diecimila hanno firmato una petizione contro la riforma e il Gruppo Controesodo - associazione che raggruppa migliaia di laureati emigrati all’estero – ha deciso di appellarsi al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

L'intervento di Ceravolo al Senato

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