Violenza di genere, a Bovalino nasce uno sportello di ascolto: «L’obiettivo? Trasmettere fiducia e familiarità»
“Un posto per me” è stato aperto all'interno dell'Istituto superiore “Francesco La Cava”. Le operatrici: «Uno spazio alle ragazze che sia libero dal giudizio»
Nasce “Un posto per me”, uno sportello settimanale di ascolto ed educazione di genere, all’interno dell’Istituto superiore “Francesco La Cava” di Bovalino, che, come ben sappiamo, opera in un territorio in cui è radicata la cultura patriarcale nonché la normalizzazione della violenza, per cui tra le ragazze c’è maggiore bisogno di essere ascoltate, di trovare spazi in cui potersi sentire sicure e libere di essere sé stesse, senza il timore di essere giudicate.
Juana Coluccio - Educatrice formatrice e operatrice all’interno dello sportello scolastico di ascolto/antiviolenza “Un posto per me”.
«Da ottobre 2023 lavoro con l’associazione Crisi Come Opportunità, nell’ambito del progetto “Ponti- La cultura e il teatro per la cittadinanza attiva”, da un anno, progettiamo dei laboratori di educazione alle questioni di genere e contrasto alla violenza di genere che poi svolgiamo in diverse classi di scuole superiori calabresi».
All’istituto “La Cava” di Bovalino, dove CCO – Crisi Come Opportunità, ha aperto uno sportello di ascolto psicologico/antiviolenza, affidando a Juana Coluccio e alla psicologa Francesca Racco l’incarico come operatrici.
«Aprire uno sportello di ascolto/antiviolenza all’interno di questo istituto vuol dire dare uno spazio alle ragazze che sia libero dal giudizio, slegato dai rapporti con il personale scolastico e con le famiglie, anonimo e sicuro».
Qual è il primo obiettivo dello sportello?
«È quello di trasmettere un clima di fiducia e familiarità che possa attrarre le utenze in maniera spontanea e serena, evitando lo stigma del colloquio psicologico. Per questi motivi, abbiamo pensato di creare delle locandine che riproducono delle chat tra amiche e che suggeriscono situazioni di controllo e abuso tra fidanzati».
In questo modo, voi suggerite la natura dello sportello senza nominare la violenza.
«Sí, e inoltre abbiamo pensato fosse utile creare anche una mail attraverso la quale le ragazze possono contattarci in maniera anonima. Le ragazze della Locride hanno bisogno di acquisire gli strumenti per decostruire i modelli disfunzionali che gli vengono forniti, così che possano sviluppare in maniera autonoma il loro percorso di crescita e scoprire le loro vocazioni».
Da quello che emerge il vostro obiettivo non è dire ciò che devono fare per essere libere
«Esattamente, infatti noi mostriamo che ci sono alternative. Uno dei momenti cruciali dei nostri interventi laboratoriali e del nostro ascolto presso lo sportello è quando riusciamo a dare un nome a tutte le forme di violenza di genere, da quelle più esplicite a quello più implicite. Scoprire l’esistenza degli stereotipi di genere, della violenza psicologica, della violenza economica, del lavoro domestico non retribuito e del carico mentale che ne deriva, è un importante lavoro di prevenzione che va fatto in età scolastica».
Molto importante è creare una rete fra le diverse istituzioni e associazioni per meglio combattere la violenza di genere.
«È un altro obiettivo per noi, perché intendiamo dimostrare che la collaborazione tra scuole, associazioni, università e centri antiviolenza è l’approccio migliore se si vuole contrastare seriamente il fenomeno strutturale della violenza di genere. Dietro un laboratorio di due ore c’è una macchina organizzativa enorme, mesi di pianificazioni e formazione, e professioniste incredibili che mettono a disposizione della collettività le loro competenze».
Questo progetto è stato accolto positivamente dal territorio e dalle scuole.
«L’approccio informale che utilizziamo durante i laboratori piace molto ai ragazzi e alle ragazze. Inoltre, quando entriamo in classe o quando si avvicinano delle ragazze allo sportello, noi adottiamo il principio del “safe space”, ovvero, andiamo a creare un ambiente sicuro tramite il rispetto di alcune semplici regole come la riservatezza, l’ascolto non giudicante, l’assenza di gerarchia, il sorriso».
Margherita Momigliano, referente del Progetto Ponti in CCO-Crisi come Opportunità: «Lavoro dalla sede centrale di Roma coordinando le attività e occupandomi della relazione con le coordinatrici territoriali, i partners e i finanziatori. Il management di CCO – Crisi come Opportunità, associazione impegnata nella promozione è tutto al femminile. Siamo 5 donne e abbiamo la nostra sede alla Casa internazionale delle donne di Roma, di cui CCO è socia».
Come sono state coinvolte le operatrici? Quali sono le competenze e caratteristiche che le contraddistinguono?
«La squadra di lavoro in Calabria nasce dalla rete consolidata che CCO ha costruito, nel tempo, con realtà associative, Università, attivisti e operatori del territorio. Le operatrici coinvolte nel servizio sono Francesca Racco, psicologa del territorio con una lunga ed importante esperienza nell’ambito e nel contesto di riferimento e Juana Coluccio, educatrice dello sportello e formatrice sulle questioni di genere a Bovalino e in collaborazione e in collaborazione con Carmen Bagalà della Caritas diocesana Locri Gerace nella gestione dei casi di violenza, dell’arte e della cultura come strumento per l’educazione alla cittadinanza attiva, alla legalità e al superamento delle marginalità».
Lo sportello rientra in un percorso più ampio di educazione e formazione alla legalità, alla questione di genere che tenete nelle classi.
Vediamo quali sono le attività previste e i risultati ottenuti.
«Il Progetto Ponti nasce nel 2022 in continuità con il lavoro decennale di CCO nelle scuole sui temi della legalità e della cittadinanza attiva e grazie al sostegno di fondazione con il Sud e Intesa San Paolo. Il progetto mette in campo un’azione integrata che agisce su vari livelli sui temi dell’educazione alle legalità e alle questioni di genere nei territori della Locride, della piana di gioia tauro, Crotone e Catanzaro».
Il percorso formativo sulle questioni di genere e contrasto alla violenza, è realizzato in collaborazione con l’Associazione Scosse e Centro studi Women’s Studies dell’Unical
«Esattamente. E prevede una formazione insegnanti degli istituti scolastici coinvolti e la formazione di una squadra di formatrici e formatori locali che si recano in classe per svolgere percorsi laboratoriali con studenti del liceo. Si tratta quindi di un’azione di lungo respiro che mira a rafforzare le risorse esistenti sul territorio per creare un valore che rimanga al territorio. Ad oggi il progetto ha coinvolto oltre 600 studenti che hanno partecipato ai laboratori sulla legalità e cittadinanza attiva in Calabria e 30 professionisti tra docenti e formatori che hanno partecipato alla formazione sulle questioni di genere».