A Dentro la Notizia Giuseppe Passarino svela come la dieta tradizionale calabrese garantisse benessere e vita lunga. Ora però la regione ha perso il primato: troppe calorie e poca parsimonia a tavola
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Alimentazione, nutrizione, longevità, segreti per vivere più a lungo mantenendosi in buona salute. Di questo si è discusso nella puntata di oggi nel corso dell’approfondimento Dentro la notizia andato in onda oggi alle 13 su LaC TV (qui per rivedere la puntata), condotto da Pier Paolo Cambareri. Ospite, il prof. Giuseppe Passarino, docente Unical, presidente dell’Associazione italiana genetisti e tra gli autori di uno studio sul rapporto tra cibo e longevità che si sta conducendo da due anni a Varapodio, in provincia di Reggio Calabria.
«Abbiamo scelto la Calabria e Varapodio perché la popolazione si nutriva con gli alimenti più importanti per vivere a lungo. Nello studiare questi temi è emerso che la Calabria era un caso unico finché ha resistito la dieta tradizionale, perché era il luogo in cui vi erano aspettative di vita maggiori. I calabresi, soprattutto i maschi, fino al 2001 vivevano più a lungo che nelle altre regioni d’Italia. Adesso è il contrario».
Si viveva più a lungo, quindi, con una dieta con periodi di digiuno, povera di proteine animali e ricca di carboidrati complessi, più i grassi “buoni” come l’olio d’oliva.
Per evidenziare questi aspetti clinici «abbiamo avviato a Varapodio – spiega il prof. Passarino – uno studio che sta andando avanti da due anni per capire quali sono gli aspetti fisiologici della dieta».
«L’età cronologica – specifica lo scienziato – è riportata sulle nostre carte d’identità, quella biologica è riferita alla velocità con cui invecchiano le nostre cellule. E quando si invecchia alcuni marcatori evidenziano con quale velocità avviene questo processo che va incontro ad un declino cardiocircolatorio o cognitivo. La senescenza dipende in parte da aspetti genetici, in parte dai nostri comportamenti. E andando a studiare i geni che sono coinvolti nelle risposte alla nutrizione possiamo utilizzare la nostra conoscenza per rallentare l’invecchiamento».
Il docente Unical riferisce anche come chi si sia sottoposto alla dieta, a Varapodio, stia meglio di prima.
Da un paio di decenni, però, si mangia peggio in Calabria e molto spesso società e cultura influenzano le nostre diete.
«Adesso si mangia peggio di quanto facevamo in passato, secondo la dieta tradizionale calabrese, estremamente povera di proteine e grassi animali ed in cui erano preponderanti i carboidrati complessi. Quella dieta ce la siamo dimenticata col tempo. E così le mamme danno da mangiare ai loro bambini troppa pasta, troppo pane, troppi dolci. Invece la caratteristica della dieta calabrese/mediterranea è la parsimonia, imparare a controllarsi a tavola. Aspetti della nostra dieta che abbiamo dimenticato».
Il prof. Passarino utilizza qualche parallelismo con altre regioni per far passare il messaggio. «Negli anni ’50-’60 mangiavamo un decimo di carne consumata in Lombardia, negli anni ’80 abbiamo pareggiato anche il livello di calorie complessive incamerate. Tutto questo ha avuto qualche risvolto positivo, come la crescita in altezza, ma anche molti aspetti negativi, come l’obesità, l’aumento dei tumori e delle malattie cardiovascolari».
Se, quindi, l’aspettativa di vita in Calabria era maggiore, adesso è minore. Passarino, peraltro, non demonizza carne e mozzarella, ma invita solo a «non abusarne» ed a sostituirla col pesce. L’ideale, insomma, sarebbe una dieta vegana con l’introduzione del pesce, quindi di grassi buoni come gli Omega 3 e 6, ma senza «eccedere negli aspetti del veganesimo».
«Negli anni ’70-’80 – ricorda lo studioso spostandosi su temi socio-culturali a fine trasmissione – la “fettina” di carne era uno status symbol, mentre adesso carne e dolci si demonizzano. C’è anche una correlazione netta tra ricchezza e assenza di diabete e povertà e obesità. Chi è ricco, oltre ad avere un migliore accesso alle cure, ha maggiore cura del proprio corpo, chi è povero eccede nel cibo e nel cibo spazzatura».