Lo studio dell’Osservatorio nazionale amianto coordinato dal dottor Pasquale Montilla svela il legame tra il disastro ambientale dell’ex Pertusola e l’aumento dei casi di cancro. «Serve una prevenzione molecolare per salvare vite e territori»
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«A Crotone abbiamo trovato biomarcatori mutageni e cancerogeni con valori di riferimento almeno trecento volte superiori ai limiti considerati normali. Questo significa che nei pazienti affetti da patologia oncologica in diversi tessuti e nei pazienti in trattamento oncologico tra primo, secondo e terzo stadio noi abbiamo rilevato la presenza di metalli tossici, di agenti chimici tossici, di produzione industriale che sono ancorati nei tessuti tumorali». È il dato, allarmante, illustrato dall’oncologo Pasquale Montilla, consulente scientifico dell’Osservatorio nazionale amianto (Ona), durante il convegno Fair Play della Salute ospitato al ministero della Salute nei giorni scorsi. I risultati presentati da Montilla riguardano un’ampia campagna di analisi tossicologiche e molecolari condotte su pazienti oncologici residenti nell’area di Crotone, un territorio segnato da decenni di inquinamento industriale e mai completamente bonificato.
Il peso dell’eredità industriale
L’indagine, ha spiegato Montilla, nasce all’interno di un progetto dell’Ona volto a studiare le correlazioni tra patologie oncologiche e contaminazione ambientale nelle cosiddette “aree di interesse nazionale” (Sin), tra cui rientra il sito dell’ex Pertusola. «Si tratta di un sito industriale di origine non nucleare, ma contaminato da radiazioni ionizzanti e da residui fosforici di produzione metallifera», ha chiarito l’oncologo. Per l’Onu, ha ricordato, l’area di Crotone rappresenta una vera e propria “cancer mission”, un punto focale per lo studio dell’impatto dell’inquinamento industriale sulla salute umana.
Nonostante la gravità delle evidenze, ha denunciato Montilla, i dati epidemiologici relativi all’incidenza tumorale nella popolazione crotonese non sono stati accolti nei database internazionali dell’Organizzazione mondiale della sanità. «L’Oms li ha respinti – ha detto – e questa criticità limita la comprensione complessiva del rischio sanitario, ostacolando l’elaborazione di politiche pubbliche adeguate».
Scarti tossici in edifici e infrastrutture
Le indagini condotte dall’Ona rievocano il dramma dei veleni nella città pitagorica: nel territorio crotonese non sarebbero mai stati applicati i protocolli di controllo sui materiali di scarto industriale previsti dal programma Eurotom. «In violazione delle disposizioni, i residui fosfatici e i rifiuti industriali sarebbero stati interrati o addirittura impiegati nella costruzione di edifici pubblici, strade e piazzali», ha affermato Montilla, citando casi come il pronto soccorso dell’ospedale di San Giorgio e la questura.
 Un quadro che, secondo il medico, «ha determinato un impatto drammatico in termini di mortalità oncologica e di compromissione dell’ambiente urbano».
Le analisi sui pazienti oncologici
Per quantificare l’entità del danno, l’Ona ha promosso un programma di screening tossicologico e molecolare in collaborazione con esperti internazionali e con il supporto delle linee guida dell’Oms e della conferenza americana degli igienisti. «Abbiamo utilizzato tecniche – ha spiegato Montilla – che hanno evidenziato la presenza nei tessuti tumorali di metalli tossici e agenti chimici di origine industriale. Si tratta di sostanze mutagene e cancerogene, con valori anche di 300 volte superiori ai limiti di riferimento».
Le analisi, effettuate su pazienti con tumori a diversi stadi, hanno mostrato una costante presenza di elementi ad alta reattività elettronica, capaci di alterare il genoma umano e di favorire processi di carcinogenesi. «Sono dati drammatici – ha sottolineato l’oncologo – che evidenziano un nesso diretto tra esposizione ambientale e sviluppo di patologie tumorali».
Dalla prova scientifica alla prevenzione molecolare
Montilla ha rimarcato come i risultati ottenuti rappresentino elementi probatori di rilievo, utili non solo per la ricostruzione giuridica dei danni subiti ma anche per la programmazione sanitaria. «Questi studi – ha aggiunto – permettono di riconoscere il nesso di causalità e di elaborare una prevenzione molecolare primaria, capace di anticipare la comparsa della malattia».
L’oncologo ha citato, a titolo di esempio, il caso di un ex lavoratore della Pertusola seguito in collaborazione con l’ospedale San Raffaele di Milano. «Dopo sette recidive e una prognosi sfavorevole, abbiamo eseguito anche una valutazione tossicologica per esposizione a metalli pesanti. Avviata la terapia di detossificazione, il paziente è andato in risposta completa, e oggi è libero da recidiva».
La nuova frontiera dell’epidemiologia integrata
Il lavoro dell’Ona e del gruppo coordinato da Montilla si inserisce in una prospettiva più ampia, che unisce epidemiologia tradizionale, biologia molecolare e genetica del cancro. «Questa integrazione – ha concluso – consente di delineare una nuova forma di epidemiologia, più predittiva e più sensibile, capace di individuare i rischi prima che la patologia si manifesti».
Per Crotone e per le comunità che vivono nei territori contaminati, la speranza è che le evidenze scientifiche ora raccolte spingano verso una vera bonifica ambientale e un sistema di prevenzione clinica basata sui dati. «La prevenzione fatta in questo modo – ha ribadito Montilla – potrebbe risolvere il problema e anticipare le patologie oncologiche, restituendo finalmente salute e giustizia a un territorio che da troppo tempo paga il prezzo dell’abbandono industriale».


