Gli sguardi di diffidenza come se il cliente prima di noi in farmacia fosse un potenziale pericolo, i cambi di percorsi se nella corsia del supermercato c’è già qualcuno.

In poco meno di un mese l’Italia intera ha cambiato volto: non c’è traccia della nostra vita, non c’è traccia di quello a cui eravamo abituati, non c’è traccia di abbracci, di saluti, di strette di mano.

Ognuno vive rintanato nelle mura domestiche e chi è costretto ancora ad andare al lavoro lo fa in ambienti surreali dove non esistono più sorrisi e anche la tristezza è celata da una mascherina. Si lavora, si finisce il turno e poi via. Di corsa a casa. L’indomani è uguale al giorno prima, è lo stesso copione.

I giornali e le televisioni sono ormai un appuntamento quasi ossessivo che scandisce la vita vissuta come fosse sospesa.
Alle 18 tutti i giorni viene diramato il bollettino dei contagi, dei guariti e di chi non ce l’ha fatta. I numeri dei deceduti sono un bollettino di guerra. E se prima sapere di 10 decessi provocava un sussulto al cuore, oggi i numeri, quei 600, 700, 800 morti, sono una ferita che scava sempre più in profondità.  
È uguale per le immagini delle terapie intensive, delle sale di rianimazione, dei pronto soccorsi, dei medici con le tute bianche, i guanti, le mascherine.

Dietro il dramma di migliaia di famiglie, oppresse dal dolore della perdita di una persona cara,  dallo strazio di non esserci stati nella malattia e nell’ultimo estremo saluto. Neppure un fiore. La solitudine è l’unico sentimento che accumuna.  

Dietro anche le storie di chi tutti i giorni combatte in prima linea, medici, infermieri, operatori sanitari che con nobile senso di responsabilità lottano contro il nemico invisibile e pericolosissimo, lottano per salvare migliaia di vite. Anche a costo della propria.

Passerà. E ritorneremo alla normalità. Questi giorni, questi lunghi giorni, rimarranno inchiostro impresso nei libri di storia.

Ma anche quando tutto sarà finito e ci riapproprieremo delle nostre vite, nella nostra mente rimarranno per sempre le immagini dei mezzi dell’esercito che trasportavano le bare verso i forni crematori. Per l’Italia intera, per tutti sarà una cicatrice incancellabile. E nessuno potrà dimenticare.