L’iniziativa

Dalla Calabria in Ucraina per il “cammino di pace”, i 700 km a piedi di Don Santino per dire no alla guerra

Il sacerdote della Chiesa di San Michele Arcangelo a Donnici, dopo aver raggiunto i territori del conflitto, partirà da Leopoli incamminandosi verso il Santuario Mariano di Czestochowa in Polonia

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di Redazione
28 luglio 2022
11:48

Partire per l'Ucraina mentre infuria la guerra. «Questa idea rientra in un progetto di cammini, che faccio da tanti anni». Don Santo Borrelli lo dice come prima cosa, appena entrati nella spartana sacrestia della Chiesa di Santa Maria, a Donnici, la frazione di Cosenza famosa per la produzione vitivinicola. Ha accettato di dedicare all'AGI qualche minuto proprio il giorno prima della partenza. Ha ancora delle cose da preparare.

«E ho anche un matrimonio da celebrare, oggi» spiega. Don Santo, per tutti “don Santino”, si siede vicino al cronista e inizia a raccontare. «Ho fatto davvero tanti cammini: Santiago, la Terra Santa, Monte Athos. L'anno scorso ho fatto a piedi il percorso da qui fino a Roma, dal Papa – racconta – e quest'anno volevo trovare un luogo significativo. Prima della guerra avevo pensato ad un cammino fino ad Auschwitz, poi è scoppiato il conflitto e ho deciso di spostarmi sul territorio ucraino, partendo da Leopoli. Perché c'è bisogno di esprimere vicinanza, una parola di consolazione per queste persone che sono vittime di guerra».


È nato così questo progetto, programmato con il permesso dell'Arcivescovo di Cosenza-Bisignano, mons. Francescantonio Nolè. E lo stesso pontefice, informato del “cammino”, ha fatto giungere, a cura della segreteria di stato vaticana, la sua benedizione apostolica.

Un “cammino di pace” a piedi partendo da Leopoli, in Ucraina, per raggiungere, in Polonia, il Santuario Mariano di Czestochowa, transitando da Cracovia e più precisamente dai Santuari dedicati alla Divina Misericordia e a San Giovanni Paolo II. E anche dal luogo simbolo della sofferenza: il “campo di sterminio” di Auschwitz. Don Santino camminerà a piedi per circa 700 km.

«Forse dopo tanti mesi ci stiamo dimenticando che c'è questo conflitto drammatico – aggiunge il sacerdote – in Ucraina come in altre parti del mondo, e allora vado a camminare per incontrare la gente, per portare un segno di vicinanza da parte della Chiesa diocesana, e grazie al contributo di tante persone, mi permetto di portare anche un aiuto molto concreto».

«I miei parrocchiani partecipano: abbiamo preparato una preghiera, in italiano, in ucraino e in polacco, - dice don Santino - e tutti i giorni resteremo in comunione di preghiera, ogni giorno manderò un resoconto di quello che vivrò nel cammino. E poi San Michele è il protettore di Donnici e anche dell'Ucraina, a Kiev c'è un grande Santuario dedicato a San Michele. Continuerò a pregare camminando», aggiunge il sacerdote, che ha già visitato l'Ucraina nel 2014. «Stavolta mi accompagnerà un ragazzo che ha sposato una donna polacca, che io ho incontrato nell'ultimo cammino di Santiago – dice don Santino – e quindi non mi sentirò solo».

Don Santino da oggi sarà in Polonia. Poi, dal 31 luglio, l'inizio del “cammino” dalla Cattedrale di Leopoli, dove consegnerà per l’Arcivescovo dei Latini di Leopoli, Mons. Mieczyslaw Mokrzycki, che con una lettera ha già benedetto l’iniziativa, delle offerte, raccolte tra i suoi parrocchiani di Donnici, quale segno di solidarietà al dramma che il popolo Ucraino sta vivendo. «Abbiamo contatti con famiglie dell'Ucraina, che sosteniamo, è c'è anche la Casa della Speranza, qui a Donnici, che è pronta ad accogliere dei rifugiati», precisa il sacerdote. Il suo “cammino” finirà il 22 agosto, festa di Maria Regina dell'Universo, con la consacrazione alla Madonna nel Santuario di Czestochowa, rientrando a Donnici il giorno successivo.

Ma don Santino non ha neanche un po' di paura di andare in territori di guerra? La risposta: «La paura c'è sempre, anzi questo è il modo per trovare una soluzione alla paura. E andare in quei luoghi vuol dire aiutare chi è lì, nella paura. Al sacerdote che mi ospiterà, padre Mariusz, ho chiesto se è pericoloso. Mi ha risposto: «noi ci viviamo. E allora perché non condividere anche la paura?».

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