Napoli è piena di misteri. Alcuni odorano di zolfo, altri di leggenda. Ma ce n’è uno, nascosto tra le navate gotiche del complesso di Santa Maria la Nova, che sembra uscito dritto da un romanzo gotico: Dracula sarebbe sepolto qui. Proprio lui. L’Impalatore. Il terrore della Valacchia. Il Principe Vlad in persona.

Sì, proprio quello che ha ispirato Bram Stoker per il suo celebre romanzo del 1897. Solo che qui non parliamo di finzione. O almeno, non solo. Da oltre dieci anni, alcuni studiosi portano avanti una teoria tanto folle quanto affascinante: che Vlad III non sia morto in battaglia in Romania, ma sia stato catturato dai turchi, liberato grazie alla figlia Maria Balsa e portato in gran segreto a Napoli, dove sarebbe stato tumulato nella cappella Turbolo, nel sepolcro del nobile Matteo Ferrillo.

Ora, arriva una nuova svolta. Il professor Giuseppe Reale, direttore del complesso monumentale partenopeo, lo anticipa da lontano, direttamente dalla Romania: sarebbe stata decifrata la misteriosa iscrizione scolpita sulla presunta tomba dell’Impalatore. Il messaggio, fino a oggi rimasto incomprensibile, secondo un gruppo di studiosi rivelerebbe un elogio funebre dedicato proprio a Vlad III di Valacchia. Se confermato, il colpo di scena sarebbe da manuale: il mostro, l’incubo, l’uomo-dragone dormirebbe il suo eterno riposo tra le tombe aragonesi di Napoli, lontano da castelli transilvani e pipistrelli hollywoodiani.

La storia ha inizio nel 2014, quando alcuni ricercatori italiani, con il supporto di colleghi dell’Università di Tallinn, avanzano l’ipotesi: sulla tomba ci sono simboli egizi, un drago araldico e riferimenti esoterici. Nulla di tipicamente napoletano, molto invece di “valacco”. Maria Balsa, figlia legittima (secondo alcuni, illegittima) di Vlad, sarebbe stata adottata da una famiglia nobile napoletana per fuggire alla persecuzione ottomana. Una volta al sicuro, avrebbe fatto venire il padre con sé. Alla morte del Principe, lo avrebbe seppellito lì dove la famiglia poteva: nella cappella del suocero.

Da allora, quella tomba è diventata oggetto di pellegrinaggi, studi, ipotesi, documentari e anche qualche selfie abusivo. C’è chi ci ha visto una bufala, chi un colpo di marketing dark, chi invece – come Reale e il gruppo di studiosi – continua a scavare, metaforicamente e letteralmente.

La scritta, secondo le prime indiscrezioni, risalirebbe alla metà del Cinquecento e avrebbe tutta l’aria di un epitaffio volutamente criptico. Perché? Forse per nascondere l’identità del defunto. O forse per proteggerlo. D’altronde, Vlad era tutto fuorché un personaggio neutro: nemico dei turchi, amico dei crociati, boia e martire, despota e patriota. A seconda di chi lo racconta, cambia volto. E anche posto.

Che si tratti davvero della sua tomba o di un incredibile malinteso storico lo diranno (forse) altri studi. Ma intanto Napoli si gode il brivido. Perché qui, tra miracoli e malocchi, santi e spiriti, anche avere Dracula in casa sembra perfettamente normale. Purché resti nella tomba.