L’ex vicepremier ospite al Festival dell’argomento a piacere apre il cassetto dei ricordi, dalla vittoria di Livio Berruti alle Olimpiadi di Roma alla sua personale top five dei gelati dell’epoca
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Dallo sparo che dà il la alla vittoria di Livio Berruti alle Olimpiadi di Roma del 1960, alla sua personale top five dei gelati dell’epoca. Un decennio che ha cambiato tutto con i sogni, le lotte, le prime televisioni a colori e le rivoluzioni in bianco e nero. Sono stati gli anni ’60 l’argomento a piacere scelto da Walter Veltroni, ospite a Roccella Jonica della seconda serata della kermesse diretta da Tommaso Labate. L’ex vicepremier e già sindaco di Roma, che ha abbandonato l’attività politica dedicandosi al cinema e alla scrittura, ha proposto al pubblico di Largo Colonne una riflessione personale, lucida e coinvolgente su un periodo che ha influenzato profondamente il costume del nostro paese.
«Gli anni ‘60 erano il tempo in cui tutto sembrava possibile e nulla sembrava impossibile, un tempo pieno di allegria, di energia e di gioia - ha raccontato Veltroni - Sono stati anni di grandi scoperte, gli anni dei Beatles, di Kennedy, di Papa Giovanni XXIII, di Gigi Meroni. Anni che hanno dentro di sè una grande poesia e una grande energia. Se dovessi fissare un momento di inizio di quel periodo, mi viene in mente il volo di colombe allo stadio Olimpico dopo la semifinale olimpica dei 200 metri vinta da Livio Berruti. La tv? Si faceva vedere al cinema, e trasmetteva quello che per me resta il miglior programma televisivo di sempre: “Non è mai troppo tardi” del maestro Alberto Manzi, che ha insegnato ad intere generazioni del dopoguerra a leggere e scrivere. Un film simbolo? Sicuramente “Il sorpasso” di Ettore Scola, la persona a cui nella vita ho voluto più bene dopo la mia famiglia».
Per Veltroni «quello di cui avere nostalgia è sicuramente l’atmosfera che si respirava. Restano tutte le grandi conquiste civili dal divorzio, all’aborto, al diritto di famiglia. Non esistono più barbarie come il matrimonio riparatore e i delitti di onore che imperversavano fino a quell’epoca. Della politica è rimasta la speranza di cambiamento che attraversò tutto l’Occidente. Un periodo molto bello che è stato giusto rievocare in un periodo molto brutto che stiamo vivendo a cause delle guerre in corso».
Quello aperto da Veltroni da Roccella è un cassetto pieno di ricordi, raccontati con la sincerità di chi sa osservare il tempo: «C’è un’iconografia che racconta gli anni ’60 e che a me non è mai sembrata disdicevole: gli stabilimenti balneari, i juke box, il ghiacciolo arcobaleno, le sedie a sdraio mezze rotte, i costumi ascellari, e poi quella sensazione di estate infinita. Non mi ricordo un inverno di quel tempo. Mi sembra che sia sempre stata estate. Poi però l’inverno arrivò, con l’uccisione di Robert Kennedy».
Stuzzicato da Labate, l’operazione nostalgia di Veltroni si conclude con la sua personale classifica dei gelati: «È un tema al quale ho dedicato molto tempo – ha scherzato – sicuramente al primo posto metto la coppa olimpia, ora chiamata stracciatella, che quando arrivò fu una rivoluzione. Ma non dimentico la coppa del nonno, che ancora resiste, e il mitico zatterino».
Per la sezione “Libri al festival” è stata nel pomeriggio Teresa Ciabatti a salire sul palco con “Donnaregina” (Mondadori), un libro che si muove tra autofiction, indagine giornalistica e romanzo con un boss spietato da una parte e dall’altra una scrittrice che si è sempre occupata di tutt’altro; un dialogo inaspettato tra mondi opposti, che diventa un viaggio profondo tra ricordi, confessioni, genitori e figli.