Il gioco d’azzardo patologico (GAP) è una dipendenza senza sostanze che agisce come una droga: silenziosa, subdola, devastante. In Italia, il fenomeno ha assunto da tempo proporzioni allarmanti, con milioni di persone coinvolte e migliaia che ogni anno cadono nella spirale dell’azzardo compulsivo. Sempre più spesso, tra le vittime ci sono giovani, giovanissimi e persone economicamente fragili. Il dramma personale si intreccia con le trame dell’usura e della criminalità organizzata, in particolare nel Mezzogiorno, dove il gioco d’azzardo legale e illegale ha trovato terreno fertile. In prima linea nel contrasto alla dipendenza ci sono i Servizi per le Dipendenze (SerD) delle Aziende Sanitarie Provinciali (Asp), spesso sottofinanziati e carichi di responsabilità.

Un business da oltre 140 miliardi, ma a che prezzo?

Nel 2024, secondo i dati dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, gli italiani hanno speso circa 146 miliardi di euro in giochi legali: una cifra monstre, superiore al PIL di interi Paesi. Di questi, solo una minima parte viene restituita allo Stato sotto forma di entrate fiscali (circa 11,4 miliardi). Il resto finisce nelle casse delle società concessionarie e, indirettamente, alimenta circuiti di debiti, usura e povertà.

La pandemia ha accentuato la tendenza al gioco online, rendendo ancora più difficile intercettare i soggetti a rischio. Secondo l’Istituto Superiore di Sanità, il 3% della popolazione adulta italiana presenta un comportamento problematico o patologico. Tra i giovani tra i 14 e i 19 anni, la percentuale è ancora più inquietante: oltre il 5% mostra segnali di gioco compulsivo, spesso cominciando con le scommesse sportive o le “slot online”.

Dal vizio alla malattia: il gioco come dipendenza

Il gioco patologico è classificato dall’Organizzazione mondiale della sanità come disturbo del controllo degli impulsi. Si tratta di una vera e propria malattia, con sintomi riconoscibili: perdita del controllo, isolamento, bugie sistematiche, indebitamento, compromissione delle relazioni familiari e lavorative. Il giocatore compulsivo non gioca per divertirsi, ma per rispondere a un bisogno psicologico che diventa ossessivo.

Il GAP è spesso associato ad altri disturbi psichiatrici, come ansia, depressione, abuso di sostanze, e colpisce in modo trasversale tutte le fasce sociali. Ma sono le persone più vulnerabili — disoccupati, anziani, lavoratori precari — a pagare il prezzo più alto. E sempre più spesso, anche ragazzini con carte prepagate e accesso libero al web si trasformano in giocatori compulsivi davanti a uno schermo.

Quando i debiti portano all’usura

Il passaggio dal gioco al debito è rapido e spesso irreversibile. Si comincia con piccole somme, poi si brucia uno stipendio, un prestito, i risparmi. Quando le banche chiudono le porte, si rivolgono agli usurai.

Secondo la Relazione annuale della Direzione Investigativa Antimafia, le organizzazioni criminali sfruttano il gioco legale e illegale come strumento di riciclaggio e controllo sociale. Offrono “prestiti” ai giocatori disperati, che poi finiscono in un circuito di minacce, violenza, estorsioni.
Il sud Italia è particolarmente esposto: Campania, Calabria, Sicilia e Puglia sono le regioni con la più alta incidenza di gioco patologico in relazione al reddito medio, e al tempo stesso quelle più permeabili alla criminalità organizzata.

Il ruolo cruciale (e sottovalutato) dei SerD delle Asp

I Servizi per le Dipendenze (SerD) delle Asp sono spesso l’unico presidio sanitario pubblico che offre ascolto, diagnosi e terapia per il GAP. In molte realtà del Sud, però, questi servizi sono sottodimensionati, con pochi psicologi, nessun educatore e attese lunghissime per iniziare un percorso terapeutico. Nonostante questo, i SerD sono riusciti in questi anni a costruire reti locali con le scuole, i comuni e le associazioni del terzo settore.
Il Responsabile di un SerD calabrese: «Riceviamo ogni giorno richieste d’aiuto da parte di famiglie disperate. Padri di famiglia che hanno perso tutto, ragazzi che non escono più di casa. Ma con il personale ridotto all’osso, possiamo seguire solo una minima parte dei casi».

Alcune Regioni, come l’Emilia-Romagna e la Toscana, hanno sviluppato piani regionali anti-GAP con fondi dedicati, sportelli di ascolto e campagne nelle scuole. Il Sud, invece, paga un ritardo strutturale. Eppure è proprio qui che l’intervento pubblico sarebbe più urgente. Crotone è tra le province più colpite da questa dipendenza. Ma ancora poco si fa in tutta Italia a sostegno dei SerD.

Per affrontare il GAP servono politiche integrate, su più livelli. In primo luogo servono leggi più restrittive su orari, distanze dai luoghi sensibili e pubblicità del gioco d’azzardo. Alcuni comuni italiani hanno adottato ordinanze limitative, ma spesso vengono impugnate dai concessionari o annullate dai tribunali amministrativi.

Poi è fondamentale investire in prevenzione ed educazione, a partire dalle scuole, con percorsi di alfabetizzazione finanziaria ed emotiva. Infine, serve un potenziamento strutturale dei SerD, con più fondi, personale e formazione specifica sul gioco d’azzardo.

Il gioco d’azzardo patologico è una malattia dell’anima e della società. È l’altra faccia della solitudine, della precarietà, della mancanza di senso. Per molti è una via di fuga, per altri un’abitudine distruttiva. Ma è anche un gigantesco affare, in cui lo Stato è spesso complice silenzioso.

Per uscire da questa trappola, serve una svolta culturale, politica e sanitaria. Solo riconoscendo il gioco d’azzardo patologico come emergenza sociale, e non solo come vizio individuale, potremo davvero proteggere i più fragili. E ridare speranza a chi, giocando, ha perso tutto.