La promessa di un nuovo millennio pacifico, giusto e prospero è stata tradita. E l’unica certezza è che la realtà che ci attende sarà molto diversa da quella che avevamo immaginato
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Di fronte a guerre, crisi, pandemie e instabilità economica, il primo quarto del XXI secolo si presenta come un tempo di incertezze, mutamenti radicali e ferite ancora aperte. L’umanità è entrata nel nuovo millennio non con speranza, ma con paura.
Un inizio sconvolgente: 11 settembre 2001
Il nuovo secolo ha avuto il vero inizio l’11 settembre 2001, quando il mondo intero assistette in diretta televisiva all’attacco alle Torri Gemelle di New York. Un attentato che non solo provocò quasi 3.000 morti, ma cambiò profondamente la geopolitica globale. Gli Stati Uniti risposero con la guerra in Afghanistan e, poco dopo, con l’invasione dell’Iraq nel 2003. Il terrorismo islamico divenne il nuovo nemico globale, alimentando paure, restrizioni delle libertà civili e un clima permanente di emergenza.
2008: la crisi finanziaria che ha sconvolto l’Occidente
Sette anni dopo, fu la finanza globale a tremare. Il crollo della banca d’affari Lehman Brothers nel settembre 2008 segnò l’inizio di una crisi economica mondiale. I mutui subprime, la speculazione sregolata, la deregolamentazione bancaria avevano creato una bolla insostenibile. Ne seguirono fallimenti a catena, salvataggi pubblici, recessioni diffuse. L’impatto sociale fu devastante: milioni di persone persero lavoro e casa, le disuguaglianze esplosero, e la fiducia nelle istituzioni economiche crollò.
2010: il contagio del debito sovrano in Europa
Appena superata la crisi finanziaria, l’Europa fu travolta da quella del debito sovrano. La Grecia fu la miccia che accese il panico: deficit insostenibili, conti pubblici truccati, disoccupazione in crescita. Seguirono Irlanda, Portogallo, Spagna e anche l’Italia, messa sotto osservazione dai mercati e dalle agenzie di rating. La Bce intervenne, nacquero meccanismi di salvataggio europeo, ma il prezzo fu l’austerità. Si tagliarono pensioni, salari, servizi pubblici. La politica ne uscì delegittimata, e in molti paesi si aprì la strada a movimenti populisti e antisistema.
2020: la pandemia e il mondo chiuso
Poi, nel 2020, il mondo si fermò. Il Covid-19, un virus emerso in Cina, divenne in pochi mesi una pandemia globale. Lockdown, mascherine, vaccini, ospedali al collasso, milioni di morti: il pianeta conobbe una nuova fragilità. Le economie si contrassero, le scuole chiusero, i viaggi si fermarono. Nacquero nuove disuguaglianze tra chi poteva lavorare da casa e chi no, tra paesi ricchi e poveri nella distribuzione dei vaccini. La pandemia fu anche un acceleratore di transizioni: quella digitale, quella ecologica, quella geopolitica.
Guerre senza fine: Ucraina, Gaza, Iran
Non bastava. Dal 2022 il ritorno della guerra in Europa, con l’invasione russa dell’Ucraina, ha riportato alla mente immagini da Novecento. Missili, carri armati, città distrutte. Una guerra convenzionale nel cuore del continente che ha spezzato equilibri, costretto a nuove alleanze, messo in crisi il sistema energetico europeo e riattivato la Nato.
Nel 2023-2024, la drammatica crisi tra Israele e Hamas ha riportato il Medio Oriente al centro del caos. Migliaia di morti a Gaza, tensioni globali, accuse incrociate di crimini di guerra. Lo scontro si è poi ampliato a una dimensione regionale, con attacchi reciproci tra Israele e Iran. La regione è diventata un campo minato di diplomazia fallita, milizie armate e interventi militari.
A oggi, secondo il Conflict Data Program dell’Università di Uppsala, nel 2025 sono attive oltre 40 guerre nel mondo: in Africa, in Asia, in America Latina. Un’umanità sempre più divisa e militarizzata.
Instabilità economica permanente
A fare da sottofondo, un’economia globale instabile. Dopo le crisi e la pandemia, il rimbalzo economico è stato diseguale. L’inflazione ha rialzato la testa, complici guerre, scarsità di materie prime, interruzioni delle filiere globali. Le banche centrali hanno reagito con politiche monetarie aggressive, innalzando i tassi di interesse. I debiti pubblici, già enormi, sono cresciuti ancora. Le nuove generazioni faticano ad accedere al lavoro stabile, alla casa, alla sicurezza sociale. I giganti digitali dominano interi settori, ma aumentano la precarietà.
Un secolo senza bussola
A un quarto della sua corsa, il XXI secolo appare come un’epoca senza direzione chiara. La democrazia arretra in molti paesi, i regimi autoritari si rafforzano, il multilateralismo è in crisi. Il cambiamento climatico è ormai un’emergenza visibile, ma la risposta globale è frammentaria. La fiducia tra cittadini e istituzioni è ai minimi storici. Il progresso tecnologico corre — intelligenza artificiale, biotecnologie, energia verde — ma il contesto politico e sociale sembra incapace di governarne gli effetti.
Venticinque anni sono abbastanza per vedere un disegno, ma troppo pochi per un giudizio definitivo. Quello che si può dire è che la promessa di un nuovo millennio pacifico, giusto e prospero è stata tradita. Non è stata una sola crisi, ma una crisi permanente, un accumulo di shock. Resta da capire se questo tempo assurdo sarà solo l’inizio di una lunga deriva o se, al contrario, da queste ferite nascerà una nuova consapevolezza collettiva.
Per ora, siamo ancora immersi in un’inquietudine che si aggrava sempre più. E l’unica certezza è che il mondo che ci attende sarà molto diverso da quello che avevamo immaginato per il primo secolo del terzo millennio.