Il crollo del Sud, la paura e la speranza di Giovanni. La Calabria vista da un giovane emigrato a Milano

Sono tanti i ragazzi che si sono trasferiti al Nord e che, tra nostalgia ed incertezze, sognano di tornare a casa. Ma una domanda disturba il sonno di tutti: «Se non c'è lavoro come facciamo?»

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di Franco Laratta
12 dicembre 2021
13:57

L’appuntamento è in un bar di Milano, dove mi trovo per alcuni impegni.
Mi vedo con un giovane amico calabrese che da qualche anno si è trasferito in Lombardia, come migliaia di altri ragazzi. Ha trovato un bel lavoro, ha una buona laurea, ha conosciuto una bella ragazza. E da Milano guarda con molta tristezza il declino del Sud, lo svuotamento delle aree interne della Calabria, la grande emigrazione dei giovani e meno giovani verso il Nord.

Un disastro annunciato da anni, vissuto con sempre fredda indifferenza dalle istituzioni regionali e nazionali. Incapaci di trovare una soluzione. Andrebbe chiamata in causa l’Europa, perché qui sta morendo una grande storia, una cultura millenaria, un popolo. Sta morendo il Sud. Con la Calabria messa peggio di tutte le altre regioni, a un passo dal tracollo.


Con Giovanni prendiamo un caffè, per chiacchierare un po’, come succedeva spesso quando frequentava l’Università della Calabria. Non lo vedo ormai da circa un anno (complice la pandemia) e mi dice di essersi bene inserito, contento del lavoro e della realtà in cui vive. Il ragionamento prende subito una certa piega: l’Italia che invecchia, il Sud con il record negativo di nascite, il drammatico spopolamento della Calabria.

Riporto abbastanza fedelmente la chiacchierata, grazie alla mia buona memoria di cronista di periferia.

Giovanni: “Un Paese, l'Italia, con sempre meno figli ma con più cani. La spesa di cibo per cani e gatti ha superato quella dei bambini. A Brescia è addirittura nata una pasticceria che fa dolci solo per i nostri amici a quattro zampe!
Molte coppie decidono di non avere figli, sostituiti da animali domestici. Un po’ come se fossero i loro figli”.

Franco: Perché accade tutto questo? Te lo sei chiesto?

G.: “Crisi economica e incertezza per il futuro, sono le motivazioni che spingono molte coppie a non procreare. Ma allora perché prendere un cane? Che senso ha l’animale domestico? Forse quell'animale deve riempire un vuoto. E allora non si tratta solo una motivazione economica, bensì culturale?”

F.: Credo che il problema sia la paura, l’incertezza per il futuro, la vita familiare sempre più in crisi.

G.: “No, secondo me la motivazione è molto più profonda. Penso che le persone abbiano paura di impegnarsi in una relazione stabile, perché amare significa rischiare, mettersi in gioco, sapendo che ci si può far male. Le relazioni di oggi sono condizionate dall’instabilità, dalle pulsioni. Quando queste cessano si passa oltre”.

F.: Quindi vuoi dirmi che ormai la coppia non riesce più a stare insieme se non per pochi anni. Che è tutto provvisorio, instabile…

G: “In nessuno caso, o meglio in pochi casi, ci si batte veramente per far funzionare un rapporto, tanto c'è subito il "sostituto". Viviamo di superficialità e quindi nessuno più si innamora profondamente, per sempre. Nessuno cerca il vero amore, il grande amore, l’amore per sempre. Quindi nessuno più si sposa, la grande maggioranza convive. E non fa figli. Al massimo uno, se succede. Invece con un cane è diverso, ti dà amore incondizionato, un cane sarà sempre lì per te, non passa ad un altro "padrone" perché è più bello o più ricco, ma avrà occhi solo per te. Ecco perché si preferisce il cane al posto del figlio e della famiglia”.

F.: Il ragionamento è delicato.Tu sei entrato nel cuore vero del problema. Ma dimmi la verità. Tu quanti figli vorresti avere con la tua futura moglie?

G.: “Due. Anche tre.”

F.: Sarebbe un grande risultato, visto che ormai la media è di 1,29 figli per coppia. Ma oggettivamente con tre figli a coppia daremmo un futuro all’Italia. La cambieremmo. Ormai siamo diventati il paese più vecchio del mondo, con il Giappone.

G.: “Che tristezza!”

F.: Al Sud molti paesi delle aree interne sono di fatto villaggi fantasmi. Un dramma che sembra non interessare nessuno.

G.: “Le aree interne non esistono più, Franco. Solo il Nord cresce e garantisce servizi efficienti. Da Napoli in giù è un dramma sotto tutti i punti di vista.”

F.: Quello che mi dà molto fastidio è che l’argomento sembra non interessare a nessuno. La regione da 20 anni fa finta di nulla, le classi dirigenti sono del tutto inadeguate, i governi nazionali non sanno che fare. Ma così andiamo al disastro.

G: “Il tutto a vantaggio del Nord che reperisce manodopera (per fabbriche, uffici, poste, scuole, sanità, ristorazione, ecc) prosciugando di risorse umane e di ricchezza il sud. La Calabria va bene solo per le vacanze estive. Per le villeggiature. E basta”.

F.: Che disastro amico mio. Ma tu tornerai mai in Calabria?

G.: “È una domanda che mi pongo. Ma alla quale non ho dato ancora risposta. Non ce l’ho.”

F.: Eppure ti conosco da sempre come un innamorato della Calabria.

G.: “Hai capito che situazione? La mia ragazza vuole scendere. Abbiamo le case giù. Alla fine credo che scenderemo. Ma ovviamente il primo problema sarà il lavoro giú.”

F.: Allora non ti interessa più tutta quella storia dell’aria pulita, della gente accogliente, del Sud dove ‘si vive bene e anche con poco’.

G.: “Quello sì, assolutamente. Infatti ho detto che sono indeciso. Ma prima di tutto il lavoro, se no come facciamo a scendere?

Alla fine abbiamo parlato per oltre un’ora, consumato più di un caffè, in un bel bar elegante, nel cuore di Milano. Nel frattempo abbiamo visto passare altri ragazzi. Alcuni cosentini che ci hanno riconosciuti e si sono fermati. Qualcuno ha ascoltato la conversazione e annuito, altri sono anche intervenuti per confermare che tutti vorrebbero tornare al Sud, in Calabria, perché hanno lasciato affetti, le case, le famiglie. Ma tutti ribadiscono la stessa cosa: come facciamo a tornare se non c’è lavoro?

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