Sanita’ Calabria

Il sindacato dei medici risponde a Occhiuto: «Reclutando i cubani si fa il gioco dei privati»

Guido Quici, presidente della Federazione Cimo-Fesmed, replica alle accuse del governatore che ha puntato il dito contro le cooperative sanitarie. «Noi sempre contro. La soluzione è gratificare chi sceglie di lavorare negli ospedali calabresi»

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di Redazione
30 agosto 2022
16:48
Nel riquadro il presidente di Cimo-Fesmed Guido Quici
Nel riquadro il presidente di Cimo-Fesmed Guido Quici

Il sindacato dei medici Cimo-Fesmed, che ha recentemente promosso ricorso al Tar contro l’accordo per il reclutamento di medici cubani in Calabria, replica alle dichiarazioni del presidente Roberto Occhiuto in Consiglio regionale. In particolare, il governatore si è scagliato contro le cooperative di medici, che fornirebbero personale agli ospedali con un notevole aggravio di costi per le aziende sanitarie, mentre i concorsi continuano ad andare deserti. Da qui l’accusa di Occhiuto verso le rappresentanze professionali dei medici, che a suo dire avellerebbero questo andazzo per meri fini speculativi. Un’accusa rigettata dal sindacato.

«Ci siamo sempre schierati contro il ricorso a società private – italiane o straniere che siano - per la fornitura di medici negli ospedali pubblici - dichiara in una nota Guido Quici, presidente della Federazione Cimo-Fesmed -. E ha ragione il Presidente Roberto Occhiuto quando, nell’informativa odierna al Consiglio regionale sull’accordo sui medici cubani, ha detto che le cooperative si stanno approfittando della drammatica carenza di personale sanitario, drenando risorse altrimenti destinate alla salute della popolazione. Poi però chiede aiuto proprio ad una società di servizi per trovare medici cubani, che costano molto di meno, da impiegare negli ospedali calabresi».


Insomma, secondo il sindacato dei medici Occhiuto predicherebbe bene e razzolerebbe male, rischiando di aggravare la situazione.
«Un’operazione, quella dei medici cubani, che secondo Occhiuto farà da apripista per altre Regioni – aggiunge Quici -: quando si renderanno conto che i medici stranieri costano di meno degli italiani, le Regioni perennemente in difficoltà economiche andranno alla ricerca del miglior offerente, in barba a problemi linguistici, formativi, ordinistici e assicurativi. Perché l’importante sarà avere un medico alla guardia del posto letto, non un professionista che va incontro alle esigenze di salute del paziente. Noi, come sindacati dei medici, non possiamo rimanere indifferenti a certe affermazioni. E non abbiamo alcun “interesse straordinario” da difendere, se non quello della tutela della salute della popolazione, che si pone senza dubbio al di sopra di qualsiasi ragionamento economico».

Secondo il rappresentante sindacale dei camici bianchi, la soluzione è nel rendere attrattivi «gli ospedali italiani, e calabresi in particolare». «Se i medici dipendenti decidono di lasciare il pubblico per andare nel privato - prosegue Quici -. è perché la qualità di vita di chi lavora negli ospedali pubblici è inesistente. Se ogni anno mille giovani medici decidono di trasferirsi all’estero è perché altri Paesi offrono loro condizioni di lavoro e prospettive di carriera che in Italia si sognano. Se i medici albanesi, come ammesso dallo stesso Presidente Occhiuto, preferiscono andare a lavorare in Germania e non in Calabria è perché in Germania guadagnano cifre che l’Italia non è in grado di offrire loro. Se nessuno vuole lavorare nei Pronto soccorso è perché le aggressioni e le denunce sono all’ordine del giorno. Se i piccoli ospedali hanno difficoltà a trovare personale è perché non offrono le stesse tecnologie, la stessa formazione, le stesse strutture degli hub e soprattutto non garantiscono la sicurezza delle cure».

E ancora: «Per convincere i giovani medici a lavorare nel Servizio sanitario nazionale e rallentare la fuga dei dipendenti verso il privato o la pensione, allora, bisogna lavorare per rendere attrattivo l’ospedale pubblico. Altrimenti si fa il gioco delle cooperative. Bisogna invertire la rotta investendo nella sanità, rinnovando e applicando i contratti collettivi, rispettando la normativa sugli orari di lavoro, offrendo concrete prospettive di carriera, rendendo più sicuri gli ospedali, adeguando gli stipendi ai livelli dei Paesi europei. Se il Servizio sanitario nazionale e la professione del medico tornano ad essere attrattivi – conclude Quici – sono certo che saranno pochi i giovani che decideranno di lasciare il proprio Paese. Torneranno a scegliere con orgoglio il Ssn, e allora si impedirà alle cooperative di lucrare sulla salute degli italiani».

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