In Italia si parla molto di inflazione, salari fermi e caro-vita. Ma dietro questi temi ricorrenti c’è un fenomeno più profondo e preoccupante: le “economie della rinuncia”. È il cuore del report CISF “Il fragile domani”, che racconta la dura realtà quotidiana delle famiglie italiane alle prese con bilanci da far quadrare, salute da tutelare e dignità da difendere.

Nel 2024 il 32,5% delle famiglie ha rinunciato a spese per il benessere personale e il tempo libero. Il 32,4% ha tagliato le spese legate alla casa, mentre il 18,5% ha rimandato o evitato cure sanitarie. Numeri che non descrivono solo difficoltà economiche, ma una pressione continua che incide sulla qualità della vita.

L’intreccio tra fragilità finanziaria e stress psicologico alimenta un circolo vizioso: il 60% degli italiani dichiara di aver sofferto di ansia o stress nel 2024. Le principali fonti di preoccupazione restano la salute (45,2%), le difficoltà economiche (34,7%) e il lavoro (32,2%). In un Paese che si definisce ancora patria della famiglia, cresce invece un senso diffuso di vulnerabilità e di insicurezza verso il futuro.

Il quadro che emerge è quello di un’Italia esausta. Le famiglie risparmiano sempre meno: solo il 41% riesce ancora a mettere da parte qualcosa, il livello più basso degli ultimi sette anni. L’umore collettivo oscilla tra pessimismo sul destino del Paese e la determinazione a proteggere il proprio nucleo familiare. Una resilienza privata che però non basta più a colmare le fragilità strutturali.

Anche la vita domestica cambia. Con l’ingresso della “casa digitale”, il 58% dei nuclei con figli utilizza quotidianamente strumenti come ChatGPT, mentre oltre la metà segnala conflitti legati all’uso del cellulare. Crescono la richiesta di supporto psicologico, la solitudine e la pressione emotiva. È un’Italia sempre più connessa, ma che si sente anche sempre più sola.

La fragilità non è più solo materiale: è culturale, sociale e generazionale. Rinunciare alle cure, al tempo per sé, a investire nel futuro significa rinunciare, lentamente, anche alla fiducia e alla capacità di progettare. La rinuncia sta diventando una struttura mentale della quotidianità.

Il messaggio per la politica è chiaro: non basta più gestire l’emergenza, serve una ricostruzione profonda. Occorre sostenere il risparmio, rafforzare i servizi sociali, rendere più accessibili i percorsi di salute mentale e restituire al Paese una narrazione di speranza e di possibilità.

Il ritratto tracciato dal CISF è duro ma realistico. Le famiglie italiane affrontano una stretta che va oltre i numeri: riguarda le scelte rinviate, le emozioni compresse, le relazioni messe alla prova. Se il domani sarà davvero “fragile”, la sfida non è solo descriverlo, ma intervenire ora per impedirne il crollo. Perché la vera economia della rinuncia non è quella dei conti: è quella del futuro che rischiamo di non poter più permetterci.