L’Italia entra ufficialmente nell’Alleanza nucleare europea. Lo ha annunciato il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, al festival “Pianeta 2030” del Corriere della Sera, precisando che l’adesione sarà formalizzata il 16 giugno, durante il Consiglio Energia a Lussemburgo. Fino ad oggi, il nostro Paese vi partecipava solo come osservatore.

Una svolta, certo. Ma una svolta che lascia aperti molti interrogativi. Serve davvero all’Italia un ritorno al nucleare? O è un abbaglio tecnologico che rischia di distogliere l’attenzione dalle vere soluzioni energetiche – rinnovabili, già disponibili e in gran parte sottoutilizzate?

Un paese baciato dal sole (e dal mare)

L’Italia è un Paese geograficamente privilegiato: oltre 7.000 chilometri di coste, abbondanza di sole, venti che spirano con regolarità soprattutto sulle dorsali appenniniche e lungo i litorali. Eppure la produzione da fonti rinnovabili è ancora lontana dal potenziale. Secondo i dati del Gestore dei Servizi Energetici (GSE), nel 2023 le rinnovabili hanno coperto circa il 35% del fabbisogno elettrico, in calo rispetto al 2020. Questo nonostante gli obiettivi europei richiedano almeno il 42,5% entro il 2030.

Allora perché scommettere sul nucleare? E soprattutto, quale nucleare?

Nucleare sicuro: promessa o illusione?

L’adesione all’Alleanza non significa immediatamente costruire nuove centrali, ma l’Italia, con questa scelta, entra a pieno titolo nel dibattito sul “nucleare di nuova generazione”, quello cosiddetto “sicuro”, a reattori modulari (SMR) o di IV generazione. Ma qui emergono i primi nodi.

Questi reattori, sebbene promettano maggiore efficienza e minori rischi, sono ancora in fase sperimentale. Nessun Paese al mondo oggi li utilizza su larga scala. Secondo il World Nuclear Industry Status Report, i tempi medi per la costruzione di un impianto nucleare vanno dai 10 ai 15 anni, ma possono facilmente raddoppiare. E nel frattempo? Le crisi climatiche ed energetiche sono già qui, oggi.

Senza dimenticare le scorie radioattive. Anche i reattori di nuova generazione le producono. E l’Italia non ha ancora un deposito nazionale per quelle già accumulate negli anni del nucleare storico.

I referendum dimenticati

Non va poi trascurata una questione democratica. L’Italia ha detto “no” al nucleare per ben due volte, con due referendum popolari: il primo nel 1987, dopo il disastro di Chernobyl, e il secondo nel 2011, dopo Fukushima. In entrambi i casi, la volontà degli italiani è stata chiara. Riprendere oggi quel cammino, senza una nuova consultazione popolare, significa ignorare una pagina importante della sovranità democratica.

C’è poi un aspetto geopolitico. L’Alleanza nucleare è sostenuta da Paesi come Francia, Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca. È una risposta, in parte ideologica, alla necessità di diversificare le fonti energetiche dopo la crisi del gas russo. Ma è anche un’alleanza che rischia di spaccare l’Europa tra fautori del nucleare e sostenitori delle rinnovabili (come Germania, Austria, Spagna). L’Italia, entrando in questo gruppo, prende una posizione ambigua, proprio nel momento in cui dovrebbe rafforzare la sua leadership nel Mediterraneo verde.

Le vere priorità: rinnovabili, accumuli, rete

Il problema non è se il nucleare sia tecnicamente possibile, ma se sia la strada più intelligente da percorrere. Le vere priorità dell’Italia sono altre: semplificare le autorizzazioni per impianti fotovoltaici, eolici, offshore e agrovoltaici; investire in accumuli energetici (batterie e idrogeno verde), per gestire l’intermittenza delle rinnovabili; modernizzare la rete elettrica, oggi obsoleta e incapace di distribuire grandi flussi di energia da Sud verso il Nord; promuovere l’efficienza energetica in edilizia e industria, riducendo i consumi anziché rincorrere nuove centrali.

Il futuro non si costruisce nel passato

Scegliere il nucleare oggi è come scegliere di costruire una nave a vapore nel secolo dell’idrogeno. È una tecnologia del passato, che chiede enormi investimenti pubblici, tempi lunghissimi e benefici incerti. Le rinnovabili sono qui, ora, funzionano, costano meno, creano più occupazione e rispettano l’ambiente.

L’Italia ha tutto per diventare leader europeo dell’energia pulita. Rischia invece di sprecare anni preziosi inseguendo un’illusione atomica. E il clima, purtroppo, non aspetta.