«Non è vero che papà costruisce case, qui ci sono le sbarre». Quella bugia detta a fin di bene per giustificare un’assenza improvvisa, altrimenti difficile da spiegare in altro modo, si sgretola in pochi istanti appena varcata lo soglia di un luogo che, neppure l’infinita fantasia dei bambini riesce a far sembrare normale.

Secondo “Bambini Senza Sbarre” - associazione fondata a Milano nel 1997, e attiva da tempo anche negli istituti penitenziari calabresi - sono 105mila i minori che “entrano” nelle carceri italiane per incontrare i genitori reclusi.

Carmen Rosato - referente in Calabria dell’associazione “Bambini Senza Sbarre" - spiega: «Sebbene sia doloroso, il nostro consiglio è quello di dire sempre la verità ai figli delle persone detenute».

Offrire sostegno psicopedagogico e tutelare i diritti dei bambini che hanno mamma o papà in carcere è la missione fondamentale dell’associazione “Bambini Senza Sbarre” alla quale l’Europa guarda come esempio da emulare. La referente regionale Carmen Rosato evidenzia: «Le statistiche certificano che l’interruzione dei legami affettivi può incrementare fenomeni di abbandono scolastico, devianza giovanile, disagio sociale, illegalità e detenzione tra i figli di genitori detenuti. Accompagnarli in questa difficile fase della loro vita significa aiutarli a diventare adulti migliori».

La Carta dei diritti dei figli di genitori detenuti - ratificata con il ministero della Giustizia e il Garante dell’infanzia il 21 marzo 2014 - ha sancito l'importanza di investire nella formazione degli agenti penitenziari incaricati di accogliere i bambini all’interno delle Case circondariali.

La referente calabrese dell’associazione “Bambini Senza Sbarre” precisa: «I minori che varcano la soglia di un carcere per un colloquio con mamma e papà ricevono lo stesso trattamento degli adulti, dal controllo dei documenti alla perquisizione personale, passando per la spoliazione degli oggetti personali che possono essersi portati dietro da casa. Pertanto, è indispensabile che queste procedure vengano compiute con il tatto e la delicatezza richiesti dalla loro giovane età».

L’associazione “Bambini Senza Sbarre” ha istituito il servizio “Telefono Giallo” che offre consulenza psicologica alle famiglie che hanno un congiunto in carcere. Figure altamente specializzate rispondono a domande su come rapportarsi con i figli piccoli e a richieste di informazioni sulle procedure carcerarie in vista di un colloquio.

La referente regionale Carmen Rosato conclude: «Non dimentichiamo che molti detenuti vengono trasferiti in istituti penitenziari che possono essere anche molto distanti dalla città di origine. Questo significa che bambini anche piccolissimi, per incontrare mamma e papà, sono costretti ad affrontare lunghi viaggi, e già questo incide negativamente sul loro benessere e la loro tranquillità».