Dalla lotta alla povertà e alla fame all’istruzione di qualità, dalla parità di genere alla lotta al cambiamento climatico e al degrado delle risorse naturali. Sono questi gli ambiti in cui si combattono le grandi sfide globali tracciate nell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile. Un impegno preso ormai dieci anni fa dai Paesi dell’Onu teso al raggiungimento dei “Sustainable Development Goals” (SDGs), gli obiettivi da realizzare entro i prossimi cinque anni.

L’Istat fotografa lo stato dell’arte attraverso il Rapporto SDGs 2025, giunto all’ottava edizione. «Un’analisi dei progressi dell’Italia e dei suoi territori – spiega il presidente dell’Istituto Francesco Maria Chielli – attraverso 320 misure statistiche connesse a 148 indicatori» tra quelli proposti dall’Inter Agency Expert Group on SDGs delle Nazioni Unite per il monitoraggio a livello globale degli avanzamenti dell’Agenda 2030.

Un lavoro che mira, attraverso i numeri, a orientare le politiche per il raggiungimento dei Goal. Goal che, allo stato attuale, non appaiono ancora a portata di mano, come si sottolinea nel Rapporto: «A distanza di dieci anni dal varo dell’Agenda 2030 e di cinque dalla scadenza temporale individuata per la sua realizzazione, i progressi verso gli SDGs, pur rilevanti in molti casi, non risultano nel complesso dei paesi avanzati e in via di sviluppo all’altezza delle aspettative».

A pesare, nell’ultimo decennio, la crisi pandemica, le tensioni geopolitiche, la spirale inflazionistica innescata dall’incremento dei prezzi dei prodotti energetici che hanno sottratto risorse rilevanti alla promozione dello sviluppo sostenibile.

Essenziali, ai fini del monitoraggio nazionale, i dati provenienti dalle singole regioni, da cui emerge una polarizzazione tra Centro-Nord e Mezzogiorno: nel Nord il 51,2% delle misure analizzate mostra valori migliori della media nazionale (48,4% per la ripartizione centrale), al Sud il 52,2% risulta invece peggiore.

«I Goal che contribuiscono maggiormente all’andamento più sfavorevole delle regioni del Mezzogiorno – si spiega nel Rapporto – sono l’8 (Lavoro e crescita economica), il 10 (Ridurre le disuguaglianze), l’1 (Povertà zero) e il 4 (Istruzione), con più del 60% di misure in posizione peggiore rispetto alla media. Nelle regioni del Nord, invece, le più ampie criticità si riscontrano per i Goal 2 (Fame zero), 14 (Vita sott’acqua)16 e 12 (Consumo e produzione responsabili), che registrano andamenti peggiori della media per almeno la metà delle misure».

La Calabria tra fragilità sociali ed economiche

Le regioni più indietro rispetto agli obiettivi sono la Campania e la Sicilia, ma pesanti criticità si segnalano anche in Basilicata e Calabria.

Un bilancio in chiaroscuro quello della nostra regione, tra diverse fragilità ma anche qualche punto di forza.

Più del 40% della popolazione è a rischio di povertà o esclusione sociale, una percentuale che pone il nostro territorio ai vertici delle diseguaglianze nazionali. Non si parla solo di povertà economica, a preoccupare è anche quella educativa, tra problemi come l’abbandono scolastico precoce e la bassa diffusione di competenze scolastiche tra i più giovani.

Secondo il Rapporto Istat, i Goal più problematici sono l’1 (Povertà), il 4 (Istruzione di qualità) e il 10 (Riduzione delle disuguaglianze). L’intensità di lavoro resta bassa, mentre i livelli di deprivazione materiale – mancanza di beni e servizi essenziali – continuano a colpire una fetta ampia della popolazione.

«Nonostante gli sforzi degli ultimi anni, la Calabria continua a scontare un ritardo strutturale rispetto al resto del Paese», si legge.

Segnali incoraggianti dal patrimonio naturale

Ma non tutto è negativo. Se sul piano sociale la Calabria arranca, sul fronte ambientale offre segnali incoraggianti. Il Rapporto sottolinea le ottime performance della regione rispetto al Goal 15 (Vita sulla Terra), grazie alla presenza di aree naturali protette, alla qualità del paesaggio rurale e alla biodiversità preservata.

Anche il Goal 14 (Vita sott’acqua) mostra dati positivi, in particolare per la qualità delle acque di balneazione. Lungo le coste calabresi, le acque cristalline non sono solo un'attrazione turistica, ma anche un indicatore di salute ambientale.

Le sfide calabresi per lo sviluppo

L’analisi Istat mostra anche qualche segnale positivo sul piano dell’evoluzione temporale. Alcuni indicatori mostrano miglioramenti rispetto agli anni precedenti, anche se la convergenza con il resto d’Italia resta lontana. La Calabria, insomma, non è ferma, ma la sua corsa è lenta e spesso ostacolata da carenze strutturali e investimenti insufficienti.

Il messaggio del rapporto è chiaro: serve una strategia integrata che punti su inclusione sociale, istruzione e sostenibilità ambientale. Investire nelle giovani generazioni, colmare il divario digitale, rafforzare il tessuto produttivo locale sono condizioni imprescindibili per cambiare davvero rotta. Sfruttando quello che rappresenta, al tempo stesso, una risorsa e una sfida: il patrimonio naturale. Saper coniugare tutela dell’ambiente e sviluppo economico potrebbe essere la chiave che apre la porta al futuro.