Il 27 giugno 1980, il cielo italiano fu teatro di uno degli eventi più tragici e controversi della storia repubblicana: la strage di Ustica, in cui il DC-9 Itavia, volo IH870, precipitò nel Mar Tirreno causando la morte di 81 persone. Parallelamente, un altro evento, altrettanto misterioso e intrecciato con la strage, avvenne sui monti della Sila, in Calabria: la caduta di un caccia MiG-23 libico in località Timpa delle Magare, nel comune di Castelsilano (all’epoca in provincia di Catanzaro, oggi Crotone). La versione ufficiale collocò l’incidente al 18 luglio 1980, ma numerosi indizi, testimonianze e incongruenze suggeriscono che il MiG sia caduto la stessa sera del DC-9, il 27 giugno, alimentando sospetti di depistaggi e insabbiamenti. A 45 anni di distanza, il caso rimane avvolto nel mistero, con nuove domande e poche risposte definitive. Questo articolo approfondisce l’ambiguità delle date, le testimonianze chiave, tra cui quella di un imprenditore fiorentino in vacanza a Sellia Marina, e verifica in qualche modo eventuali novità recenti, basandosi su dati reali e fonti attendibili.

Il contesto: la strage di Ustica e il MiG libico

La sera del 27 giugno 1980, alle 20:59, il DC-9 Itavia in volo da Bologna a Palermo scomparve dai radar sopra il Mar Tirreno, vicino all’isola di Ustica. Le indagini, guidate dal giudice Rosario Priore, esclusero il cedimento strutturale o una bomba a bordo, propendendo per un’azione militare esterna, probabilmente un missile o una collisione durante un’operazione bellica non dichiarata. Il contesto geopolitico era teso: la Libia di Gheddafi era considerata una minaccia da Stati Uniti e alleati NATO, mentre l’Italia manteneva una posizione ambigua, con rapporti economici e diplomatici con Tripoli. Si ipotizza che il DC-9 sia stato abbattuto per errore durante un tentativo di intercettare un aereo libico, forse con Gheddafi a bordo.

Contemporaneamente, un MiG-23 libico, pilotato dal capitano Ezzedin Fadah El Khalil, sarebbe precipitato sulla Sila, a circa 40 km da Sellia Marina. La versione ufficiale, sostenuta dalle autorità italiane e libiche, afferma che l’aereo cadde il 18 luglio 1980 a causa di un malore del pilota, che, con il pilota automatico inserito, avrebbe proseguito fino a esaurire il carburante. Tuttavia, questa narrazione è stata messa in discussione da testimonianze, evidenze forensi e incongruenze, che indicano la data del 27 giugno come quella effettiva dell’incidente.

L’ambiguità delle due date: 27 giugno o 18 luglio?

L’ambiguità tra le due date è il cuore del mistero. La versione ufficiale del 18 luglio si basa su: 

  • Il ritrovamento ufficiale: il relitto fu segnalato da abitanti di Castelsilano il 18 luglio 1980, e il sindaco di allora, Francesco Brisinda, informò i carabinieri di Caccuri. L’autopsia, disposta dalla Procura di Crotone e condotta dai professori Erasmo Rondanelli e Anselmo Zurlo, collocò inizialmente la morte del pilota al 18 luglio, attribuendola a lesioni traumatiche da impatto.
  • La narrazione italo-libica: la commissione congiunta affermò che il pilota, colto da malore, lasciò l’aereo in volo automatico da Bengasi fino alla Sila, dove precipitò per mancanza di carburante.

Tuttavia, numerosi elementi contraddicono questa versione, suggerendo che l’incidente avvenne il 27 giugno:

  • Lo stato di decomposizione del pilota: l’autopsia rilevò un avanzato stato di decomposizione del corpo di Ezzedin Fadah El Khalil, con vermi e tessuti in stato di liquefazione, incompatibile con una morte avvenuta solo cinque giorni prima (18-23 luglio). I periti Rondanelli e Zurlo, dopo aver consultato testi specialistici, redassero un supplemento di perizia che retrodatava la morte di 15-20 giorni, collocandola intorno al 27 giugno. Questo documento, però, non risulta tra gli atti della Procura di Crotone, ma solo in quelli del giudice Priore, alimentando sospetti di occultamento.
  • Testimonianze militari: il caporale Filippo Di Benedetto, in servizio presso la caserma Settino di Cosenza, dichiarò che il 28 giugno 1980 fu inviato con altri militari a piantonare un aereo da guerra caduto a Castelsilano. Questa versione fu confermata da commilitoni dei battaglioni “Sila”, “Persano” e “Cosenza”, che riferirono di aver effettuato servizi di sorveglianza a fine giugno, non a luglio.
  • Testimonianze civili: diversi abitanti della zona, tra cui pastori e contadini, riferirono di aver udito un boato e visto attività aerea anomala la sera del 27 giugno. Ad esempio, Addolorata Carchidi e Francesco Marano descrissero un aereo a bassa quota seguito da un’esplosione, mentre Giuseppe Piccolo vide un velivolo sfiorare una collina.
  • I fori sul relitto: il MiG presentava fori compatibili con colpi di cannoncino da 20 mm, tipici di caccia NATO come i Phantom o i Mirage. L’Aeronautica italiana giustificò questi fori come risultato di test balistici post-incidente, ma questa spiegazione è stata giudicata poco credibile.
  • Depistaggi istituzionali: il maresciallo Giulio Linguanti, del Sios Aeronautica, raccontò che il relitto fu sorvegliato per settimane prima del 18 luglio, e che il corpo del pilota era già putrefatto, con vermi lunghi cinque centimetri, al momento del ritrovamento ufficiale. Linguanti, che accompagnò anche un presunto agente CIA (Duane Clarridge) a vedere il relitto il 14 luglio, confermò che l’aereo era sulla Sila da almeno tre settimane.
  • Un’ipotesi inquietante, avanzata dal giudice Priore, suggerisce che il corpo del pilota sia stato conservato in un “frigo” per tre settimane, per far sembrare che la morte fosse recente. Le due perizie necroscopiche mostrarono una discrepanza: la prima descriveva un corpo ben conservato, la seconda, pochi giorni dopo, un cadavere in decomposizione avanzata, con organi liquefatti e insetti ovunque. Questo alimenta la teoria di un depistaggio per scollegare la caduta del MiG dalla strage di Ustica.
  • Il testimone chiave: l’imprenditore fiorentino a Sellia Marina.
  • Tra le testimonianze più significative c’è quella di un imprenditore fiorentino, in vacanza a Sellia Marina, a circa 40 km da Castelsilano. La sua dichiarazione, raccolta anni dopo e riportata da stragi80.it, offre dettagli cruciali:
  • La sera del 27 giugno: l’imprenditore, intorno alle 21:00, vide tre aerei militari sorvolare il mare a Sellia Marina. Uno di essi, identificato come un MiG-23 libico, era inseguito da due caccia, che descrisse come F-16, di colore verde mimetico e senza coccarde identificative. Negli anni successivi, dopo essersi documentato, l’imprenditore concluse che gli F-16 potevano appartenere a Israele, unica forza aerea che, nel 1980, utilizzava quel modello con quella livrea.
  • Il collegamento con Ustica: giorno successivo, 28 giugno, l’imprenditore lesse su un quotidiano della strage di Ustica. Tre settimane dopo, un articolo riportò il ritrovamento del MiG sulla Sila, datato 18 luglio. Questo lo portò a collegare ciò che aveva visto la sera del 27 giugno con la caduta del caccia libico, sospettando che i due eventi fossero legati.
  • Il contesto locale: l’imprenditore notò che a Sellia Marina, vicino al suo albergo, c’era una base americana usata dalla NATO. Si chiese se qualcuno avesse interrogato i militari di quella base, che potrebbero aver assistito all’attività aerea. Inoltre, riferì voci su militari italiani trasferiti da una base di Milazzo a Firenze dopo quella notte, suggerendo un possibile tentativo di silenziare testimoni.
  • Silenzio consigliato: l’imprenditore affermò di non aver mai parlato con magistrati o giornalisti, perché gli fu consigliato di tacere. Questo dettaglio riflette l’atmosfera di reticenza e pressione che circondava il caso.
  • La testimonianza dell’imprenditore è coerente con altre raccolte da Priore, che descrissero attività aerea anomala lungo una rotta da Ustica a Lamezia Terme fino a Castelsilano, suggerendo che il MiG fosse stato abbattuto durante un inseguimento dopo l’incidente del DC-9.

Novità a 45 anni di distanza

A 45 anni dai fatti, il caso del MiG libico rimane irrisolto, ma alcune novità emerse negli ultimi anni tengono viva l’attenzione:

In una intervista a lacnews24.it ho sottolineato il ruolo chiave della Sila nel mistero di Ustica, citando Giovanni Spadolini: “Chi avesse risolto il giallo del MiG avrebbe potuto capire la strage di Ustica”. In questa frase di Spadolini si ipotizzava che il MiG fosse coinvolto in un’operazione militare legata a un tentativo di intercettare un aereo libico di alto profilo, forse con Gheddafi a bordo.

Testimonianza di Brian Sandlin (2017): un ex marinaio della portaerei americana Saratoga, ancorata nel Golfo di Napoli, dichiarò al Corriere della Sera e alla trasmissione di Andrea Purgatori Atlantide andata in onda su La7, che la sera del 27 giugno assistette al rientro di due caccia Phantom disarmati, che avrebbero abbattuto due MiG libici, uno dei quali caduto sulla Sila. Questa testimonianza rafforza l’ipotesi di un’azione militare NATO.

Indagini ancora aperte: nel 2023, Daria Bonfietti, presidente dell’Associazione dei parenti delle vittime di Ustica, ha chiesto alla magistratura di concludere le indagini aperte nel 2008, per rendere pubbliche le risposte alle rogatorie internazionali verso Stati Uniti e Francia. Queste potrebbero chiarire i movimenti degli aerei militari quella notte.

Depistaggi e morti sospette: il caso è costellato di decessi anomali di testimoni, come il maresciallo Mario Alberto Dettori, trovato impiccato nel 1987, e il maresciallo Franco Parisi, morto nello stesso modo nel 1985, poco prima di testimoniare. Questi eventi, insieme alla scomparsa di documenti chiave, come il supplemento di perizia di Rondanelli e Zurlo, alimentano la teoria di un’operazione di insabbiamento su larga scala.

Un’ipotesi plausibile: una battaglia aerea segreta

L’istruttoria di Rosario Priore, conclusa nel 1999, dipinge uno scenario di guerra aerea non dichiarata nei cieli italiani. Secondo le ricostruzioni più accreditate:

  • Il DC-9 Itavia fu abbattuto per errore durante un’operazione militare NATO, probabilmente statunitense o francese, volta a intercettare un aereo libico. Il MiG-23, forse di scorta a un velivolo con Gheddafi, sfuggì al missile che colpì il DC-9, ma fu inseguito e abbattuto, precipitando sulla Sila.
  • I fori sul relitto e lo stato di decomposizione del pilota suggeriscono un abbattimento in combattimento il 27 giugno, seguito da un depistaggio per postdatare l’incidente al 18 luglio, probabilmente per evitare di collegarlo a Ustica.
  • La presenza di aerei militari (F-16, Phantom o Mirage) e l’assenza di registrazioni radar, come quelle distrutte del centro di Licola, indicano un’operazione segreta coperta da reticenze istituzionali.