Il dibattito sulle possibili patologie del presidente Usa infiamma la rete. Il suo staff smentisce tutto: «Colpa del caldo e delle continue strette di mano agli eventi pubblici». Ma i suoi sostenitori non sono convinti: «Sta bene o ci nascondono qualcosa?»
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C’è chi ha zoomato le caviglie. Chi ha fatto lo screenshot dei lividi sulle mani. Chi si è improvvisato angiologo da tastiera. E chi ha tirato in ballo pure il diabete. Il dibattito sulla salute di Donald Trump, 79 anni compiuti, è tornato a scaldare la rete dopo la pubblicazione di alcune immagini scattate domenica scorsa durante la finale del campionato mondiale per club in New Jersey. Un evento sportivo come tanti, se non fosse che il vero spettacolo – a quanto pare – non si giocava in campo, ma si annidava sotto il pantalone presidenziale: la caviglia destra dell’ex tycoon è sembrata gonfia in modo sospetto. E tanto è bastato.
A poche ore dalla pubblicazione degli scatti, le teorie si sono moltiplicate: problemi circolatori, insufficienza venosa, gotta, trombosi, diabete, ritenzione idrica da caldo, edema posturale. Un intero consultorio digitale mobilitato per interpretare la forma di una gamba. A nulla sono servite le rassicurazioni della Casa Bianca, che – per l’ennesima volta – ha ribadito che «il presidente gode di ottima salute, lavora senza sosta e non ha alcuna patologia preoccupante». Lo aveva detto anche dopo le foto delle mani segnate, con quei lividi misteriosi più volte immortalati durante eventi pubblici e sistematicamente coperti con il trucco.
«Non c’è nessun mistero», assicura lo staff medico. «Il gonfiore è legato al caldo e alla lunga permanenza seduto in tribuna. I segni sulle mani? Solo conseguenza di continue strette in eventi pubblici. Nessuna iniezione, nessuna flebo». Eppure il dubbio resta. Perché le immagini parlano, la rete ingigantisce, e Trump non è mai stato l’emblema della trasparenza clinica.
Basta ricordare quando nel 2016 il suo medico personale Harold Bornstein dichiarò che «Trump sarebbe il presidente più sano della storia», salvo poi ammettere che quella frase gli era stata dettata direttamente dal candidato. O quando nel 2019 lo stesso presidente fece una visita a sorpresa al Walter Reed Medical Center, scatenando illazioni su presunti mini-ictus, sempre smentiti con veemenza ma mai completamente fugati.
Ora ci risiamo. Il tempo passa, e il fisico – come il suo stile – mostra i segni. Sovrappeso, dieta sbilanciata, pochissimo esercizio fisico: è noto il suo amore per il golf, ma anche per la Coca Cola (di cui ha appena invocato il ritorno alla ricetta originale con zucchero di canna), i Big Mac, il pollo fritto e le patatine.
In passato ha vantato una genetica “perfetta”, ma le abitudini raccontano altro. Il profilo ufficiale parla di un uomo in salute, ma il confronto con Biden – più fragile nei movimenti ma più controllato nei parametri clinici – è inevitabile. La comunicazione è tutta politica. Mostrarsi energico, sempre in movimento, con la parola pronta e la battuta fulminante fa parte della strategia. Ma poi arrivano le immagini, quelle reali. E lì non si può più bluffare.
Certo, ogni persona di 79 anni ha qualche acciacco. Non sarebbe uno scandalo. Ma con Trump tutto si trasforma in giallo. Perché Trump è il grande costruttore di narrativa, l’uomo che ama mostrarsi invincibile, “il più forte”, “il più lucido”, “il più instancabile”. E per i suoi sostenitori, ogni segno di debolezza è una breccia nel mito. Per gli avversari, ogni gonfiore è una prova in più che non è adatto a guidare il Paese. In mezzo ci sono gli americani, divisi tra chi lo vorrebbe eterno e chi preferirebbe un pensionamento con vista campo da golf e meno exposure.
Nel frattempo le foto circolano, gli utenti le commentano, i meme si moltiplicano. C’è chi lo paragona a un palloncino troppo gonfio, chi ironizza sui suoi pantaloni sempre più larghi, chi chiede trasparenza sui reali referti clinici. Ma si sa, quando si tratta di Trump, la verità è sempre più complicata dell’apparenza. E il corpo del presidente, come la sua politica, è ormai diventato terreno di battaglia. Viscerale, esagerata, grottesca. Ma terribilmente americana.