VIDEO | Ospite degli studi de ilReggino.it, l’avvocato ed ex sindaco di Bova Marina Vincenzo Crupi traccia il profilo del papà nel giorno della Festa dei lavoratori: «In tanti lo ricordano come un uomo leale e capace di dialogo, questo mi riempie d’orgoglio»
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Vincenzo Crupi
Per Pasquino Crupi (scrittore e tra i maggiori esperti della cultura meridionale) il Primo Maggio non era mai una giornata qualsiasi. Era un appuntamento sentito, quasi sacro, legato a una tradizione che a Bova Marina non si è mai fermata. Neanche quando da Roma arrivavano i divieti, la gente scendeva comunque in piazza, e lui era lì, sempre. Lo ha raccontato il figlio, Vincenzo Crupi, negli studi de ilReggino.it (clicca qui per vedere l’intervista): «Indossava la camicia rossa, metteva all’occhiello un garofano e si mescolava alla folla». Ma non era solo politica: era anche festa vera. Con tappe simboliche, come quella a casa di Peppino Toscano, dove si friggevano le zeppole e si brindava con un bicchiere di vino, tutti insieme.
L'eredità morale di un intellettuale scomodo
«Mi capita spesso di incontrare persone che militavano anche nel fronte opposto al suo. Ma di mio padre parlano sempre con rispetto: lo ricordano come un uomo leale, capace di dialogo. Questo mi riempie d'orgoglio», racconta Vincenzo Crupi. L'eredità di Pasquino è viva nella memoria di chi lo ha conosciuto, ma soprattutto nei valori che ha trasmesso ai figli e alla sua terra.
La questione meridionale? Più attuale che mai
«Il lavoro è il motore del progresso, ma non può essere causa di morte», dice Vincenzo ricordando le parole del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. «Oggi si muore ancora troppo nei cantieri, nei campi, nelle fabbriche. I diritti dei lavoratori sono in calo, e nel Sud la situazione è ancora più grave. Mio padre lo diceva da decenni: la questione meridionale è una ferita aperta».
Fondazione Alvaro, silenzi vergognosi e una legge da rivedere
Nel dibattito sullo scioglimento della Fondazione Alvaro, Vincenzo Crupi non fa sconti: «La cosa più vergognosa è il silenzio della politica. Criticare una decisione prefettizia non è reato. Mio padre avrebbe parlato, lo faceva sempre, anche quando significava andare contro la sua parte politica. Difendere la Calabria veniva prima di tutto».
Il figlio di Pasquino denuncia quella che definisce una «autonomia differenziata de facto». «A Milano una causa civile dura un anno. A Reggio, quattro. Perché qui ci sono pochi magistrati e personale insufficiente. Lo stesso vale per la sanità, per i trasporti, per le infrastrutture. Non è solo questione di risorse: è una precisa scelta politica».
Pasquino e i giovani: "Studiate, ma soprattutto pensate"
«Per mio padre lo studio era lo strumento per riscattare se stessi e la propria terra. Ma non bastava imparare a memoria. Bisognava sviluppare un pensiero critico, saper leggere la realtà con occhi liberi». La sua voce resta viva tra chi ha avuto la fortuna di ascoltarla, tra chi l'ha letta, tra chi oggi ne sente la mancanza.
Verso la “Fondazione Pasquino Crupi” custodire e condividere l'eredità culturale
A Vincenzo abbiamo strappato un appello che arriva dritto al cuore delle istituzioni: «A casa abbiamo un patrimonio librario enorme. Mio padre diceva sempre che i libri non vanno custoditi, vanno trasmessi. Se ci fosse l'interesse degli enti, io sarei pronto a donare tutto, perché la cultura è di tutti, non di pochi».
Pasquino Crupi non c'è più da quasi dodici anni. Ma il suo pensiero è più vivo che mai. E in giornate come questa, il suo Primo Maggio, torna a camminare in corteo con la camicia rossa, il garofano all’occhiello e le tasche piene di idee.