Perfidia

41 bis, Davigo: «Carcere duro? Fanno scegliere anche il menu». Staiano: «Sorta di vendetta che usa lo stesso metodo mafioso»

VIDEO | La vicenda Cospito torna al centro della trasmissione di Antonella Grippo, insieme ai temi caldi della Riforma Nordio. Dibattito caldo anche con Varì, Cordova e Abbate. Ecco com'è andata la puntata (ASCOLTA L'AUDIO)

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di C. L.
18 febbraio 2023
10:34

“In prigione, in prigione” canta Edoardo Bennato mentre sullo sfondo dello studio fiammeggiante di Perfidia scorre il titolo della puntata - “Dei delitti e delle pene” (già disponibile su LaC Play) – scelto da Antonella Grippo. La giornalista di Sapri riaccende i riflettori sulla vicenda dell’anarchico Cospito, in attesa della pronuncia della Corte di Cassazione per la revoca allo stesso del regime carcerario del 41 bis, ma non rinuncia all’interno della cornice della Riforma Nordio sulla giustizia, ad introdurre anche la sentenza di assoluzione, dopo undici anni, di Silvio Berlusconi nel “Ruby ter”.


A discuterne con lei, il magistrato Piercamillo Davigo, lo scrittore Fulvio Abbate, l’avvocato penalista Salvatore Staiano, il direttore de “il Dubbio” Davide Varì, ed il direttore de “Il Dispaccio”, Claudio Cordova.

È proprio la sentenza del “Ruby Ter” ad accendere il dibattito, con l’avvocato Staiano a sostenere, senza mezzi termini, come suo costume, che chi sostiene che l’assoluzione del Cavaliere sia avvenuta per un cavillo giudiziario, è «un imbecille di prima categoria»: «La procedura penale va rispettata per un solo motivo – aggiunge - perché è la garanzia di tutti i cittadini di sperare e avere un processo giusto».

Per il giornalista Cordova nel clima da stadio che contraddistingue la giustizia italiana, la storia dei fatti va al di là delle sentenze.

41 bis, il regime carcerario che continua a dividere

«Sostanzialmente si è creata una situazione di stallo perché la politica ha tentato in tutti i modi di impedire i processi. Non c’è riuscita perché c’è una Corte costituzionale, ci sono le autorità sovranazionali, perché non erano attrezzati tecnicamente. In trent’anni non si è capito un concetto ovvio. Una cosa sono le responsabilità penali, altro è la valutazione politica dei fatti emersi. Ho sempre detto che se la politica facesse pulizia al suo interno senza aspettare le decisioni dei giudici non ci sarebbe alcuna tensione tra politica e magistratura».

Piercamillo Davigo è risoluto nell’illustrare il suo pensiero rispetto al rapporto tra politica e magistratura dai tempi di Tangentopoli ai giorni scorsi. Il magistrato racconta una serie di aneddoti ed episodi “realmente accaduti” proprio per dare un senso compiuto ai vizi dei politici italiani.

Quando si parla della vicenda Cospito e su quanto da lui dichiarato di recente rispetto allo sciopero della fame che starebbe mettendo in atto l’anarchico, chiarisce: «Ho scritto che ha una alimentazione selettiva. Mangia yogurt, miele e integratori alimentari. Chi parla di carcere duro non sa evidentemente che si può anche scegliere il menù». Oltretutto non si può cedere alla motivazione delle precarie condizioni di salute proprio perché sono volontariamente procurate: «Altrimenti tutti si metterebbero a fare lo sciopero della fame».

Il direttore del Dubbio, Davide Varì ripete come un mantra che il 41 bis è incostituzionale e «insensato» anche perché va contro l’articolo 27 della Costituzione che si fonda sul recupero del detenuto. Dopo aver rimproverato a Davigo la battuta infelice sullo sciopero della fame di Cospito, Varì si dice completamente favorevole per l’abolizione del carcere duro anche per Matteo Messina Denaro: «Lo Stato non può torturare i cittadini neanche i peggiori». Ma il compito di abolire il 41 bis deve essere della politica e non certo della Corte costituzionale che di per se «fa sentenze politiche».

Davigo obietta che la Consulta si è più volte occupata del 41 bis ma che ha sempre confermato la costituzionalità del regime: «si fa finta di dimenticarsi che il 41 bis non è il carcere duro, ma il divieto di comunicare con l’esterno per soggetti ritenuti pericolosi». E poi la pena «deve privare di un bene che è la libertà», sottolineando che ciò che non funziona in realtà è la riabilitazione nelle carceri italiane.

Per il penalista Staiano, le affermazioni di Davigo sono «scientificamente inesatte», anzi, per lui il 41 bis «è una sorta di vendetta che passa attraverso lo stesso metodo mafioso» e quindi riprovevole sotto il profilo etico oltre che non risolutivo. E quindi la partita non è definitivamente chiusa.

Da parte sua, Cordova pone il problema dell’approccio culturale alla materia a queste latitudini che divide i “manettari” tout court ai garantisti che però propugnano l’impunità. E osserva che la Corte costituzionale, a seconda dei casi, viene definita inutile o suprema.

Intercettazioni, Davigo: «Nordio dice cose non vere»

La vicenda Cospito ha raggiunto una vasta eco dopo l’uscita parlamentare di Giovanni Donzelli, Ma ora sotto inchiesta è Delmastro che avrebbe rivelato non un segreto di Stato, ma un segreto d’ufficio. Davigo spiega che verosimilmente una parte di quanto rivelato, trattandosi di detenuti, proviene da intercettazioni preventive delle quali è vietato qualunque uso e che devono essere distrutte e quindi sono segrete per definizione.        

Per Davigo quando il ministro Nordio parla di intercettazioni dice «cose non vere»: «Sostiene che in Italia che se ne facciano più che negli altri paesi, ed è una bugia clamorosa. Il problema è che l’articolo 15 della Costituzione prevede che qualunque limitazione della libertà della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione, quindi anche le intercettazioni, non può che avvenire previa autorizzazione dell’autorità giudiziaria. Siamo l’unico paese al mondo in cui la magistratura autorizza le intercettazioni dei servizi segreti. Non si può fare il conto delle intercettazioni autorizzate e confrontarle con quelle autorizzate dai giudici degli altri paesi. Perché negli altri paesi si fanno intercettazioni senza autorizzazione del giudice». Davigo poi attacca sulle accuse di «abusi» delle stesse intercettazioni. «Il ministro Orlando aveva fatto approvare una normativa che da quando è in vigore il garante della privacy ha detto: non mi costa nessuna violazione di questa normativa. Quindi di che cosa sta parlando?».

Per Varì Nordio è stretto da un governo che ha un’area che ha una forte impronta manettara e un’area più garantista. «è evidente che questa schizofrenia ricade sul ministro della giustizia, il quale, invece, è un liberale, un garantista a quaranta carati». Il direttore del Dubbio è convinto però che la vicenda che ha coinvolto Delmastro sia il vero, e rinnovato, terreno di scontro sia all’interno della maggioranza di governo, che tra la maggioranza e l’opposizione. Uno scontro che per Varì, Meloni farebbe bene a disinnescare nel più breve tempo possibile.

L’avvocato Staiano non usa mezzi termini: «Nessuno capisce niente di intercettazioni, soprattutto quando si parla di costi», afferma, sostenendo che «il problema delle intercettazioni non è che sono troppe, ce ne vogliono di più. Si spenda di più. Il problema è di forma e modalità. Chi gestisce i trojan, cos’è una perizia trascrittiva? Perché ci dobbiamo basarci sulla trascrizione della polizia giudiziaria?». Per lui i tempi sono maturi per istituire un albo dei periti trascrittori, perché «è un sapere competenziale».

Per Cordova il tema «non è tanto voler limitare l’uso delle intercettazioni, la politica ha da sempre il mal di pancia sul fatto che diventano pubbliche. Se uno fa qualcosa di deplorevole che non costituisce reato da giornalista, se sono atti non coperti da segreto istruttorio, ne do conto. Penso ad una cena cono un mafioso ad esempio. Ci sono fatti che l’opinione pubblica meritano di essere conosciuti. Anche perché in quanto personaggio pubblico sa di avere una privacy limitata».  

Davigo chiude la questione con un concetto semplice ma spesso trascurato che prende le mosse da chi denuncia la grave violazione di un segreto istruttorio invece di impegnarsi a dimostrare che l’accusa mossagli non è vera: «La tutela della reputazione è affidata alle norme sulla diffamazione non a quelle sul segreto».

Abbate: «Cospito? Linguaggio delirante, è assimilabile ai terrapiattisti»     

Dopo l’ormai consueta carrellata di pungente e irriverente satira, firmata da Enzo Filia, allo scrittore Fulvio Abbate è affidata una sorta di descrizione del profilo di Cospito. Lui non si sottrae, parlando di «mediocrità» e miscelando sapientemente riferimenti storici e attualità: «Va assimilato ai terrapiattisti, il suo linguaggio è assolutamente delirante. Cospito appartiene ad un filone dall’anarchismo individualista. La federazione anarchica informale che non va confusa con la Fai federazione anarchica italiana è un oggetto assolutamente oscuro che può essere oggetto di infiltrazioni. Male ha fatto la Fai a non esprimere una posizione di chiarezza assoluta rispetto a questo filone. Poi basta leggere le dichiarazioni di Cospito dove mostra soddisfazione per la gambizzazione, per rendersi conto che si tratti di qualcosa di assolutamente delirante oltre che un'impostazione filo terroristica, assolutamente irricevibile».

Abbate, poi, trova «assolutamente discutibile» che la Facoltà di Lettere e Filosofia sia stata occupata in nome della difesa di Cospito: «Ovvio che non meriti il 41 bis, ma fare di nuovo Cospito una sorta di Sacco e Vanzetti è assolutamente delirante per la povertà politica di un soggetto simile».

Rispetto all’attesa pronuncia della Cassazione sull’eventuale revoca allo stesso Cospito del regime carcerario del 41 bis, Abbate ritiene che si stia andando verso un ridimensionamento del suo regime carcerario. Non si tratta di cedere ad un ricatto ma nello stesso modo non si può fare in modo che questo demente diventi un martire, innanzitutto perché non lo merita».

I siparietti in trasmissione

Insomma tante carne al fuoco in questa puntata di Perfidia, condita dall’eloquenza degli ospiti, e dalla solita irriverenza fornita dalla satira firmata da Enzo Filia. Ma a rimanere impressi sono sicuramente anche due imperdibili siparietti, con protagonista assoluta la conduttrice Antonella Grippo, prima “colta in flagrante” da Piercamillo Davigo, per un lapsus sulla titolarità del ministero della giustizia, attribuita a Cospito, anziché a Nordio: «Ho fatto Cospito ministro – ha detto sorridendo la giornalista -, c’è il mio inconscio che va libero ormai. Può essere che fosse un mio desiderio, chi lo sa…» E poi quando si concede un criminal tango mirabilmente ballato prima con un partecipativo Staiano e poi con il collega Cordova.

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