A che punto è la verità sull'omicidio di Francesco Augieri?

A cinque medi dalla tragedia, i legali dell'unico indagato per la morte del 23enne cosentino, chiedono la scarcerazione per mancanza di prove. La vicenda approda alla Corte di Cassazione

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di Francesca  Lagatta
11 gennaio 2019
12:52

Chi ha ucciso Francesco Augieri, il 23enne di Cosenza morto sull'ambulanza nella notte del 22 agosto scorso dopo una lite a Diamante? Come è morto, ma sopratutto perché? A 5 mesi dal fatto che ha sconvolto l'intera Calabria, la magistratura lavora ancora alacremente per ricostruire l'accaduto e dare con assoluta certezza un volto e un nome all'assassino o gli assassini. Ad oggi c'è un solo indagato per l'omicidio, si tratta del 20enne Francesco Schiattarelli, originario di un quartiere alla periferia di Napoli, ma il quadro accusatorio complessivo non convince del tutto e a pesare sulle incertezze ci sarebbero dei tasselli mancanti nella ricostruzione. I legali del giovane, attualmente detenuto nel carcere di Secondigliano, sostengono con fermezza la sua innocenza, soprattutto per l'assenza di prove schiaccianti di colpevolezza, e chiedono l'immediata scarcerazione. Dopo il rigetto dell'istanza da parte del Gip, ora i due avvocati fanno appello alla Corte di Cassazione, che quindi sarà chiamata ad esprimersi a giorni per decidere se sussistono o meno i presupposti per la misura cautelare in carcere.

E' davvero Schiattarelli l'assassino?

A cinque giorni dall'omicidio, il caso sembrava già chiuso. Il 28 agosto 2018 Francesco Schiattarelli si è costituito al carcere di Secondigliano, dopo che era stato braccato dalle forze dell'ordine, mentre sul suo capo pendeva un mandato di fermo emesso dalla procura di Paola dal giorno successivo al tragico evento.


Viene subito indicato come l'assassino di Francesco Augieri, colui che avrebbe sferrato le coltellate rivelatesi poi mortali. Ma Schiattarelli respinge le accuse, dice di essere stato sul posto della lite ma di non aver ucciso Augieri, anzi, dice che durante la colluttazione ha subito un colpo in volto che lo avrebbe fatto cadere a terra, stordito. Sempre secondo la sua versione, si sarebbe poi recato nella sua residenza estiva, avrebbe fatto le valigie e sarebbe tornato immediatamente a Napoli mosso dalla paura. Poi si sarebbe consegnato al carcere di Secondigliano perché ha capito di essere indagato dalla magistratura e, siccome è già noto alle forze dell'ordine, non vuole peggiorare la sua posizione. Ma non sarebbe stato lui a provocare la morte del giovane cosentino. 

I tasselli mancanti

Secondo la versione ufficiale i fatti sarebbero andati più o meno così. La vittima è seduto con altri amici in un bar di Diamante; uno di questi, professione giornalista, si allontana per comprare le sigarette e durante il tragitto viene urtato alla spalla da un ragazzino con i capelli lunghi. «Tagliati i capelli, ric*****», gli avrebbe detto. Pochi secondi dopo, il ragazzino torna sul posto con una decina di amici per vendicare l'umiliazione e parte la violenta aggressione, che provocherà una ferita sul gluteo al cronista di Boscotrecase. Questi ritorna al bar, dove c'è Augieri, al quale racconta l'accaduto e mostra i pantaloni sporchi di sangue. Così i due si incamminano verso la piazzetta Padre Pio, che di lì a poco diventerà teatro della tragedia, e si imbattono nel branco. L'amico viene circondato e accoltellato, ma in modo non grave, mentre Augieri verrà colpito ripetutamente. Dall'autopsia risulteranno tre le ferite profonde, due al torace e una al collo. Il 23enne cade a terra esanime, il gruppo si allontana, arriva l'ambulanza che lo porta in condizioni disperate, ma vivo, prima all'ospedale di Cetraro, dove non potrà essere curato, poi verso l'ospedale Annunziata di Cosenza, dove arriverà già morto dissanguato.

Il primo buco nelle indagini è dato dalla mancata acquisizione dei nastri delle telecamere di sorveglianza nel bar dove Augieri e l'amico avevano passato la serata. Quando gli inquirenti si presentano qualche ora dopo a chiedere le registrazioni, i proprietari diranno che quelle immagini non esistono già più.

 

Il secondo tassello mancante è dato dall'assenza di testimonianze, nonostante decine di persone quella notte abbiano assistito all'evento. Tra queste, alcune sono state interrogate dal Pm, ma c'è chi dirà di non ricordare, chi difenderà Schiattarelli e chi dirà di non essersi accorto delle coltellate. Qualcun altro negherà persino di essersi trovato sul posto. Gli unici indizi utili alle indagini arriveranno da un soggetto minorenne, le cui dichiarazioni combaceranno con quelle del giornalista ferito, anche lui testimone oculare ma non troppo, per via dell'aggressione subita e dello shock.

 

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