A Milano si respira un’aria strana. Non è solo l’afa di fine luglio a pesare sui viali della città: è la sensazione che ogni mattone, ogni gru e ogni palazzo nuovo possa nascondere una storia che finirà in tribunale.
Dopo l’inchiesta che ha scosso Palazzo Marino come un temporale estivo, la Procura ha visto moltiplicarsi gli esposti. In poche settimane, tra timidi privati e cittadini armati di avvocati zelanti, sono arrivate decine di denunce: c’è chi punta il dito contro un cantiere rumoroso dietro casa, chi sospetta che quel nuovo complesso residenziale, sorto dove prima c’era un prato, nasconda qualche scorciatoia normativa, e chi chiede ai magistrati di controllare persino i palazzi già ultimati e abitati.

La miccia l’ha accesa l’indagine guidata dai pm Marina Petruzzella, Paolo Filippini e Mauro Clerici, sotto la regia dell’aggiunto Tiziana Siciliano. Un’inchiesta che ha già iscritto 74 persone nel registro degli indagati, tra cui lo stesso sindaco Beppe Sala, e che ha messo in discussione anni di sviluppo edilizio della capitale economica italiana. Il dettaglio che più ha colpito i milanesi è che tutto è partito da un singolo esposto di un cittadino. Una persona qualunque, che forse un giorno, guardando dalla finestra il cantiere sotto casa, ha pensato: “Qui c’è qualcosa che non mi torna”.

Da quel giorno, è stata un’escalation. Adesso, ogni progetto immobiliare sembra potenzialmente un caso giudiziario. Le denunce raccontano di scavi iniziati troppo in fretta, di permessi non chiarissimi, di facciate tirate su in tempi sospetti. E se la cronaca giudiziaria ha il ritmo del cemento che si secca, la fantasia dei milanesi corre più veloce delle betoniere.
Intanto, dietro le quinte, la Guardia di Finanza lavora senza sosta. Le perquisizioni di metà luglio hanno portato via faldoni di carte e soprattutto supporti informatici: hard disk, pen drive, server. Dentro, non solo i progetti già finiti sotto indagine, ma almeno una trentina di nuovi piani immobiliari che potrebbero ampliare l’inchiesta come un quartiere in continua espansione. Gli inquirenti parlano di investitori stranieri, fondi che arrivano da lontano e finiscono nelle casse di sviluppatori locali. Una Milano che voleva imitare Manhattan ma che ora rischia di sembrare più un gigantesco Monopoli, con terreni che passano di mano in mano mentre la magistratura osserva.

La settimana decisiva si gioca ora nelle stanze del gip Mattia Fiorentini. È lì che arriveranno le richieste di misure cautelari per sei persone, tra cui l’ex assessore alla riqualificazione urbana Giancarlo Tancredi e il presidente della Commissione paesaggio Giuseppe Marinoni. Se il giudice confermerà gli arresti, l’onda d’urto raggiungerà direttamente la stanza dei bottoni di Palazzo Marino, già scossa dalla posizione del sindaco Sala.
In città, però, la vita scorre con la sua apparente normalità. I tram sferragliano in centro, i turisti fotografano il Duomo, i ciclisti sfrecciano tra le buche dei cantieri. Ma basta alzare gli occhi verso una gru o guardare l’impalcatura di un nuovo palazzo per percepire il dubbio: dietro quel muro fresco di intonaco ci sarà solo un futuro appartamento di lusso o anche un futuro processo? Milano continua a costruire, ma il vero rumore che si sente, per ora, non è quello dei martelli pneumatici: è il brusio di una città che comincia a chiedersi se il suo skyline scintillante non poggi, più che su fondamenta solide, su una gigantesca inchiesta giudiziaria pronta a far tremare tutto di nuovo.