A Rinascita Scott ancora scintille tra l’avvocato Staiano e Mantella: «Dichiarazioni totalmente smentite»

Continua l’incandescente controesame del collaboratore di giustizia che difende la sua credibilità: «Sono cose che non dico io ma che mi hanno detto altri» (ASCOLTA L'AUDIO)

di Pietro Comito
28 giugno 2021
18:01
L’avvocato Staiano e nel riquadro il collaboratore di giustizia, Mantella
L’avvocato Staiano e nel riquadro il collaboratore di giustizia, Mantella

«Chiediamo le videoregistrazioni di tutte le deposizioni rese dal sito riservato ed effettuate dagli impianti di questa aula, nel corso dell’esame e del controesame del collaboratore di giustizia Andrea Mantella. Ciò a cagione di diverse perplessità che questa, come altre difese, hanno maturato».

La richiesta è stata formulata dall’avvocato Salvatore Staiano, difensore unitamente al collega Guido Contestabile, dell’ex parlamentare Giancarlo Pittelli, in avvio del controesame del collaboratore di giustizia, nell’ultima udienza del maxiprocesso Rinascita Scott. Analoga istanza è stata prodotta dall’avvocato Paride Scinica, difensore assieme al collega Francesco Calabrese del boss Luigi Mancuso, per ciò che concerne le deposizioni rese dal collaboratore di giustizia Emanuele Mancuso. «Non si ravvisano elementi che giustificano tali richieste», ha ribattuto il pm Andrea Mancuso esprimendo così parere contrario. Il Tribunale si è riservato la decisione su entrambe le richieste.

Gli atti da acquisire

Riprendendo la parola, l’avvocato Staiano ha sintetizzato il contenuto di una serie di atti dei quali ha chiesto l’acquisizione al Tribunale. Si tratta prevalentemente di documenti processuali che andrebbero a minare alla radice il narrato del collaboratore di giustizia in relazione a tutta una serie di presunti episodi di corruzione che avrebbero visto protagonisti avvocati e magistrati. Altri documenti, invece, andrebbero a smentire le ricostruzioni sulle vicende che Mantella ha sostenuto di aver appreso da Saverio Razionale, in relazione a rapporti corruttivi o di compiacenza con alcuni magistrati a suo tempo in servizio alla Procura di Vibo Valentia o ad asseriti condizionamenti dei giudizi della Suprema Corte di Cassazione. «Noi stiamo smentendo, con questa produzione documentale, tutto il de relato che il collaboratore sostiene di avere appreso», ha spiegato Staiano. «Quello che hanno raccontato a Mantella – ha aggiunto – se glielo hanno davvero raccontato, è totalmente inattendibile».


L’interrogatorio alla Dia

La mole di carte, in pratica, finirebbe con il certificare l’assunto che ha inteso dimostrare nel corso della prima fase del suo controesame ad Andrea Mantella: quanto altri hanno detto a Mantella e che Mantella ha riferito ai magistrati, in particolare su Giancarlo Pittelli ma anche su altre personalità della giustizia non coinvolte nel maxiprocesso, sarebbe infondato. Tra i documenti da acquisire anche atti del Servizio centrale di protezione che rendono incompatibili gli orari riferiti dal collaboratore in relazione all’interrogatorio “parallelo” a cui lo stesso  sarebbe stato sottoposto dall’allora sottufficiale della Dia Michele Marinaro, il quale ne avrebbe poi riferito i particolari a Giancarlo Pittelli.

I soldi all’avvocato Gaito

«Lei ha raccontato di soldi consegnati al professore Gaito a Roma… Cosa sa al riguardo?», ha esordito con la girandola delle sue domande l’avvocato Staiano. «Il professore Gaito era un avvocato amico di Michele Mancuso e il genero Giuseppe Raguseo, l’ho saputo da Raguseo e da Francesco Scrugli», ha replicato il collaboratore. «Doveva annebbiare qualche sentenza, Gaito?», ha chiesto Staiano. «Era un avvocato molto forte in Cassazione, un professionista di alto rango, e stando sempre a quello che mi riferirono Raguseo e Scrugli era un massone, che non è reato», la replica. E poi: «Io non ho mai accusato il professore Gaito, quello che ho detto è solo quello che mi è stato riferito da terze persone. Per me Gaito è una persona perbene».

«Non badavo a spese»

Mantella ha confermato di essere stato detenuto assieme a Nicolino Grande Aracri e ha spiegato di non aver mai definito un mafioso né Maurizio Artusa, né il fratello Mario. «Nel corso della mia attività criminale ho guadagnato soldi che spendevo in auto e vestiti. Ero una persona viziosa e non badavo a spese. I vestiti – ha evidenziato il dichiarante – li prendevo da Bongiovanni». Su domanda del difensore, ha quindi spiegato di avere ricevuto diverse somme, a titolo di estorsione, da un distributore di carburanti: «Non ricordo le somme, sono state tante, così tante… L’estorsione veniva pagata due volte l’anno, a Pasqua e a Natale». Un tema esplorato dal superpentito in fase di esame, chiamando in causa l’imprenditore Mario Loriggio, che avrebbe assunto le vesti di esattore per conto di Mantella, ma non Paolino Lo Bianco – ha rimarcato l’avvocato Staiano – il cui nome, oltre quello di Salvatore Mantella e Salvatore Morelli, è stato pronunciato solo nel controesame. «Lei – ha ribattuto Staiano – non ha mai fatto prima il nome di Paolino Lo Bianco, perché lo fa adesso?».

Le schermaglie in aula

Il controesame operato da Staiano si è fatto via via incandescente, con una serie di schermaglie che hanno coinvolto anche la presidente del collegio giudicante Brigida Cavasino, che ha faticato e non poco a contenere il penalista, sia il pm Andrea Mancuso. «Il collaboratore mi ha minacciato», ha urlato Staiano, in seguito alla frase pronunciata da Mantella: «Alla fine vedremo chi vince…». Superata la fase di scontro, il penalista si è scusato con il collegio giudicante a cui ha riconosciuto autorevolezza e prestigio. «Io non ho usato alcuna minaccia – ha invece spiegato Mantella – L’avvocato mi ha dato del bugiardo ed io ho detto che alla fine valuterà il Tribunale».

«L’errore» su Loriggio

Restando a Mario Loriggio, altro assistito da Staiano, Mantella ha chiarito: «Sul supermercato Alvi c’era un coinvolgimento diretto di Loriggio, che ci fece pervenire i soldi dell’imprenditore che aveva ricevuto un avvertimento alle saracinesche. Loriggio ha fatto da tramite ed ha portato questi soldi nel periodo natalizio, nel 2007. Se non ricordo male li portò a Salvatore Mantella. Non ricordo chi l’ha chiusa, a Vibo ci sono più estorsioni che abitanti». Anche questo, ha stigmatizzato l’avvocato, «è un inedito». In relazione, invece, ad un coinvolgimento dello stesso Loriggio in un’azienda per la produzione di calcestruzzo con sede a Porto Salvo in odor di estorsione, il collaboratore ha chiarito: «Se ho inserito Loriggio in questo contesto ho fatto un errore».

L’indagine sul Diamante

Quanto alle entrature dell’imprenditore nelle forze dell’ordine, Andrea Mantella ha specificato: «Una mattina, dopo giugno del 2009, Loriggio davanti al Cin Cin Bar, mi disse che un suo amico gli aveva riferito che il dottor Spagnuolo aveva un’indagine patrimoniale che coinvolgeva un circolo, il Diamante, grazie al quale guadagnavo qualcosina. «Non so chi fosse l’amico di Loriggio nelle forze dell’ordine – così il dichiarante – né ricordo quanto tempo dopo fui raggiunto in carcere dall’avviso di sequestro che riguardava anche me per circa 500.000 euro». Staiano ha poi incalzato sui presunti cointeressi di Loriggio e Paolino Lo Bianco nella gestione di una concessionaria di automobili. «Ci dia fatti concreti», parola di Staiano. «Io difendo la mia credibilità», la risposta di Mantella sul punto.

I processi di Grande Aracri

Tornando alla codetenzione con Nicolino Grande Aracri, Mantella – rispondendo alle domande – ha specificato: «Si parlava anche di aggiustare di processi in corso. Puntava ad aggiustare i processi per i suoi parenti e per sé. Era fiducioso che avrebbe aggiustato la questione di suo genero Giovanni Abramo». «Le dico subito che è stato a Catanzaro dal gennaio al marzo del 2013», ha circoscritto il periodo in questione il penalista. «Mi disse che aveva attivato la sua rete di copertura per sistemare in particolare il processo ad Abramo, al fratello Ernesto e il processo Scacco Matto e mi parlò in particolare di un grande avvocato di Catanzaro. Grande Aracri mi disse di avere un fratello, Domenico, che lavorava nello studio di Salvatore Staiano».

E Staiano: «Le risulta che siano stati dati a qualche studio fiumi di soldi?». Mantella: «Purtroppo per lei, Nicolino Grande Aracri diceva che i soldi li dava a lei attraverso il fratello Domenico che lavorava nel suo studio». Staiano: «Se lei dà soldi ad un avvocato e il processo va male, secondo la sua esperienza, l’avvocato viene perdonato?». Mantella: «Secondo la mia esperienza, o restituisce i soldi per l’impegno preso e non mantenuto o se la vede brutta. Se invece è protetto da una figura di spessore, allora il capomafia si impegna a restituire i soldi per l’avvocato».

“Il Bolognese” e “Renatino”

Sull’ex presidente della Corte d’Assise d’Appello di Catanzaro Marco Petrini, Mantella ha detto: «Nicolino Grande Aracri chiamava Petrini, “Il Bolognese” o “Quello con la gonnella”. Mentre a lei, avvocato Staiano, la chiamava “Renatino”. Diceva che lei, avvocato Staiano, era il suo referente nelle entrature di corruttela. E diceva “Renatino deve aggiustare questo processo ed era fiducioso”. Tant’è che fu Nicolino Grande Aracri a suggerirmi di farmi difendere da lei, che è un grandissimo avvocato, ma io mi sono pentito. Grande Aracri mi disse che lei poteva contare sui suoi rapporti con Petrini». E Staiano: «Quali sono i miei villaggi turistici?». Mantella: «Lo chieda a Grande Aracri, che diceva che lei era socio occulto in dei villaggi per conto di Vincenzo Gallace». Staiano: «A Salerno, invece, lo dice lei e non cita Grande Aracri come fonte delle sue notizie». Mantella: «Grande Aracri diceva che era un prestanome di Vincenzo Gallace e che si mise in mezzo perché lei doveva essere colpito per dei soldi che aveva preso dalla Locride, da San Luca».

«De relato sconfessato»

In relazione a tutto questo, Staiano ha prodotto una serie di sentenze che «teoricamente - ha detto – dovrebbero essere la mia condanna a morte». Si tratta di sentenze che certificano tutti i suoi insuccessi nella difesa di Grande Aracri. Tra queste la «condanna all’ergastolo per Grande Aracri, emessa proprio dal giudice Petrini, pochi giorni prima del suo arresto. Grande Aracri colleziona con me trent’anni ed ergastolo e poi mi salva da una condanna a morte? E Grande Aracri mi lascia vivo. Le dichiarazioni de relato sono tutte sconfessate».
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Giornalista
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