Commozione, speranza e un monito per il futuro. Con questi propositi, nella sala dell’Accademia della musica di Santa Sofia d’Epiro, è stato presentato lo spettacolo su Ferramonti dal titolo “Musiche, parole, riflessioni dal più grande campo di internamento italiano” realizzato e curato da Carmela Baffa, Virginia Ventre e Federico Baffa con la contestuale presentazione del libro realizzato da Yolanda Ropschitz-Bentham, in cui sono raccolte del memorie di suo padre, medico psichiatra che fu internato in quel di Ferramonti di Tarsia.

Una storia lunga e toccante quella che lega i territori, in particolare la Bentham si è soffermata nel paese di origini albanesi, tornando a distanza di qualche mese. Il padre David Henry Ropschitz arrivò in Calabria il 6 luglio 1940, rimanendo così nel campo di internamento sino alla liberazione avvenuta nel settembre del 1943, per poi proseguire il suo cammino proprio nelle campagne confinanti ed entrando così nel territorio sofioto.

Fu accolto dalla popolazione nella zona di Contrada Gaudio, rimase per qualche mese e operò come medico, mettendosi a completa disposizione della comunità, visitando a domicilio con scrupolo e sapienza.

Una rara immagine del dottor Ropschitz nelle campagne di Santa Sofia d'Epiro

Gli scritti raccolti sono stati condivisi proprio con il pubblico che ha assistito all’evento e diventano una testimonianza concreta di quanto avvenne soprattutto negli ultimi anni di Ferramonti. Il tutto senza filtri ma soprattutto con la capacità di rendere partecipi gli altri di un dolore collettivo e vissuto con grandissima dignità. I documenti raccolti hanno così un valore storico-culturale che vanno proprio al di là della semplice storia, proprio per questo nella serata svolta a Santa Sofia d’Epiro è stato azzeccato l’abbinamento con la musica.

Il potere “benefico” delle note dietro il filo spinato del campo di internamento è uno dei tanti passaggi forse meno evidenti, ma allo stesso tempo ancora foriero di ricerche, sviluppo e studio da parte degli storici e degli stessi musicisti. Le melodie ebraiche klezmer, le colonne sonore e il valzer di Ferramonti, composto dal giovane pianista viennese Kurt Sonnenfeld durante i suoi giorni di internamento calabresi, hanno contribuito a creare quel senso unico di fratellanza che, soprattutto in epoche moderne, non dovrà essere mai dimenticato.