L’operazione

Anche il catrame bruciato nelle centrali a biomasse del Crotonese e Cosentino: così i clan avvelenavano l’ambiente

I rifiuti sarebbero finiti negli impianti di Cutro, Strongoli, Crotone, Laino Borgo e Cosenza. Il materiale legnoso sarebbe stato poi mischiato anche a scarti di segheria e potature abusive (ASCOLTA L'AUDIO)

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di Luana  Costa
3 ottobre 2022
16:31
La centrale biomasse di Laino Borgo
La centrale biomasse di Laino Borgo

Avrebbero monopolizzato ed organizzato il trasporto del cippato in violazione delle normative sui rifiuti conferendo materiale non conforme in accordo con i responsabili delle centrali a biomassa. È questo il principale capo d’accusa mosso dalla Procura distrettuale antimafia, guidata da Nicola Gratteri, nell’ambito dell’inchiesta istruita contro il locale di ‘ndrangheta di Mesoraca.

Secondo quanto ricostruito dagli investigatori, a capo del presunto sodalizio vi sarebbe Mario Donato Ferrazzo, in qualità di promotore ed organizzatore. Il gruppo dedito al traffico illecito di rifiuti avrebbe gestito, trasportato e smaltito materiale legnoso misto a scarti di segheria e altro materiale di risulta proveniente da tagli, sfasci e potature abusive pericolosi per l’ambiente conferendolo alle centrali a biomasse di Cutro, Strongoli, Crotone, Laino Borgo e Ecosesto Cosenza.


Per ottenere il risultato avrebbero redatto e predisposto falsa documentazione e false perizie di agronomi che attestavano una diversa origine del materiale poi conferito nelle centrali a biomasse. I dirigenti e i responsabili delle centrali avrebbero smaltito ingenti materiali come chips di legno vergine per la produzione di energia elettrica per le quali le centrali sono destinatarie di fondi pubblici.

In tal modo, avrebbero conseguito un ingiusto profitto derivante non solo da un agevole smaltimenti dei rifiuti ma anche da un indebito incremento del volume d’affari per i fornitori, ottenuto mischiando materiale legnoso vergine a scarti di segheria, sfalci e potature abusive. Il procuratore Gratteri nel corso della conferenza stampa ha infatti fatto riferimento anche a catrame e materiale altamente inquinante derivante dai lavori autostradali che veniva bruciato nelle centrali.

Tra gli imprenditori coinvolti ci sono Domenico (1965) e Carmine Serravalle (1963) che avrebbero acquistato la centrale a biomasse di Cutro nel 2015 per gestire l’intero ciclo produttivo e trarne i vantaggi economici derivanti dalle incentivazioni pubbliche. Mario Donato Ferrazzo «in qualità di capo dell’omonima ‘ndrina di Mesoraca» avrebbe invece svolto il ruolo di organizzatore del traffico dei rifiuti: «Intratteneva rapporti con i fornitori di materiale legnoso non conforme contenente rifiuti di varia natura e coordinava le attività di miscelazione e conferimento alle centrali a biomasse impartendo ordini e direttive ad operai della ditta Fke intestata al figlio Francesco Ferrazzo e della ditta intestata all’altro figlio Ernesto Ferrazzo».

Inoltre, Pasquale e Antonio Spadafora quali gestori della ditta F.lli Spadafora avrebbero ceduto e gestito abusivamente «quantitativi di rifiuti, mediante documentazione contabile e commerciale falsa, importati dalla Puglia a Mesoraca, negli opifici riconducibili a Mario Donato Ferrazzo e Carmine Serravalle, e da qui conferiti, con false documentazioni che ne dissimulavano la reale consistenza, classificandolo quale “cippato da legno vergine”, alla centrale biomasse di Cutro, gestita dalla società Serravalle Energy e le centrali a biomasse di Crotone e Strongoli, gestite dalla società Biomasse Italia».

Avrebbero inoltre conferito anche in altre centrali a biomasse «ingenti quantitativi di cippato proveniente da tagli abusivi e furtivi, nonché smaltivano presso le centrali a biomassa materiale legnoso proveniente dalla Basilicata, dissimulando la provenienza come materiale da filiera corta ovvero ricavato da tagli autorizzati e operati in territorio calabrese, per un quantitativo complessivo pari a 22.266 tonnellate».

Giornalista
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