Antonella Pagliuso scrive al fratello ucciso: «Troppi paladini della parola»

La sorella dell’avvocato ammazzato nel 2016 gli scrive una lettera in cui analizza e riflette sulle ipocrisie del sistema: «Come si può parlare di battaglie quando non abbiamo mai alzato la testa per dire no ad imposizioni, regole e logiche imposte?»

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di T. B.
21 dicembre 2020
19:14

«Caro Francesco,in una terra di ‘ndrangheta e malaffare, paladini della parola si affannano a pronunciare frasi sul senso di giustizia e di legalità. Su battaglie mai fatte e mai lontanamente pensate. Come si può pronunciare la parola Giustizia se ne disconosciamo la sacralità del senso?». Inizia così la lettera indirizzata al fratello dall’avvocato Antonella Pagliuso.

L'omicidio Pagliuso

Francesco Pagliuso, noto e quotato legale, è stato ucciso il 9 agosto del 2016 a Lamezia Terme. Della sua morte è accusato Marco Gallo, considerato interno alla cosca Scalise e killer professionista. E mentre si cerca giustizia nelle aule del tribunale, la sorella della vittima gli indirizza una toccante lettera che tra richiami e riflessioni analizza un contesto sociale e non solo che troppo spesso ha un doppio fondo.


La lettera della sorella

«Come si può parlare di battaglie, quando non abbiamo mai alzato la testa per dire no ad imposizioni, regole e logiche imposte da chi sappiamo essere il peggiore degli uomini? Come si può parlare di sacrifici umani quando mai lontanamente abbiamo pensato di difendere con il nostro costato quei sacrifici? Cosa ne sappiamo noi del coraggio di dire da che parte stai, cosa ne sappiamo noi del coraggio e della paura di chi dice “no” consapevole che Suo figlio crescerà senza un padre, cosa ne sappiamo noi del pensiero di quel bambino che in questa terra chiede cosa è la ndrangheta e la risposta che riceve è l’invito al silenzio?», scrive Antonella Pagliuso.


«Ogni volta che guardo negli occhi quel bambino che crescerà in questa terra – aggiunge - vorrei tanto abbracciarlo per dirgli che non faremo niente per lui…solo sterili parole di cui dimenticheremo il senso due attimi dopo averle pronunciate (due, perché uno è il tempo per pronunciarle e uno e il tempo di attesa per l’applauso).Ogni volta che incrocio lo sguardo di quel bambino però, vorrei anche dirgli che non tutto è perduto e che varrebbe la pena rifare la domanda per non rinunciare domani alla propria libertà e alla vita stessa».


«Vorrei anche dire a quei “paladini” della parola di avvicinarsi senza timore a quelle persone che la mafia in tutte le sue accezioni la combattono sul serio. Si inebrierebbero del loro meraviglioso profumo che sa di libertà, pervaso da note di disperazione. Oggi ho acceso una piccola fiammella davanti alla tua tomba, io quel profumo l’ho sentito, ed anche se le note speziate della disperazione erano molto forti, altrettanto forte era comunque il profumo della libertà e l’orgoglio - conclude - di essere un folle soldato disarmato, in trincea. Buon Natale avvocato, Buon Natale avvocato Pagliuso».

 

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Giornalista
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