In Calabria tanti anziani patiscono il freddo. La metà non ha i soldi per il riscaldamento

Secondo un’indagine condotta dall’istituto di ricerca della Cgil, la nostra regione è quella con la “povertà energetica” più alta. Ecco cosa accade nelle case di tanti pensionati

di Enrico De Girolamo
27 novembre 2018
23:15

«L’accendiamo?». C’è un tormentone che ricorre nelle famiglie calabresi più povere, un interrogativo che non ha niente a che fare con quello dello sfavillante quiz di Gerry Scotti. Anzi, è proprio l’altra faccia della medaglia: «L’accendiamo… il riscaldamento?».
In Calabria, il 45,4 percento delle famiglie, quando comincia a fare davvero freddo, si pone questa domanda e risponde che no, è meglio lasciare i caloriferi spenti, perché non ci sono abbastanza soldi da spendere. È quanto sostiene un’indagine promossa dal sindacato dei pensionati italiani e condotta dalla Fondazione Di Vittorio (Fdv), l’istituto nazionale della Cgil per la ricerca storica, economica e sociale.
Secondo lo studio, «in Italia, come in altre economie avanzate, cresce il numero di persone in “povertà energetica” (Pe), espressione con cui si intende la difficoltà ad acquistare un paniere minimo di servizi energetici (elettricità, riscaldamento o raffrescamento adeguato della propria abitazione, acqua calda sanitaria, etc.) con effetti sul mantenimento di un standard di vita dignitoso, sulla salute delle persone e, in ultima istanza, sulla mortalità. In base a stime recenti della Commissione europea gli italiani che vivono in famiglie in Pe sarebbero poco più di 9 milioni, più del 15% del totale».

 


In casa al freddo e al gelo

Di queste, manco a dirlo, molte sono al Sud e in Calabria in particolare, che risulta essere la regione con il maggior numero di persone in condizione di povertà energetica. Dalla ricerca, emerge che le situazioni di disagio energetico tendono ad essere maggiormente diffuse con l’avanzare dell’età: difatti, le persone che vivono in condizioni di difficoltà hanno un’età media di 72 anni. Dal punto di vista territoriale, la quota più sostanziosa di poveri energetici è - come detto - in Calabria (45,4%), «cui si contrappone nettamente il dato osservato in Toscana (6,8% di poveri), mentre in Puglia e Liguria si osservano percentuali prossime al dato globale (19,2%)». Sono solo queste quattro, infatti, le regioni oggetto della ricerca, effettuata sulla base di un campione non molto ampio, circa 1000 individui, ma comunque sufficiente a tracciare una precisa tendenza.

 

Gli anziani soli sono quelli più vulnerabili

Sempre secondo l’indagine della Cgil, «l’incidenza della povertà raddoppia per coloro che sono separati o vedovi e arriva a superare il 30% per nubili e celibi». «La condizione di povertà energetica - si legge nel report finale - incide in misura più accentuata nelle famiglie mononucleari. La quota dei poveri, però, decresce rapidamente all’aumentare del livello di istruzione, passando dal 61,4% di coloro che non hanno alcun titolo di studio, al 5,4% osservato tra i diplomati».
Il maggior numero tra coloro che non possono permettersi il riscaldamento si annida tra ex artigiani e casalinghe e, in misura meno accentuata, tra gli operai. Diversamente, chi prima del pensionamento svolgeva professioni impiegatizie non ha grandi problemi a sostenere spese per l’energia. In altre parole, chi può contare su una pensione da lavoro, se la passa molto meglio rispetto a chi, invece, può contare solo sulla pensione sociale o su indennità come quelle di accompagnamento.


Freddo d’inverno e troppo caldo d’estate

In termini generali, spiega l’istituto di ricerca della Cgil, «6 poveri su 10 non vivono in una situazione confortevole, con temperature domestiche troppo alte (non avere soldi per il riscaldamento significa non averne anche per l’aria condizionata quando fa caldo, ndr) o troppo basse».

 

Ci sono i bonus ma in pochi li chiedono

Infine, Fdv ricorda che, in Italia, lo strumento principale per contrastare il fenomeno della povertà energetica è il bonus sociale energia elettrica e gas, introdotto dieci anni fa. «Tuttavia – spiega la ricerca - l’aiuto alle famiglie attraverso i bonus non ha sortito i risultati sperati. Da una parte, molte famiglie che oggi hanno diritto ai bonus in base al valore Isee non ne fanno richiesta; dall’altra, se anche tutte le famiglie che oggi hanno diritto al bonus lo ricevessero, in base all’attuale architettura della misura, resterebbe comunque fuori una parte rilevante delle famiglie che sono (de facto) in condizione di povertà energetica».
Insomma, la domanda fatidica resta purtroppo attuale per molti: «L’accendiamo?».

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