Altro che penalizzazione o retrocessione in Serie C: per il Brescia Calcio ora il terreno si fa davvero scivoloso. Nella giornata di ieri la Procura della Repubblica di Brescia ha fatto scattare un’operazione che ha coinvolto undici province e messo nel mirino 25 soggetti — 11 persone fisiche e 14 giuridiche — accusati, a vario titolo, di riciclaggio e reati tributari. Al centro dell’inchiesta, un presunto schema fraudolento basato sulla commercializzazione di crediti d’imposta inesistenti. E tra gli indagati compare un nome pesante: Massimo Cellino, ex presidente del club.

L’ipotesi della Guardia di Finanza è precisa: sarebbero stati generati crediti Iva fittizi, utilizzando società “fantasma”, senza uffici né attività, intestate a prestanome già noti per reati fiscali. Crediti per un valore complessivo di oltre quattro milioni di euro, poi ceduti a soggetti terzi — tra cui appunto il Brescia Calcio S.p.A. — tramite società veicolo create ad hoc. Obiettivo: abbattere il carico fiscale e contributivo del club. Una manovra che, se provata, costituirebbe una doppia beffa: per lo Stato e per i tifosi già provati da una stagione da incubo.

Le perquisizioni, coordinate dai pm Benedetta Callea e Iacopo Berardi, hanno toccato le province di Brescia, Milano, Roma, Napoli, Arezzo, Potenza, Avellino, Caserta, Benevento, Taranto e Massa Carrara. I riflettori sono puntati anche sul commercialista Marco Gamba, consulente del club, che avrebbe seguito l’acquisizione dei crediti usati per compensare i versamenti Inps di febbraio e aprile.

Il cuore del presunto imbroglio batte a Milano, in via Montenapoleone, dove aveva sede legale la società che ha venduto i crediti al Brescia: un’azienda gestita da un giovane imprenditore irpino di 25 anni, Gianluca Alfieri. Secondo gli inquirenti, l’impresa sarebbe risultata priva di autorizzazioni per operare nel settore finanziario e sprovvista di una reale struttura imprenditoriale. Insomma, un involucro vuoto usato per far circolare milioni fittizi.

Massimo Cellino, intercettato dalla Gazzetta dello Sport, non ci sta: «Siamo stati truffati. Ho già presentato una denuncia penale. La società di Milano non risponde più, è sparita. Eppure ha venduto crediti d’imposta per oltre 100 milioni di euro a tantissime aziende». Poi aggiunge: «Abbiamo chiesto 2,4 milioni in crediti d’imposta. Loro hanno trattenuto il 15%. C’erano offerte più vantaggiose, ma il nostro fiscalista era tranquillo. Diceva di avere garanzie dalla Banca d’Italia. Ora è disperato».

Una versione confermata anche dallo studio legale Tonucci & Partners, che assiste Cellino: «Il Brescia Calcio e il presidente sono del tutto estranei alla rete di commercializzazione dei crediti. Non appena ricevuta la notifica dall’Agenzia delle Entrate, il club ha sporto denuncia. Riteniamo di essere parte lesa e ci auguriamo che ciò venga presto riconosciuto dagli inquirenti».

Nel frattempo, però, i riflettori della giustizia restano accesi sul club lombardo, già finito nel mirino della Co.Vi.So.C. per violazioni amministrative. E il sospetto che dietro certe manovre contabili si nasconda molto più di una semplice leggerezza fiscale, comincia a prendere corpo. Se fosse confermato il coinvolgimento attivo del Brescia nella compravendita di crediti farlocchi, si aprirebbe uno scenario esplosivo. Perché, tra retrocessioni sportive e conti in tribunale, stavolta la palla è in mano ai giudici. E non si gioca più su un prato verde.