La relazione

Carceri Calabria, il garante Muglia: «Carenza di personale e tanti detenuti in sofferenza: occorre intervento sinergico»

VIDEO | Presentata la relazione dell'ufficio in Consiglio regionale a Reggio. Sotto di 94 e 70 unità di polizia penitenziaria gli istituti di Catanzaro e Vibo. Tra i punti luce i passi in avanti in sanità a Catanzaro e ad Arghillà di Reggio e la diffusa e articolata offerta trattamentale

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di Anna Foti
27 novembre 2023
21:44

«Un progressivo ed innegabile sovraffollamento delle carceri, le condizioni strutturali di alcuni istituti, datati nel tempo e/o privi di manutenzione, l'inadeguatezza di molte camere detentive (talune anche prive di doccia); l'insufficienza di alcune offerte scolastiche o formative, l'assenza di progetti di inclusione stabili e duraturi; la carenza di organici che investe la polizia penitenziaria, i funzionari giuridico-pedagogici, i mediatori linguistico-culturali; le lacune della sanità penitenziaria».

Queste le criticità rilevate, anche se non in tutti gli istituti nella stessa misura, dal garante regionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale, Luca Muglia, nel sistema penitenziario calabrese. Passati al setaccio i dodici istituti penitenziari (Castrovillari, Cosenza, Rossano, Paola, Catanzaro, Crotone, Reggio Calabria San Pietro e Arghillà, Palmi, Locri, Laureana di Borrello, Vibo Valentia) e l’istituto penale minorile di Catanzaro. Oltre tremila sono i detenuti: 658 (di cui 162 in attesa di giudizio) a Catanzaro, 398 (di cui 106 in attesa di giudizio) a Vibo Valentia, 389 (di cui 98 in attesa di giudizio) ad Reggio Calabria Arghillà e 326 (di cui 4 in attesa di giudizio) a Rossano.


La sala Federica Monteleone del Consiglio Regionale a Reggio Calabria ha ospitato la presentazione della relazione del garante Muglia che ha scandagliato luci e ombre dei dodici istituti penitenziari insistenti sul territorio regionale. Rappresentanti istituzionali coinvolti nel complesso pianeta carcere e anche qualche delegazione studentesca hanno popolato la sala. Prima della relazione sono intervenuti, tra gli altri, il presidente della Regione Filippo Mancuso, il vicepresidente Pierluigi Caputo, la vicepresidente della Regione Giusy Princi e il provveditore regionale Liberato Gerardo Guerriero.

Una disamina articolata, segnando quali punti luce i passi in avanti compiuti sul fronte sanitario, per esempio a Reggio Arghillà e a Catanzaro, i tre poli universitari di Cosenza, Catanzaro e Reggio Calabria e la proposta ben articolata di progetti trattamentali caratterizzati in alcune carceri calabresi da attività presso laboratori artigianali, didattica scolastica oltre che universitaria e i Corsi professionalizzanti di accompagnamento al lavoro. 

Le Camere di sicurezza

Poi ci sono le ombre (ancora tante). Tra i temi più spinosi c’è quello della custodia del soggetto arrestato (o fermato) nel periodo che precede l'udienza di convalida davanti al giudice che dovrebbe avvenire nella camera di sicurezza. Tali camere dovrebbero nella disponibilità degli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria e non in carcere. Le camere di sicurezza agibili invece sono solo 41 e dunque insufficienti. «È agevole comprendere come una prassi siffatta esponga l'interessato ad una "detenzione di fatto" del tutto "iniqua" vista l'assenza di un provvedimento del giudice che legittimi la restrizione di libertà personale. Occorre intervenire al più presto su questo aspetto», ha stigmatizzato il Garante. 

La carenza atavica di personale

C’è poi il nodo del personale che non lascia fuori alcun comparto. La disomogeneità del personale amministrativo, la prassi di accorpare più istituti sotto un’unica direzione e l’annoso deficit del personale di Polizia penitenziaria. Alla data del 16 ottobre scorso i numeri della carenza sono allarmanti (-94 Catanzaro, -70 Vibo Valentia, -40 Palmi, -39 Rossano, -31 Reggio Calabria Arghillà, -29 Paola, -29 Castrovillari, -27 Cosenza, -24 Reggio San Pietro, -17 Crotone, -13 Locri, -7 Laureana di Borrello). L'assenza di un numero sufficiente di Polizia penitenziaria genera una serie di effetti che recano danno all'intero sistema, causano notevoli problemi di sicurezza, compromettendo la qualità della vita detentiva nel suo quotidiano e anche l’efficacia della dimensione trattamentale e quindi rieducativa.

La questione sussiste anche presso l’istituto penale minorile laddove, «grazie all'intervento del Dipartimento della Giustizia minorile e di Comunità, la carenza di organico di Polizia penitenziaria che perdurava da molti anni è stata colmata in pochi mesi. Dopo l'apertura della seconda sezione detentiva di 20 posti, in aggiunta ai 16 di quella preesistente, è necessario, tuttavia, vi sono solo due funzionari di professionalità pedagogica a fronte degli otto previsti in pianta organica», ha segnalato il Garante regionale Muglia.

I numeri mancano anche sul fronte dei funzionari della professionalità giuridico-pedagogica con una carenza pari a circa 10 unità. In alcuni istituti, come Paola o Palmi, operano solo 1/2 unità, con tutte le ricadute legate al rischio concreto di presa in carico. Stesso dicasi per i mediatori culturali, necessari vista la presenza nelle carceri calabresi di detenuti appartengono a 15/20 nazionalità diverse. «Occorre garantire la presenza stabile di tali figure ed implementare la conoscenza delle etnie più diffuse da parte degli stessi. Si considerino, ad esempio, le difficoltà che incontrano le Aree sanitarie al momento della visita di primo ingresso dei detenuti extracomunitari», ha sottolineato ancora il Garante regionale Muglia.

La sanità penitenziaria tra luci e ombre

E veniamo alle luci e alle ombre nella sanità che pure fa i conti con «la carenza di medici ed infermieri, che aggrava oltremodo le difficoltà, specie in relazione ai detenuti con patologie psichiatriche, costringendo tutte le altre professionalità a svolgere compiti e mansioni che non gli appartengono cui riescono a far fronte solo ricorrendo a doti personali o ad una spiccata sensibilità.

La rimodulazione dell'area sanitaria della Casa circondariale di Catanzaro da parte dell'asp competente, con l'assunzione di un nuovo modello organizzativo di medicina penitenziaria, ha determinato una maggiore operatività e qualità nel padiglione del Servizio di Assistenza Intensiva Multiprofessionale, con sezioni specializzate, occupa nell'istituto penitenziario di Catanzaro un edificio di 5 piani. Allo stato l'Articolazione di Tutela della Salute Mentale (Atsm) è pienamente operativa sia per i profili di riabilitazione psichiatrica sia per quelli di osservazione, con un importante progetto di ampliamento in corso».

Atsm operativa a Catanzaro e chiusa a Reggio

«Sull'altro fronte - racconta il garante Muglia -  il Commissariamento dell'Area sanitaria della Casa circondariale di Reggio Calabria Arghillà ha prodotto buoni frutti, atteso che dal primo marzo 2023, dopo due anni di carenze, sono stati coperti tutti i turni medici diurni (8-20), è stata rispristinata l'assistenza medica h24, sono stati assegnati nuovi specialisti, è stato messo in funzione il gabinetto radiologico collegato in telemedicina con la radiologia di Polistena ed è stato avviato un percorso - virtuoso - di psicoterapia individuale con sedute settimanali per soggetti fragili.

Discorso a parte merita, invece, la chiusura della sezione di Osservazione Psichiatrica della Casa circondariale di Reggio Calabria San Pietro, nonostante l'apertura disposta a seguito dell'ennesima ristrutturazione dei locali. La chiusura, che pesa non poco sul versante dell'assistenza psichiatrica penitenziaria nel contesto regionale, è ascrivibile ad una serie di cause: l'assenza di un'equipe medica e di personale sanitario "dedicato"; la mancanza di uno spazio riservato all'osservazione dei pazienti; l'inadeguatezza strutturale delle camere detentive dal punto di vista della sicurezza. È evidente come, dopo la chiusura definitiva, sia necessario ed urgente individuare e/o realizzare in tempi rapidi un nuovo reparto di Atsm in Calabria».

Le donne detenute

Il garante regionale Luca Muglia si è poi soffermato sulla necessità di prestate maggiore attenzione alle donne detenute, non per una connotazione prettamente di genere ma per un supporto teso a favorire consapevolezza e rieducazione. «Le ricerche sulla delinquenza femminile, le storie e le considerazioni raccolte nei colloqui o interviste, anche in Calabria, mostrano come le donne detenute si rappresentino assai spesso come vittime o attrici non completamente consapevoli». ha spiegato il garante Muglia. 

Per quanto concerne le Rems (residenze per esecuzione misura sicurezza) l'esperienza di Santa Sofia d'Epiro (19 pazienti) e di Girifalco (5 pazienti) appaiono certamente valide ma non sufficienti. La lista di attesa per l'ingresso conta oltre 40 soggetti che restano a carico della famiglia e della collettività, con tutta la loro pericolosità.

I minori stranieri non accompagnati

«Quanto al Rapporto sul Centro di accoglienza per migranti di Isola Capo Rizzuto, si reputa certamente produttivi gli sviluppi successivi e le interlocuzioni tra il Garante regionale e il nuovo prefetto di Crotone in ordine alle condizioni dei minori stranieri non accompagnati. La materia di detenzione amministrativa necessita, in ogni caso, di essere approfondita in maniera adeguata facendo ricorso ad un monitoraggio specialistico - periodico - delle strutture».

Una legge regionale ad hoc

«Auspichiamo una sinergia per superare le criticità che di fatto ostacolano il percorso rieducativo delle persone detenute. Le condizioni di vita nei luoghi di detenzione o di privazione della libertà personale che, in molti casi, raggiungono livelli di inciviltà che non possono e non debbono essere tollerati da uno Stato di diritto. Celle anguste, fatiscenti, umide, a volte prive di docce; spazi ristretti; assenza di luoghi di socializzazione; ambienti destinati ai colloqui privi di decoro; sistema fognari o di smaltimento dei rifiuti insufficienti; assenza o scarsa qualità di acqua potabile; presenza di amianto e piombo. Le neuroscienze dimostrano come la deprivazione, l'isolamento, il sovraffollamento e i fattori di contaminazione ambientale siano tali da ingenerare deficit e comportamentali, ostacolando i cambiamenti positivi dell'individuo e di fatto il compimento della pena rieducative prevista dall'articolo 27 della Costituzione.

Siamo dunque tutti responsabili e dobbiamo ognuno con le proprie competenze. Dobbiamo impegnarci per creare le condizioni per la rieducazione di chi vive in restrizione. Per quanto riguarda le competenze del Garante regionale diventa essenziale, a questo punto, segnalare con forza alle autorità preposte la necessità di una legge-quadro regionale che disciplini in modo organico gli interventi a sostegno delle persone ristrette negli istituti penitenziari o in esecuzione penale esterna e dei minori sottoposti a procedimenti penali, garantendo così una maggiore efficacia e un respiro più ampio», ha concluso il garante regionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale, Luca Muglia.


Giornalista
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