A Casabona, a qualche anno di distanza dalle elezioni amministrative del 3 ottobre 2021, la criminalità organizzata avrebbe preso il controllo della macchina comunale. E l’amministrazione comunale si sarebbe «piegata alla volontà di esponenti della locale criminalità organizzata».

La pensa così il ministero dell’Interno, che ha proposto lo scioglimento del Consiglio comunale, poi accolto dal Governo e sugellato dal decreto del Presidente della Repubblica pubblicato qualche giorno fa sulla Gazzetta ufficiale. L’atto parla di gravi interferenze da parte della criminalità organizzata che, secondo le autorità, hanno compromesso la neutralità e il corretto funzionamento della macchina comunale, minando l’ordine e la sicurezza pubblica.

Dopo la caduta anticipata del consiglio comunale per le dimissioni della maggioranza dei consiglieri, il Presidente della Repubblica ha sciolto l’assemblea cittadina nel gennaio 2025. La decisione si inserisce nel contesto dell’inchiesta antimafia “Nemesis”, prosecuzione dell’indagine “Stige” avviata nel 2018 dalla Dda di Catanzaro.

Arresti eccellenti e accuse gravi

Il 4 ottobre 2024 sono state eseguite dieci misure cautelari. Tra i destinatari figuravano il sindaco – già in carica tra il 1999 e il 2004 – destinatario di custodia cautelare in carcere, un assessore e consigliere comunale (ai domiciliari), il vicesindaco e un altro consigliere. A seguito di questi provvedimenti, il prefetto di Crotone ha sospeso i due amministratori indagati. È stato chiesto il rinvio a giudizio per tutti i principali imputati.

Inchiesta Nemesis, le richieste di rinvio a giudizio

La Dda ha chiesto il processo per l’ex primo cittadino Francesco Seminario, 55 anni, di area Pd e per Carlo Mario Tallarico, di 74 anni, presunto reggente dell’omonima ‘ndrina; Daniele Tallarico (32); Ludovico Tallarico (50), Sergio Tallarico (44), Luigi Gagliardi (45), Poerio Cataldo (38), Giuseppe Pullerà (43), Anselmo De Gaetano (41), Francesco De Paola (73), Vincenzo Poerio (62), Leonardo Melfi (67), tutti di Casabona, Paolo Audia (55), di Scandale, Raffaele Poerio (61), di Strongoli.

Il condizionamento della criminalità organizzata sugli apparati dell’ente

Il prefetto, sulla base dell’inchiesta antimafia, evidenzia «il pervasivo condizionamento della criminalità organizzata sugli apparati pubblici dell'ente, operato in particolar modo da una famiglia criminale notoriamente egemone sul territorio». Gli inquirenti, soffermandosi sulla contiguità «tra esponenti della lista elettorale sostenitrice del candidato sindaco poi risultato eletto e il locale contesto mafioso» avrebbero poi svelato «la sussistenza di un accordo corruttivo, in termini di sostegno elettorale dapprima e di impegni reciproci, tra amministratori e organizzazioni 'ndranghetiste, una volta insediatasi la compagine politico-amministrativa». La relazione prefettizia evidenza che gli amministratori indagati, «sono stati effettivamente eletti con ampia maggioranza e consistenti preferenze, andando poi a rivestire nell'amministrazione comunale gli incarichi di maggior rilievo».

Nelle elezioni comunali del 2021 sarebbe emersa «la volontà di condizionare gli esiti delle predette elezioni da parte dei sodali della 'ndrina di Casabona». Volontà che emergerebbe dalle «conversazioni intercettate in carcere tra un soggetto riconducibile alla locale consorteria, all'epoca detenuto e la compagna, dalle quali emerge come la coppia, proprio in prossimità delle elezioni, abbia avanzato pretese economiche nei confronti del candidato sindaco, risultato poi eletto».

Il patto tra politica e clan e le assunzioni al Comune

Il patto, valuta l’allegato al decreto del Presidente della Repubblica, ci sarebbe poi stato: «Le risultanze giudiziarie, richiamate dalla commissione di indagine, depongono nel senso di un accordo pre-elettorale, in base al quale al procacciamento dei voti con l'appoggio della cosca localmente egemone avrebbe fatto seguito il conseguimento di vantaggi di natura economica derivanti dal successivo operato del comune».

Il prefetto evidenzia che, dopo le consultazioni elettorali dell’ottobre 2021, la neoeletta amministrazione comunale avrebbe «effettivamente concretizzato, direttamente ed indirettamente, il favore verso la cosca».

Riguardo al presunto patto di scambio, la relazione prefettizia si sofferma sull’assunzione, «con lo zampino della locale cosca», di un sodale del clan nella società incaricata della raccolta dei rifiuti solidi urbani per conto del Comune di Casabona. «Dalle conversazioni riportate nell’ordinanza applicativa delle misure cautelari – si legge nella relazione –, si evince chiaramente la consapevolezza del sindaco e del vicesindaco che tale assunzione, da loro voluta e avallata, rappresentasse una ricompensa in favore della cosca per i servigi elettorali resi da quest’ultima».

Altra assunzione al Comune di Casabona che assume «rilievo» è quella «della compagna di un soggetto riconducibile alla locale consorteria, durante il periodo della pandemia da Covid-19, in totale spregio della normativa sanitaria all’epoca vigente in tema di contrasto alla diffusione pandemica, in quanto la stessa era priva del richiesto titolo abilitativo (green pass)».

La gestione dell’area Pip

La relazione prefettizia si concentra poi «sull’indebita assegnazione di alcune delle aree Pip (Piani di investimenti produttivi) e, segnatamente, di alcuni lotti alle imprese facenti capo alla famiglia di ’ndrangheta egemone sul territorio» attraverso una serie di «atti calibrati sulle aspettative della famiglia e protesi ad ammantare di legalità un’annosa situazione di diffusa illegalità».

I presunti favori per gli alloggi Aterp

Altra vicenda messa nel mirino è quella che riguarda la presunta «indebita assegnazione di un alloggio popolare Aterp» alla stessa coppia che, nell’intercettazione in carcere, avrebbe svelato il patto con la politica. Risulterebbe infatti che «il sindaco, nell’occuparsi in prima persona della questione, abbia addirittura suggerito ai due degli escamotage per eludere la procedura di assegnazione dell’alloggio e favorirne il subentro al precedente titolare deceduto, in danno degli altri aventi diritto». Per il prefetto di Crotone, questa vicenda dimostrerebbe una sorta di «riconoscenza per il sostegno elettorale ricevuto».

In particolare, «l’amministrazione comunale, ignorando le domande già prese in carico dal Comune nel 2018», avrebbe «proceduto all’assegnazione di tre alloggi popolari esclusivamente sulla base della mera presentazione delle istanze da parte degli interessati e senza avviare la prevista procedura di bando. La commissione di indagine ha documentato che l’ordinanza sindacale di assegnazione dell’alloggio popolare Aterp è stata adottata significativamente lo stesso giorno di presentazione dell’istanza e pur in mancanza della prescritta documentazione».

Gravissima la considerazione che segue: «La vicenda denota come l’amministrazione comunale si sia piegata alla volontà di esponenti della locale criminalità organizzata».

I finanziamenti Ue per i diapiri salini e il ruolo dell’assessore

La relazione prefettizia richiama anche l’affare concernente la futura gestione dei cosiddetti «diapiri salini». Si tratta di un sito di interesse geologico di oltre 5 milioni di anni fa, individuato dalla cosca come fonte di ingenti guadagni, «anche mediante l’intercettazione dei finanziamenti pubblici di provenienza comunitaria». Sarebbe stato un assessore ad avvisare un uomo vicino al clan del progetto di riqualificazione e della futura gestione dei siti geologici.

La vicenda dimostrerebbe che del patto politico-mafioso, «oltre al sindaco», sarebbe «parte attiva», anche l’assessore, che si sarebbe mobilitato «per rinvenire un posto di lavoro» al personaggio vicino alla cosca in una società cooperativa, come «contropartita dei voti da quest’ultimo procuratigli».

Amministratori e picciotti non pagavano Imu e Tari

Anche nel servizio comunale di raccolta e trasporto dei rifiuti solidi urbani vi sarebbero anomalie: sia per i rinnovi nella gestione senza gara, sia per l’assunzione di un uomo indagato per associazione mafiosa, «il tutto sotto la piena consapevolezza del primo cittadino».

La commissione di indagine, poi, ha avuto modo di accertare un presunto «quadro di estese evasioni tributarie, sia in relazione all’Imu che alla Tari, da parte di alcuni amministratori locali, dipendenti comunali, nonché esponenti della locale consorteria».

Tutti elementi che hanno consigliato di sciogliere il consiglio comunale e dare a Casabona una gestione commissariale per 18 mesi. L’obiettivo, al solito, è «assicurare la riconduzione dell’ente alla legalità».