Il Processo

Caso Bergamini, concluso il controesame dei primi due testimoni. Udienza rinviata a gennaio

La difesa di Isabella Internò ha fatto emergere una conversazione tra i parenti del camionista di Cassano Ionio. La parte civile invece ha evidenziato la mancanza di fiducia della famiglia di Denis nei riguardi degli inquirenti della prima indagine

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di Antonio Alizzi
16 dicembre 2021
22:45

È durata quasi sei ore la nuova udienza del processo Bergamini. Seduta fiume per terminare l’esame (e controesame) degli operanti di polizia giudiziaria, Ornella Quintieri e Pasquale Pugliese, entrambi in servizio presso la procura della Repubblica di Castrovillari e autori della terza indagine sulla morte dell’ex calciatore del Cosenza, trovato senza vita il 18 novembre del 1989 nei pressi di Roseto Capo Spulico.

Il processo contro Raffaele Pisano

Un dato documentale emerso nel processo è che sia il Pretore di Trebisacce sia i giudici della Corte d’Appello confermarono la tesi del suicidio, assolvendo il camionista Raffaele Pisano dall’accusa di omicidio colposo. Questa circostanza è stata la prima domanda posta dall’avvocato Rossana Cribari che insieme ad Angelo Pugliese difende l’imputata Isabella Internò.


L’informativa “Cold case Bergamini”

Durante il controesame, la difesa ha ricostruito le indagini, partendo dai fascicoli acquisiti nel corso della prima investigazione, passando per quella disposta nel 2011 dal procuratore capo Franco Giacomantonio, fino ad arrivare a quella avviata dopo il 2016 dall’ex procuratore di Castrovillari, Eugenio Facciolla.

In questo excursus processuale, gli avvocati difensori hanno chiesto i tempi e i modi di acquisizione delle dichiarazioni rese anni prima dalle amiche di Isabella Internò e dagli ex giocatori del Cosenza, amici di Denis Bergamini. Poi è stata la volta dell’informativa “Cold case Bergamini“, aperta nel 2011 e chiusa nel 2015 con un decreto di archiviazione, dove la procura di Castrovillari, tra le varie consulenze, aveva chiesto un parere di parte ai professori Bolino e Testi.

Il viaggio di Francesco Forte verso l’Emilia Romagna

Francesco Forte è un camionista di Cassano Ionio che il 18 novembre 1989 percorre la statale 106 Jonica in direzione Adriatica. Il suo lavoro di trasportatore lo porterà in Emilia Romagna. Prima di lasciare la Calabria, si ferma a fare benzina e comprare un pacchetto di sigarette in una stazione di servizio, che dista pochi chilometri dal luogo della tragedia.

Temendo di poter essere fermato dai carabinieri, quando lascia il piazzale fa passare un altro camion, guidato da Raffaele Pisano. Si mette dietro e immaginando di trovare un posto di blocco rallenta la marcia, sperando che le forze dell’ordine fermassero chi lo precedeva. Tuttavia, capita quello che nessuno ipotizza. In direzione Roseto Capo Spulico, è costretto a spegnere il motore: sul ciglio destro della carreggiata nord c’è una ragazza che piange disperata. Scende dal suo mezzo pesante e vede Pisano piangere e proferire le parole “non l’ho visto, non l’ho visto, si è buttato” riferendosi al corpo del povero Denis Bergamini.

Il contatto telefonico tra Donata Bergamini e il camionista di Cassano Ionio

Questo fatto viene appreso dall’avvocato Eugenio Gallerani, tramite Donata Bergamini, durante la seconda indagine. Il legale rende edotti i magistrati Giacomantonio e Maria Grazia Anastasia che lo sentono in procura di Castrovillari. Il contatto telefonico tra Forte e Donata viene organizzato dall’avvocato Daniela Biondi, cugina del camionista, residente in una località del Tirreno cosentino.

L’intercettazione “non utile”

Gli inquirenti, nella seconda e terza indagine, intercettano i familiari di Francesco Forte per carpire eventuali notizie di interesse investigativo, ma nell’informativa depositata a sostegno del teorema accusatorio, ovvero che Denis Bergamini sia stato soffocato e poi adagiato quasi morto sotto le ruote del camion di Raffaele Pisano, simulando il suicidio, in presenza di Isabella Internò e di altre persone allo stato rimaste ignote, è presente anche un’intercettazione tra Daniela Biondi e Mario Biondi ritenuta “non utile” dal pm Luca Primicerio.

L’opinione negativa dei parenti nei confronti di Francesco Forte

La conversazione “captata” dagli investigatori riguarda la figura di Francesco Forte che insieme a Mario Panunzio (che accompagnerà Isabella Internò al bar di Mario Infantino con la Maserati), rappresenta un testimone fondamentale per accertare la verità giudiziaria. I due parenti del camionista commentano in senso negativo la personalità del testimone, accusandolo di non raccontare la verità. «Fallo condannare» dice l’uomo alla donna. Una frase riportata dall’assistente capo Pasquale Pugliese su richiesta della difesa. Ovviamente l’attendibilità di Francesco Forte sarà valutata in un secondo momento, quando le parti processuali avranno la possibilità di sentirlo davanti alla Corte d’Assise di Cosenza, presieduta dal presidente Maria Lucente (giudice a latere Marco Bilotta).

Il movente passionale: controesame e riesame

Secondo la procura di Castrovillari il delitto Bergamini è maturato all’interno del contesto familiare degli Internò. Per dimostrare ciò, prima il procuratore Facciolla e oggi il pm Primicerio, evidenziano la gelosia dell’imputata nei confronti dell’ex fidanzato, rilevata dalle dichiarazioni rese nel 2011 dagli amici della coppia e dagli ex compagni di squadra. Ciò che ha fatto emergere la difesa, però, è un dato che tende a smontare questa tesi, ovvero che la gelosia animava più la vittima che l’imputata, al punto che sul comodino Denis Bergamini, nonostante la loro relazione fosse finita da tempo, aveva una foto di lei.

Sempre attraverso le dichiarazioni testimoniali, la difesa ha puntato sul fatto che gli ex giocatori del Cosenza parlarono degli atteggiamenti “ossessivi” di lui nel periodo immediatamente successivo alla sua scomparsa, negando ciò invece in apertura della seconda indagine, dove, al contrario, sarebbe spuntata fuori la gelosia di Isabella Internò nei riguardi di lui. Così la tesi del movente passionale (o sentimentale come evidenziato dal gip Annamaria Grimaldi nel decreto d’archiviazione) prende quota per l’accusa, mentre per la difesa è un aspetto processuale smentito dai fatti, che verrà ulteriormente confutato durante le prossime udienze.

La perizia Avato a distanza di settimane dalla morte di Denis Bergamini

Una volta terminato il controesame, intervallato da due sospensioni, il pm Luca Primicerio e l’avvocato Fabio Anselmo, hanno posto nuove domande ai due testi di polizia giudiziaria, parlando delle ambizioni calcistiche di Denis Bergamini, attraverso le parole del suo procuratore sportivo dell’epoca, Bruno Carpeggiani – aspetto affrontato anche dagli avvocati difensori – che pensava di portarlo al Parma per migliorare sia la sua posizione economica sia gli aspetti tecnici. Nel corso del riesame dell’accusa, coloro i quali hanno condotto la terza indagine hanno spiegato i motivi della non sussistenza delle piste investigative riconducibili al calcio scommesse e alla droga, mediante la testimonianza del pentito Francesco Garofalo, un tempo appartenente alla cosca Perna-Pranno di Cosenza.

Infine, la parte civile ha avuto interesse ad evidenziare dettagli storici circa le indagini svolte nell’immediatezza dei fatti. Come la mancata autopsia subito dopo l’evento mortale (visto che la procura di Castrovillari aveva optato per l’ispezione cadaverica evidenziando uno schiacciamento toracico), conferita ad Avato soltanto dopo diverse settimane ed eseguita in Emilia Romagna, e la scarsa fiducia di Domizio Bergamini, padre di Denis, e della sorella Donata, nei confronti dell’autorità giudiziaria cosentina. Nel controesame bis, tuttavia, i legali hanno sottolineato che nell’interrogazione parlamentare a firma di Claudio Martelli, ex ministro della Giustizia ed esponente del vecchio Psi, era menzionata una memoria di Domizio, scomparso da alcuni anni, con la quale rinunciava all’esame autoptico. L’udienza è stata rinviata a gennaio 2022 per ulteriore attività istruttoria.

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