Caso Palamara, condannati i magistrati “calabresi” Lepre e Spina: ecco la sentenza
La sezione disciplinare del Csm ha condannato cinque magistrati, tra cui i due in servizio rispettivamente presso le procure di Paola e Castrovillari.
La sezione disciplinare del Consiglio Superiore della magistratura ha condannato i magistrati Corrado Cartoni, Paolo Criscuoli, Giancarlo Morlini, Antonio Lepre e Luigi Spina per gli illeciti disciplinare contestati dalla procura generale presso la Corte di Cassazione, rappresentata in giudizio dai procuratori generali Gaeta e Perelli.
Le condanne, tuttavia, non sono state pari alle richieste avanzate dall’accusa. Il collegio giudicante, presieduto dal consigliere laico Filippo Donati, ha inflitto la sospensione dalle funzioni di magistrato per un anno e 6 mesi al pm della procura di Paola, Antonio Lepre, al pm della procura di Castrovillari, Luigi Spina e a Morlini. Nove mesi invece per Corrado Cartoni e Paolo Criscuoli, giudice civile di Palermo.
Si tratta dell’inchiesta della procura di Perugia sulle nomine “taroccate” dal cosiddetto “sistema delle correnti” che, secondo gli investigatori, avrebbe manipolato il Consiglio Superiore della Magistratura, condividendo con la politica, nel caso di specie con l’ex ministro Luca Lotti, le nomine per gli incarichi direttivi e semi-direttivi.
Nel corso delle ultime udienze, inoltre, sia Spina sia Lepre avevano reso dichiarazioni spontanee, professando la loro totale estraneità ai fatti d’incolpazione. Spina, infatti, ieri aveva smentito che fosse in combutta con Luca Palamara, spiegando di aver preso una decisione netta sul nome del nuovo procuratore di Roma. All’epoca la corrente di Unicost appoggiava Giuseppe Creazzo, calabrese di Palmi, e attuale capo della procura di Firenze, mentre Palamara ed altri spingevano per Marcello Viola. Spina si è detto lontano anni luce del “cerchio magico” di Palamara, raccontando episodi precisi su come le interlocuzioni non fossero affatto “amorevoli”.
Lepre, infine, ha chiarito che la sera della riunione all’hotel Champagne di Roma era di rientro da una passeggiata in centro con la moglie. Non era a conoscenza del “summit” e ha sottolineato di essersi dimesso per il rispetto delle Istituzioni. Difese, tuttavia, che non hanno convinto i consiglieri Donati, Cavanna, Celentano, Dal Moro, Ciambellini e Di Matteo.