«Le notizie che si apprendono mezzo stampa sul proseguire delle indagini relative al caso Scopelliti contribuiscono sicuramente a ricostruire e rinsaldare quel rapporto importante di fiducia nel lavoro degli inquirenti e dei magistrati, che stanno cercando di ricostruire il delitto Scopelliti e restituire una verità giudiziaria che per troppo tempo è mancata». Da figlia che non si è mai arresa Rosanna Scopelliti accoglie con la solita compostezza una notizia che in realtà riaccende non solo le speranze dei familiari ma la possibilità di riscrivere una storia che rischiava di non avere giustizia.

L’omicidio del giudice Antonino Scopelliti non è più un caso irrisolto. Sono 20 gli indagati per il omicidio. Oltre ai primi 17 ai quali fu notificato l’avviso di garanzia nel 2019 quando la Dda di Reggio Calabria aveva ritrovato il fucile grazie alle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Maurizio Avola, sono indagati adesso anche altri esponenti di primi piano della ‘ndrangheta della provincia reggina: Pasquale Condello, Giuseppe De Stefano, Giuseppe Morabito, Luigi Mancuso, Giuseppe Zito ed il boss delle cosche “milanesi” Franco Coco Trovato. I nuovi nomi sono contenuti nel decreto di perquisizione eseguito nelle settimane scorse dalla Squadra mobile a Messina.

Tra i nomi indicati nel documento, anche quello del boss catanese Nitto Santapaola, nei confronti del quale, però, «non si può procedere perché già assolto per l’omicidio Scopelliti». Nell’inchiesta risultano indagati anche alcuni boss che nel frattempo sono deceduti: Matteo Messina Denaro, Giovanni Tegano e Francesco Romeo.

Nomi che pesano e fanno riflettere sulle trame che sono state intrecciate in quegli anni di sangue e stragi. La famiglia, e in particolare la figlia Rosanna, si dice cautamente ottimista nel vedere un movimento che dà speranza. «Siamo certamente accanto, con cauto ottimismo, come ho avuto più volte modo di affermare, al lavoro che si sta portando avanti. C’è sicuramente la speranza che tutto questo impegno possa davvero restituire verità e giustizia a un caso per troppo tempo irrisolto. I nomi che leggiamo oggi inseriti nel registro degli indagati sono nomi importanti, che ci portano a riflettere sulla portata nazionale del delitto Scopelliti. Restiamo quindi fiduciosi, in attesa di ulteriori sviluppi delle indagini in corso, e approfitto della stampa anche per ringraziare i magistrati e gli inquirenti per il lavoro che stanno svolgendo».

Un faro che passo dopo passo inizia ad illuminare una strada. Dopo la ricostruzione della scena del delitto a Piale e le perquisizioni a Messina, sembra proprio che gli inquirenti abbiano una pista ben precisa. Nel provvedimento, firmato dal procuratore di Reggio Calabria Giuseppe Lombardo e dal sostituto della Dda Sara Parezzan, infatti, c’è ancora Matteo Messina Denaro che, stando alle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Maurizio Avola, avrebbe partecipato alla fase esecutiva del delitto, che sarebbe stato deciso «nel corso di una riunione svoltasi a Trapani nella primavera del 1991».

Secondo i pm, «il mandato omicidiario proveniva direttamente da Totò Riina» che ha incaricato Messina Denaro, il quale, a sua volta, «riceveva le informazioni operative relative alle abitudini di vita del magistrato da Salvo Lima», l’europarlamentare della Dc ucciso in un agguato a Palermo il 12 marzo 1992. Il boss di Castelvetrano, infine, stando alla ricostruzione della Procura, avrebbe curato «i contatti con un informatore locale rimasto ignoto che avvisava il gruppo incaricato dell’omicidio in ordine agli spostamenti del magistrato».

Una storia che dopo 34 anni grida ancora giustizia e adesso, dopo tanti anni di silenzio, non sembra più un’utopia.