Tante le storie raccolte dall’inchiesta di Rai1. C’è chi è riuscito ad abbracciare, dopo 55 anni, il figlio che credeva deceduto in ospedale e chi spera di ritrovarlo per dirgli «non ti ho mai abbandonato». Il sistema sull’asse Crotone-Catanzaro
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L’ipotesi è agghiacciante. Negli anni ’70 alcuni bambini sarebbero stati strappati via dalle madri che li avevano appena partoriti nell’ospedale vecchio di Crotone, sarebbero stati dati per morti, senza far mai vedere le salme ai familiari, e fatti sparire. Alla base vi sarebbe stato un “sistema” creato ad hoc per vendere i neonati a famiglie senza figli.
A portare alla luce questo caso è Roberta Spinelli, giornalista Rai per la trasmissione “Storie di Sera”.
Un’ostetrica dell’ospedale vecchio, ormai in in pensione, racconta che «i bambini erano messi là e adottati da donne che pagavano». La donna aggiunge che «a Crotone come nascevano telefonavamo al Comune e il Comune si interessava lui». Secondo la testimonianza i neonati venivano portati a Catanzaro.
«Me lo hanno rubato dalle braccia»
La paura serpeggiava tra la gente negli anni ‘70, tanto che, racconta un altro testimone, si temeva a partorire a Crotone per poi «ritrovarsi senza figli».
A parlare anche una signora, Caterina, che nel 1971 partorì nell’ospedale di Crotone un bambino di tre chili e 800 grammi. La donna, ormai anziana, non trattiene i morsi del dolore: «I figli bruciano», dice in dialetto, tra le lacrime. Lei lo ricorda come fosse ieri il giorno maledetto in cui un’infermiera le ha strappato dalle braccia il neonato, bello e «con le piegoline tra le cosce». Lo stava allattando quando l’infermiera lo ha preso dicendo che doveva portarlo al medico per una visita. Da allora non lo ha visto più. Ha solo saputo che lo stavano battezzando perché era malato e che era morto.
Per tre giorni lei e suo marito sono andati al cimitero di Crotone a cercare la tomba del figlio «e non abbiamo trovato niente», dice.
«Io non ho visto il bambino morto. Me lo hanno rubato dalle braccia».
«All’epoca - dice la donna - ero stupida, ho pensato che fosse morto». Ma col tempo quella storia le è sembrata sempre più strana. Oggi si chiede dov’è suo figlio, se sta bene, «se magari ha bisogno di me». «Speriamo che lo troviamo», dice Caterina.
Anna che ha ritrovato la famiglia dopo 50 anni
E poi c’è Anna che i genitori li ha ritrovati veramente. Anna mostra il suo certificato di morte emesso dall’ufficio dello stato civile di Catanzaro. «Ma in realtà sono viva. Sono nata al vecchio ospedale di Crotone nel 1971. Sono stata strappata alla mia famiglia e portata in un orfanotrofio di Catanzaro e lì venduta». Anna oggi riabbraccia la sua vera famiglia dopo decenni passati a chiedersi perché sua madre l’avesse abbandonata e dopo tante ricerche anche sul web. E mentre lei cercava la sua famiglia, i suoi fratelli cercavano lei. La famiglia non aveva mai accettato la versione dell’ospedale e dei vari funzionari.
La bimba era prematura ma stava bene, dormiva accanto alla madre quando una suora e un’infermiera sono andate a informare la famiglia che la neonata andava trasferita a Catanzaro dove c’era un’incubatrice. È stato il padre a portare la figlia nel capoluogo. Dopo due giorni gli hanno comunicato che era morta ma l’uomo è tornato a casa «con una bara vuota» dicendo alla moglie che la bambina non avevano voluto dargliela.
La madre non si è mai data pace, ha sempre affermato che la piccola le fosse stata sottratta. Il suo dolore ha coinvolto gli altri figli che, ad un certo punto, si sono messi alla ricerca della sorella sparita nel nulla. Da Catanzaro «era arrivato lo stato di morte ma nello stato di famiglia non risultava – racconta una delle figlie –. Ai cimiteri di Catanzaro non risultava che Anna era morta». Si sono ritrovato dopo 50 anni e i loro cuori hanno trovato un po’ di pace.
«Figlio mio, non ti ho mai abbandonato»
Chi vive col cuore a pezzi, invece, è Emilia, la mamma di Antonio. Anziana, capelli bianchi e corti, occhi lucidi e ancora spaventati. «Penso ad Antonio tutti i giorni – racconta – specialmente dopo che è nato mio nipote che si chiama Antonio... ce l’ho sempre in testa».
«Il dolore di mamma è diventato anche il nostro», dice una sorella di Antonio. La storia ricalca le altre: il bambino portato a Catanzaro per non meglio specificati problemi di salute. «Ma perché lo hanno portato con una macchina e non con un’ambulanza?», si chiede la signora Emilia. Sua figlia elenca una serie di cose che non tornano: sulla cartella clinica della mamma il bambino è nato l’11 agosto del 1970 e pesava due chili e mezzo.
Nella cartella di clinica di Catanzaro Antonio risulta nato il sette agosto 1970 dal peso di un chilo e 470 grammi. Sul certificato di morte risulta deceduto il 10 agosto 1970, sullo stato di famiglia risulta morto l’otto agosto. Quando il padre e lo zio hanno chiesto di vedere la salma è stato loro detto che il bimbo era stato tumulato e non si poteva vedere. Anche in questo caso al cimitero non c’era nessuna traccia, nessuna sepoltura. «Non accetterò mai di non averlo visto morto – dice Emilia –. Spero di trovarlo e di dirgli che noi non lo abbiamo mai abbandonato».