Gli arresti sono 28 ma le misure cautelari chieste dalla Dda di Roma erano 54. La nuova inchiesta contro il narcotraffico nella Capitale vede in tutto 60 persone indagate a vario titolo di associazione finalizzata al traffico internazionale di stupefacenti, aggravata dal metodo mafioso e dei reati di tortura e detenzione di armi.

Le indagini, dirette dalla procura di Roma, hanno rivelato l'operatività di un'associazione di matrice mafiosa che fa capo a un 57enne calabrese, Rosario Marando, già condannato in via definitiva per la sua appartenenza alla ’ndrangheta. Nel corso dell'operazione sono state sequestrate ingenti quantità di sostanze stupefacenti destinate al mercato romano.

Cocaina acquistata in Sudamerica

L’inchiesta è riuscita a ricostruire la logistica dello smercio: veniva acquistata in Sudamerica la cocaina che veniva fatta giungere tramite container nei porti della Spagna, di Rotterdam in Olanda e di Gioia Tauro in Italia, per poi essere smerciata al dettaglio sul mercato romano. L’uomo al vertice del gruppo criminale, secondo quanto emerso nell’operazione Anemone, è ritenuto elemento apicale della locale di Volpiano (in provincia di Torino), promanazione di quella di Platì.

Trasferitosi a Roma agli inizi degli anni 2000, Marando avrebbe assunto il controllo dell’area di San Basilio, promuovendo la nascita di un’associazione composta, tra gli altri, anche dai tre figli, con legami stabili con una struttura criminale albanese utilizzata per gli aspetti logistici (estrazione dei carichi dai porti spagnoli e olandesi nonché per il successivo trasporto) e per lo smercio della droga in altre zone della Capitale. Nel complesso sono stati contestati agli indagati 80 capi di imputazione per operazioni di traffico per oltre una tonnellata di cocaina e per 1.497 kg di hashish.

Le torture a un pusher riprese con un telefonino

Tra le contestazioni anche un episodio di tortura aggravata dal metodo mafioso, contestato a 4 indagati che avrebbero privato della libertà personale uno spacciatore, causandogli sofferenze fisiche e un trauma psichico. Le torture inferte sono state riprese con un telefonino, per diffonderne successivamente il video al fine di generare paura, omertà e assoggettamento nella vittima e negli altri pusher in zona San Basilio. Inoltre è emerso che gli indagati utilizzavano sofisticati sistemi criptofonici per le comunicazioni operative e per eludere le attività di controllo.

Localizzati in Spagna 5 latitanti per narcotraffico

I dispositivi venivano forniti da una vera e propria centrale di smistamento individuata a Roma e facente capo ad un 46enne albanese. L’attività investigativa - grazie alla estesa cooperazione internazionale avviata - ha consentito di localizzare in Spagna 5 latitanti per reati materia di stupefacenti il cui arresto, su indicazione del Ros, è stato eseguito dalle autorità di polizia locali.

L’alleanza tra ’ndrangheta e albanesi: porto di Gioia Tauro centrale nei traffici

Complessivamente l'indagine, conclusa con l’emissione di 28 provvedimenti cautelari detentivi, 6 interrogatori preventivi, l’arresto in flagranza di reato di 11 soggetti, nonché, all’estero, dei 5 latitanti già citati e il sequestro di ingenti quantitativi di stupefacente (per lo più cocaina e hashish), ha confermato l’infiltrazione del territorio romano di organizzazioni, dedite al narcotraffico, di matrice ‘ndranghetista, e l’alleanza ormai strutturale tra la ‘ndrangheta e organizzazioni criminali albanesi che, forti della loro ramificazione in molti Paesi europei e non solo, garantiscono canali alternativi di approvvigionamento e, soprattutto, la possibilità di utilizzare porti stranieri, dove esercitano il loro controllo, per diversificare le narco-rotte; la centralità del Porto di Gioia Tauro per le importazioni di cocaina; l’esistenza di accordi e regole che consentono a organizzazioni di diversa matrice di spartirsi le più redditizie aree di smercio del narcotico nella Capitale; l’utilizzo sistemico di strumenti tecnologici evoluti e non direttamente intercettabili, per le comunicazioni operative.

Gli indagati in carcere

1. Marando Rosario, nato a Platì 18 ottobre 1968

2. Marando Francesco, nato a Locri il 19 luglio 1997

3. Sagajeva Arjan

4. Trimboli Pasquale, nato a Locri il 27 marzo 1980

5. Beshtika Drini

6. Mema Bequir

7. Perre Domenico Natale, nato a Locri il 24 dicembre 1991

8. Marando Luigi, nato a Locri il 17 settembre 2000

9. Marando Antonio, nato a Locri il 14 agosto 2001

10. Berisha Bledar

11. Muco Riza

12. Cybi Mariglen

13. Lenti Marco

14. Di Pietro Alessio

15 Altomare Marco

16. Bettini Marco

17. Vannicola Gian Claudio

18. Roga Elis

19. Cervellini Alessio

20. Sbardella Stefano

21. Turone Angelo

22. Marku Erald

23. Havalja Jurgen

24. Mennuni Federico

25. Lleshaj Gjno

26. Fiorillo Giuseppe

27. Mozzetta Francesco

28. Miconi Maurizio

Indagati per i quali è stata rigettata la misura cautelare

Bruzzaniti Salvatore, nato a Melito di Porto Salvo il 18 aprile 1984

Di Francescantonio Simone

Martellacci Marco

Nucera Giuseppe

Moresi Mattia

Di Giacomo Armando

Elsayed Nader

Nuovo Jacopo

De Angelis Federico

Sabellico Stefano

Esposito Salvatore

Fortunelli Tiziano

Thartori Gezim

Tammaccaro Stefano

Tammaccaro Alessandro

Cespedes Brian Leonardo

Fucci Andrea

Camboni Mario

Romagnoli Tiziano

Raggi Francesco

Marando Alfredo, nato a Locri il 7 settembre 1993

Machado Alves Moreira Sofia Carla

Ismail Ahmed Abou Zina Amir

Rionero Daniele

Paolini Massimo

Marando Rosario (limitatamente al capo 81 per mancanza dell’attualità)