È la nuova migrazione del lusso. Solo che non arriva in barconi, ma su jet privati. I dati parlano chiaro: oltre 142 mila milionari si preparano a cambiare residenza fiscale nel 2025, in quella che si annuncia come la più imponente ondata di “migrazione dorata” mai registrata. E tra le mete più ambite, con buona pace di Monte Carlo, Dubai e delle classiche destinazioni esotiche, spicca una sorprendente outsider: l’Italia.

Secondo il report annuale di Henley & Partners – la società internazionale che ha trasformato i programmi di cittadinanza e residenza in un business milionario – il Belpaese sarà la terza destinazione al mondo per i Paperoni in cerca di una nuova casa. Si stima che 3.600 milionari sceglieranno di stabilirsi tra le colline toscane, le coste amalfitane o le terrazze milanesi, superando persino la Svizzera, che di solito gioca in casa quando si parla di ricchezza mobile. Al primo posto nella classifica restano gli Emirati Arabi Uniti, con 9.800 arrivi previsti, seguiti dagli Stati Uniti (7.500), ma è il posizionamento dell’Italia a stupire: mai prima d’ora il nostro Paese aveva attratto così tanti capitali mobili. E non è solo una questione di paesaggio, vino rosso e Vespa sotto il sole.

Quello che sta avvenendo a livello internazionale è un fenomeno tanto silenzioso quanto potente: i Paesi competono fra loro per attrarre i milionari, offrendo trattamenti fiscali personalizzati, visti dorati, residenze rapide e tassazioni ridotte all’osso. In un contesto geopolitico incerto, tra guerre, instabilità finanziaria e nuovi regimi autoritari, la ricchezza cerca riparo dove può essere coccolata. Ma attenzione: a differenza di quello che si potrebbe pensare, i ricchi non si muovono con facilità.

Solo una minuscola parte – meno dell’1% – decide ogni anno di trasferire la propria residenza. Per questo, quando lo fanno, i governi si attrezzano: sanno che attirarne anche solo qualche migliaio può generare enormi benefici fiscali e d’immagine. E qui entra in gioco l’Italia. Dal 2017, il nostro Paese ha introdotto un regime fiscale speciale noto con il nome ufficioso di “norma CR7”, in omaggio al celebre Cristiano Ronaldo che, proprio grazie a questa misura, scelse di trasferirsi alla Juventus.

L’idea è semplice e (per molti) geniale: offrire una tassa piatta annuale, detta flat tax, a chi trasferisce la propria residenza in Italia, limitandola a 100 mila euro all’anno per 15 anni su tutti i redditi prodotti all’estero. Dal 2025, l’importo è stato raddoppiato a 200 mila euro, ma l’appeal non sembra diminuire. In pratica, un miliardario che vive a Milano ma guadagna dividendi a Hong Kong, interessi a New York e royalties a Zurigo, paga comunque solo 200 mila euro all’anno al fisco italiano per quei redditi. Se poi decide di portarsi dietro la famiglia, ciascun parente paga appena 25 mila euro. Tutto il resto, compresi yacht, proprietà e investimenti, resta protetto da una sorta di “scudo fiscale legale”. Per i redditi prodotti in Italia, invece, si applica la normale imposizione. Ma diciamoci la verità: chi sceglie questo regime di solito non guadagna nulla nel Paese ospitante.

L’Italia è il rifugio, non la fonte del reddito. Se fino a qualche anno fa Monte Carlo era la Mecca dei milionari europei, oggi i conti non tornano più. Secondo Henley & Partners, «sommando il costo del fisco e delle abitazioni, molti clienti hanno realizzato che l’Italia è più conveniente del Principato».

E non si tratta solo di numeri: l’Italia offre anche un patrimonio culturale, gastronomico e paesaggistico che nessun altro Paese può vantare. Il risultato? I nuovi Paperoni italiani arriveranno con un patrimonio complessivo stimato in 21 miliardi di dollari. Denaro che, almeno in parte, si riverserà in acquisti di immobili di pregio, ristrutturazioni, servizi, opere d’arte, consumi. Non è un caso che i quartieri di Milano, Roma, Firenze e Portofino stiano vedendo una vera e propria corsa all’immobile di lusso, con prezzi che lievitano di trimestre in trimestre.

Ma non tutti applaudono. L’ingresso di milionari stranieri, pur garantendo entrate fiscali certe e relativamente semplici da gestire, ha anche un rovescio della medaglia. Secondo i critici, si tratta di un privilegio inaccettabile in un Paese dove la pressione fiscale media è ancora altissima per i cittadini comuni. C'è anche il rischio che queste agevolazioni creino bolle immobiliari, inneschino dinamiche di gentrificazione e spingano fuori dai centri storici famiglie e lavoratori. E poi c’è un nodo etico: fino a che punto è giusto “vendere” residenza e fisco a chi può permetterselo, mentre si lotta per frenare l’evasione fiscale interna? Intanto, l’Italia non è sola. Altri Paesi stanno percorrendo strade simili.

Malta è diventata famosa per il programma “passaporto contro contanti”, mentre il Montenegro ha visto crescere del 124% la presenza di milionari in dieci anni, grazie all’arrivo di investitori russi. Negli Stati Uniti, invece, la situazione è più complessa. Mentre il Paese è la seconda meta mondiale per i Paperoni in arrivo, è anche quello da cui molti milionari stanno fuggendo. Nel 2025, ben il 30% delle pratiche gestite da Henley & Partners riguarderanno americani. Una fuga accelerata dalle politiche fiscali incerte e dalle tensioni interne acuite dall’era Trump.

Per arginare la perdita, la Casa Bianca starebbe studiando una “Trump Card”, una specie di visto d’oro per chi investe almeno 5 milioni di dollari, che garantirebbe esenzioni fiscali sui redditi esteri. Un modo per trattenere i ricchi e continuare a competere nella guerra mondiale per i patrimoni. Nel frattempo, l’Italia osserva e incassa. Non sarà un paradiso fiscale in senso stretto, ma è sempre più una safe zone per i ricchi che vogliono sicurezza, privacy e qualità della vita. Una villa a Capri, una tenuta in Chianti, un attico in Brera: oggi sono molto più di un investimento. Sono una scelta di vita. E se è vero che il denaro chiama denaro, forse questa nuova élite migrante, pagante e (per ora) discreta, sarà capace di lasciare qualcosa di buono. Purché non ci si dimentichi che a pagare il prezzo della disuguaglianza crescente sono spesso quelli che il fisco non riescono neanche a capirlo.