La Calabria si trova in una situazione di grande incertezza riguardo alle concessioni balneari. La recente pronuncia del Tar della Liguria, che ha bocciato la proroga, si contrappone alla decisione del Tar della Toscana, che invece ha confermato la validità di una concessione fino al 2037.
La divergenza giurisprudenziale rischia di creare confusione tra i titolari degli stabilimenti, i comuni e la giustizia amministrativa stessa, lasciando aperta una questione fondamentale a pochi mesi dall’inizio della stagione turistica. Mentre alcune amministrazioni locali cercano di applicare le proroghe sulla base delle interpretazioni più favorevoli, altre attendono chiarimenti normativi per evitare il rischio di contenziosi.

Il nodo principale resta l’adeguamento alla direttiva Bolkestein, che impone di riassegnare le concessioni tramite gare pubbliche. Tuttavia, l’assenza di una linea univoca complica la situazione per gli operatori del settore, che si trovano a programmare l'estate in un clima di totale incertezza.

Con il tempo che stringe, resta da capire se arriveranno direttive nazionali chiare o se sarà necessario attendere l’intervento del Consiglio di Stato per una definitiva uniformità giuridica.

La sentenza del Tar della Toscana

Di recente, la giustizia amministrativa regionale della Toscana, ha accolto il ricorso presentato dalla società "Maitò dal 1960 S.r.l." contro il Comune di Forte dei Marmi in merito alla durata della concessione demaniale marittima relativa al noto stabilimento balneare. La sentenza, pubblicata il 10 marzo 2025, annulla la scadenza del 31 dicembre 2023 e riconosce la validità del titolo fino al 31 dicembre 2037.

La controversia sulla durata della concessione

La disputa è nata a seguito del rilascio della concessione demaniale marittima n. 2/2022 da parte del Comune di Forte dei Marmi, che aveva concesso un ampliamento dell’area demaniale occupata dallo stabilimento balneare Maitò. Tuttavia, l’atto amministrativo prevedeva una durata limitata fino al 31 dicembre 2023, decisione contestata dalla società ricorrente, che riteneva corretta la scadenza originaria del 31 dicembre 2037.

Il ricorso si è basato su due punti principali: la validità della concessione originaria (rilasciata nel 2018 per 19 anni, con scadenza al 2037) e la sua differenza rispetto ai casi di proroga automatica bocciati dal Consiglio di Stato nelle note sentenze del 2021; l’errata qualificazione della concessione come nuovo titolo autonomo, anziché come un atto suppletivo di ampliamento, che avrebbe dovuto mantenere la stessa durata della concessione principale.

Le motivazioni del TAR

Nella sentenza, il TAR ha accolto le tesi della Maitò S.r.l., evidenziando che l’atto impugnato non costituiva una nuova concessione, ma una "licenza suppletiva" ai sensi dell’art. 24 del regolamento del codice della navigazione. Di conseguenza, il Comune avrebbe dovuto: applicare la stessa scadenza della concessione principale (31 dicembre 2037). In alternativa, seguire la disciplina delle concessioni accorpate, che avrebbero comunque portato la scadenza al 31 dicembre 2033, in applicazione della proroga prevista dalla Legge 145/2018. «È risultato incontestato, infatti» che le concessioni oggetto del contenzioso «sono state rilasciate anteriormente al 28 dicembre 2009, cioè prima della trasposizione della direttiva Servizi 2006/123/CE e, ciò, con la conseguenza che risulta applicabile l’art. 1, commi 682 e 683 della legge 145/2018, che prevede proprio il 31 dicembre 2033 come termine ultimo di scadenza», si legge.

Il Tar della Toscana ha inoltre sottolineato come l’applicazione arbitraria del termine del 31 dicembre 2023 non avesse basi giuridiche e contrastasse con il principio di legittimo affidamento della società concessionaria, la quale aveva pianificato investimenti a lungo termine in base alla durata originaria della concessione.

Le conseguenze della sentenza

Con questa pronuncia, il TAR Toscana ha annullato il provvedimento impugnato, riconoscendo alla Maitò S.r.l. il diritto a mantenere la concessione fino al 2037. La decisione è un precedente rilevante nel contesto delle concessioni balneari, un settore in cui l’applicazione delle normative europee e nazionali è oggetto di continue dispute tra enti locali e operatori economici.