Coronavirus, dubbi sul rigore nell'applicazione della quarantena

VIDEO | Mentre i comuni intensificano i controlli ai varchi di ingresso dei centri abitati, le persone confinate in casa continuano ad avere rapporti con familiari e coinquilini che poi girano liberamente per assolvere alle loro necessità quotidiane

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di Salvatore Bruno
21 marzo 2020
13:00

Ordinanze a macchia di leopardo sul territorio, guerra aperta a chi pratica attività fisica all’aperto, controlli ai varchi di ingresso di singoli centri abitati. Le iniziative per bloccare la diffusione del coronavirus si moltiplicano. L’obiettivo è quello di limitare le uscite dalle proprie abitazioni allo stretto indispensabile.

Bisogna restare in casa

Non tutti hanno ben compreso la gravità della situazione e continuano ad andarsene in giro per i motivi più disparati, come nel caso di due 28enni a caccia di Pokemon bloccati dai carabinieri di Corigliano Rossano, costringendo istituzioni e forze dell’ordine ad inasprire regole, controlli e sanzioni.


Chi sorveglia le quarantene

Per andare dietro agli indisciplinati, però, si rischia di allentare la sorveglianza sui soggetti posti in quarantena, perché provenienti da aree del paese in cui l’epidemia è esplosa in maniera drammatica oppure perché entrati in contatto con persone poi risultate positive al tampone. Per essere efficace, l’isolamento deve essere rigoroso anche all’interno delle mura domestiche: nessun contatto con familiari ed altri coinquilini. Una regola della quale, per la verità, poco si sente parlare. Per questo è il caso di ribadirla.

Spezzare la catena del contagio

Anche perché giungono invece notizie in senso contrario. Emblematico il caso di un bidello in servizio nel bergamasco tornato ad Amantea dopo la chiusura delle scuole, oggi ricoverato a Catanzaro dopo aver contratto il Covid 19. È rimasto tappato in casa, con cinque persone residenti nella medesima abitazione, loro sì liberi di andare in farmacia o a fare la spesa. E teoricamente, anche di seminare l’infezione in giro, mantenendo in essere la catena del contagio. E di casi analoghi, probabilmente, è piena tutta la Calabria.

Giornalista
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