Corruzione in Prefettura, archiviazione per funzionaria e imprenditore lametino

Nel 2017 i due furono arrestati e posti ai domiciliari. Nel mirino il centro di accoglienza gestito da Salvatore Lucchino

4 giugno 2019
14:34
Prefettura a Catanzaro
Prefettura a Catanzaro

Dopo quasi due anni dall’arresto della funzionaria della Prefettura di Catanzaro Nerina Renda, e dell’imprenditore lametino Salvatore Lucchino, entrambi difesi dagli avvocati Aldo Ferraro e Antonella Pagliuso, il gip di Catanzaro ha accolto la richiesta di archiviazione formulata dal pm Stefania Paparazzo, ed ha archiviato il procedimento penale nei confronti dei due ritenendo «non coltivabile l’accusa in giudizio né con riferimento all’ipotesi di reato per cui è iscrizione, né con riferimento ad altre ipotesi di reato».
Nel luglio del 2017 i due furono sottoposti alla misura cautelare degli arresti domiciliari perché ritenuti gravemente indiziati del reato di corruzione, con sequestro preventivo finalizzato alla confisca dei loro beni. Si sosteneva, in particolare, che Nerina Renda, in violazione dei suoi doveri d’ufficio, avesse compiuto delle ispezioni e dei sopralluoghi nel centro di accoglienza gestito dal Lucchino «volutamente e strumentalmente generici e per questo sostanzialmente positivi», ed avrebbe condizionato la procedura che ha portato la Prefettura a stipulare una convenzione per l’accoglienza con il Lucchino; l’imprenditore, secondo l’ipotesi accusatoria oggi bocciata dal gip, avrebbe invece ceduto alla Renda la proprietà di un immobile in Feroleto Antico, e le avrebbe promesso utilità ed imprecisate somme di denaro.

Quell’ordinanza fu però subito annullata dal Tribunale della Libertà di Catanzaro, che l’11 agosto 2017 accolse i ricorsi degli avvocati Ferraro e Pagliuso, rimettendo immediatamente in libertà i due indagati, e restituendo loro i beni che erano stati sequestrati.
Lo scorso settembre 2018 la Procura catanzarese ha quindi chiesto l’archiviazione del procedimento penale nei confronti di Nerina Renda e di Salvatore Lucchino escludendo analiticamente, per ciascuno dei fatti originariamente ipotizzati, la loro oggettiva sussistenza, riaffermando la correttezza del comportamento della funzionaria e dell’imprenditore.
Il Gip di Catanzaro, Francesca Pizii, con decreto del 30 maggio, ha quindi deciso di accogliere la richiesta del pm, ritenendo «non sostenibile l’accusa in giudizio sia con riferimento alla materialità della condotta ipotizzata e vieppiù ipotizzabile, sia in ordine alla sussistenza dei necessari presupposti soggettivi».


 

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