Smercio illegale di farmaci a Cosenza. Coinvolti anche un medico e tre farmacisti

VIDEO | Sono accusati a vario titolo di aver alimentato un circuito illecito per la cessione di oppioidi a base di ossicodone. Tredici nel complesso le persone interessate. Per nove di loro sono scattati gli arresti domiciliari

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di Salvatore Bruno
5 settembre 2019
07:14
Carabinieri
Carabinieri

Nove persone sono state poste agli arresti domiciliari e altre quattro, tre medici e un farmacista, interdetti per dodici mesi dall’esercizio della professione sanitaria, nell’ambito di una operazione, denominata Ricettopoli, condotta dai carabinieri del comando provinciale di Cosenza e del Nucleo Antisofisticazione e coordinata dal Procuratore della Repubblica Mario Spagnuolo e dal sostituto Margherita Saccà. I 13 soggetti sono ritenuti responsabili, a vario titolo, di prescrizioni abusive in concorso, detenzione e cessione di sostanze stupefacenti in concorso, truffa aggravata ai danni del Servizio Sanitario Nazionale, falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale.

Secondo quanto emerso dalle attività investigative, avevano messo in piedi un circuito illegale di smercio di farmaci oppioidi a base di ossicodone, alimentato dalle innumerevoli prescrizioni abusive di un medico di base e dalla compiacenza dei tre farmacisti coinvolti nell’inchiesta. Il sistema operava almeno dal 2015. I militari dell’arma hanno inoltre sequestrato somme di denaro per un ammontare complessivo di circa 176 mila euro .


Ossicodone al posto della cocaina

Il circuito illegale consentiva lo spaccio sul mercato dell’ossicodone in qualità di valido sostituto dell’eroina. L’inchiesta ha preso spunto da una segnalazione inviata dall’Asp di Cosenza in merito ad un esponenziale incremento delle prescrizioni di un farmaco oppioide a base di ossicodone, utilizzato per le cure palliative e del dolore severo in patologie neoplastiche o degenerative, caratterizzato da una molecola del tutto simile a quella dell’eroina, per cui in grado di innescare forme di dipendenza analoghe a quelle delle droghe pesanti. Il medico, titolare dei ricettari utilizzati per le prescrizioni di medicinali a favore dei coindagati, per giustificare la propria condotta dinanzi ai responsabili dei competenti Uffici di medicina di base, aveva riferito di essere stato vittima del furto di 10 ricettari, precisando che avrebbe formalizzato la denuncia in un momento successivo.

Numero spropositato di prescrizioni

La susseguente attività di indagine ha consentito di accertare che si era soltanto trattato di un mero e maldestro tentativo di occultare la propria condotta illecita, consistita nel prescrivere innumerevoli ricette del citato farmaco a base stupefacente, pur in assenza di patologie sofferte dai destinatari, i quali potevano così ottenere illecitamente confezioni in quantità spropositate ed incompatibili anche con l’uso raccomandato dall’Aifa per singolo paziente, come confermato in una perizia redatta da un consulente tecnico del pm. Tra il 2015 e il 2019, rilevate 2.360 prescrizioni illecite, per un totale di 4.720 confezioni del farmaco a base di ossicodone, contenenti ciascuna, 28 compresse con dosaggio compreso tra 20 e 80 milligrammi.

Incastrato dalle intercettazioni

Il medico era perfettamente consapevole della propria condotta illecita. Questo particolare emerge dalle numerose intercettazioni acquisite dagli inquirenti e relative a conversazioni con i pazienti indagati. Cosciente delle conseguenze potenzialmente pericolose derivanti dall’assunzione incontrollata del farmaco, il medico appare anche incurante dello stato di salute riferito da alcuni assuntori. Infatti, in alcune intercettazioni captate, il sanitario, preoccupato per l’abbassamento delle difese immunitarie di uno di essi, spiega allo stesso come a causare il disturbo possa essere stato l’eccessivo consumo del farmaco, cedendo comunque alle continue richieste di prescrizione dello stesso prodotto.

Il ruolo dei farmacisti

L’attività di monitoraggio svolta dai carabinieri ha consentito di rilevare anche come i farmacisti, nonostante le stringenti prescrizioni di legge in materia, abbiano dispensato i farmaci a base di ossicodone in quantità spropositate ed incompatibili con l’uso di un singolo paziente, poi presentando le ricette per il successivo rimborso. Gli stessi, in alcuni casi, venendo meno ai loro obblighi, hanno favorito la condotta illecita dei richiedenti, talvolta anche mediante la consegna dei farmaci incriminati presso il loro domicilio. Addirittura, come viene anche sottolineato nell’ordinanza del gip, alcuni farmacisti, animati da interessi di natura economica, in più occasioni, invogliavano l’indagato ad ottenere ulteriori prescrizioni abusive, segnalando allo stesso la disponibilità presso la farmacia del medicamento contenente l’ossicodone. Particolarmente significative, per non dire allarmanti, appaiono le conversazioni in cui una farmacista offre ulteriori confezioni di farmaco ad uno degli indagati, rispetto a quello che lo stesso aveva richiesto ed in relazione alle quali aveva riferito di essere in possesso delle necessarie prescrizioni, così, di fatto, invogliandolo a procurarsi, per il tramite del suo canale di fiducia, ulteriori prescrizioni aventi ad oggetto farmaci stupefacenti.

Come veniva utilizzato il medicinale

Dal monitoraggio degli indagati è stato accertato che il farmaco, ottenuto a seguito della presentazione delle prescrizioni presso le farmacie di Cosenza, veniva in parte impiegato per uso personale ed in parte ceduto a terze persone dietro pagamento di un corrispettivo, come documentato nel corso di mirati servizi culminati nel sequestro complessivo di 419 compresse. Particolarmente significativo il quantitativo rinvenuto nel corso di una perquisizione domiciliare avvenuta il 6 marzo 2019, nell’abitazione di uno degli indagati, in cui i militari hanno rinvenuto 279 compresse a base di ossicodone di 80 mg e diverse ricette aventi ad oggetto le prescrizioni di tale farmaco, numero sicuramente sproporzionato per la cura di un singola persona.

 

Un altro aspetto imputato agli indagati è quello relativo all’ulteriore falsificazione materiale delle ricette ricevute dal medico. Infatti, è stato accertato che erano soliti farsi prescrivere il farmaco avente un dosaggio da 20 mg ed, alcune volte, da 40 mg. Una volta ottenuta la ricetta, al fine di ottenere un farmaco con un principio attivo più elevato, modificavano manualmente il numero 20 in 80. Da quanto documentato, non risulta che il medico fosse pienamente consapevole della successiva condotta di falsificazione materiale tenuta dagli indagati, anche se dal contenuto delle conversazioni captate è emerso come lo stesso avesse avuto il sospetto di tale anomalia, ugualmente perseverando però nella propria condotta.

Giornalista
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