Balzo del tasso di positività nell’ultimo bollettino diramato dal ministero della Salute il 2 gennaio. Se infatti il numero dei nuovi contagi è calato sensibilmente rispetto al giorno prima, con 11.831 nuovi contagi, il rapporto dei positivi in base ai tamponi effettuati (67.174) ha subito un’impennata salendo fino al 17,6%. Numeri che fanno apparire inevitabile una nuova stretta.

Dal 7 gennaio, con la fine delle regole anti-Covid previste dal decreto Natale, l'Italia dovrebbe tornare al sistema diversificato di colori (zona rossa, arancione e gialla) in base a contagi e dati. E su questi, governo e regioni decideranno misure e ordinanze ad hoc da applicare di volta in volta.

La scuola

Sul fronte della scuola sembrava certo che, per quanto riguarda le superiori, in ogni istituto sarebbe stato garantito il rientro in presenza per il 50% degli studenti. Ma il tema ora torna prepotentemente al centro del tavolo. Tanto da spingere il presidente della Conferenza delle Regioni, Stefano Bonaccini, a rimettere in discussione quella data: «Credo sarebbe giusto che il governo nelle prossime ore ci riconvocasse e insieme prendessimo una decisione, in maniera molto laica», dice. 

Ristorazione

In scadenza, a partire dal 15 gennaio, le rigide limitazioni per il comparto ristorazione. Ma almeno fino a quella data - e salvo nuove regole varate da governo e premier -, in zona gialla bar, ristoranti e pizzerie resteranno aperti (anche nei giorni festivi) con consumo al tavolo solo dalle ore 5 alle ore 18, mentre dopo sarà vietato consumare cibo e bevande nei locali o per strada. Dalle ore 18 alle ore 22 sarà tuttavia consentito l’asporto, mentre la consegna a domicilio resterà sempre possibile.

Risale l'indice Rt

A pesare sulle decisioni di governo e regioni però, come detto, saranno i dati forniti dalla Cabina di regia per il monitoraggio regionale. Che al momento non sono buoni: l'ultimo report dell'Iss ha infatti evidenziato la risalita dell'indice Rt a 0.93.

A rischiare la zona rossa per ora sono soprattutto Veneto, Liguria e Calabria, ma anche Puglia, Basilicata e Lombardia. Altri indicatori d'allerta riguardano Friuli Venezia Giulia, Valle d'Aosta, Piemonte, Provincia autonoma di Trento ed Emilia Romagna, che hanno una probabilità superiore del 50% di superare la soglia critica di occupazione dei posti letto in area medica in 30 giorni, mentre per Lombardia, Trento e Veneto lo stesso discorso vale per le terapie intensive.