VIDEO | Da due mesi e mezzo è il nuovo procuratore, per lui si tratta di un ritorno nel Tirreno cosentino dove in passato aveva condotto importanti inchieste contro la ‘ndrangheta. Dalle azioni in campo sul piano dell’inquinamento ambientale al suo punto di vista sulla riforma Nordio, ecco l’intervista
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Lo scorso 15 marzo, Domenico Fiordalisi, classe 1960, si è ufficialmente insediato al quinto piano della Procura di Paola, occupando il posto lasciato vacante nel maggio del 2023 dal suo predecessore, il magistrato Pier Paolo Bruni, oggi alla guida la procura di Santa Maria Capua Vetere.
Per Fiordalisi, magistrato cosentino con una lunga carriera alle spalle, si tratta in realtà di un ritorno: in passato aveva già svolto le mansioni di sostituto e procuratore capo facente funzioni della Procura di Paola, conducendo memorabili inchieste contro la criminalità e l'inquinamento ambientale.
Noi lo abbiamo incontrato di recente per chiedergli cosa potranno aspettarsi i cittadini del Tirreno cosentino dal lavoro della Procura che dirige e rivolgergli alcune domande in merito alla riforma sulla giustizia del ministro Carlo Nordio.
D. Signor Procuratore, che cosa vuole dire ai cittadini di questo territorio che intendono rivolgersi alla Procura per qualche istanza o che attendono giustizia?
R. «Voglio dire che sicuramente la risposta della Procura di Paola sarà quanto mai attenta a qualunque istanza di giustizia. Abbiamo da poco iniziato un'attività intensa sul piano ambientale, controllando tutti i depuratori della costa e trovando situazioni estremamente problematiche. Quindi, sotto questo profilo, ci saranno sicuramente delle interlocuzioni a breve con le altre autorità amministrative competenti in questo campo, perché il litorale tirrenico e tutto l'alto Tirreno cosentino hanno bisogno della massima attenzione sul piano della depurazione. Incombe, ormai, la stagione estiva, l'economia del posto è legata moltissimo alla pulizia del mare, e il procuratore della Repubblica ha il dovere di cogliere i problemi effettivi di un territorio. Questo è sicuramente uno dei più importanti da attenzionare. Ci stiamo lavorando con molta energia, quindi sono convinto che anche insieme a cittadini e associazioni ambientaliste, insieme a tutti coloro che vorranno dare una mano e altri organi amministrativi, faremo un lavoro estremamente proficuo».
D. Che cosa ne pensa della Riforma Nordio?
R. «Penso che i magistrati debbano esprimere con prudenza le critiche sulle leggi. Innanzitutto, devono pensare che la legge deve farla liberamente il Parlamento e che noi magistrati, per il ruolo che ricopriamo, dobbiamo applicarle e interpretarle secondo il senso che il legislatore ha voluto dare a queste norme, per come sono state ispirate. Ritengo che l'inasprimento delle pene, in astratto, non sia sempre la strada migliore per affrontare i problemi di criminalità. Già dai tempi del Settecento, quando entrò in vigore il Codice Leopoldino, il primo vero codice penale italiano, in Toscana ci fu una scommessa tra il Granduca di Leopoldo e Cesare Beccaria, che ispirò questo codice. Abolirono la pena di morte e Carmignani, che fu uno dei primi criminalisti italiani, constatò che per sei mesi le carceri italiane toscane furono vuote. Ciò evidenziò un paradosso che fece notare anche il nipote di Cesare Beccaria, Alessandro Manzoni, e cioè che l'abolizione della pena di morte fece diminuire la quantità di reati commessi. Ora, a prescindere da questo punto di inizio della codicistica italiana, del diritto penale, dobbiamo riflettere sul fatto che rispondere con inasprimenti di sanzioni eccessive conta poco, conta molto di più la tempestività con la quale si interviene in certi contesti. Oltre al “Codice rosso”, che è quanto mai opportuno e pertinente, pensiamo alle estorsioni, all'usura, a quanti reati vengono commessi in materia di criminalità organizzata. Ecco, per questi è fondamentale una massima attenzione dello Stato sui tempi della risposta della Giustizia. Quindi, secondo me, questo diventa, assolutamente prioritario, anche dal punto di vista cautelare».
D. Mentre, invece, della separazione delle carriere dei magistrati, che cosa ne pensa?
R. «Personalmente sono contrario. Ho constatato di persona, in sette anni e mezzo che sono stato in Corte di Cassazione e dopo aver svolto per tanti anni le funzioni di pubblico ministero e di procuratore capo, che la compresenza in un collegio giudicante di magistrati provenienti da esperienze giudiziarie diverse, appunto, magistrati requirenti e magistrati giudicanti, è un arricchimento reciproco di formazione».
Chi è Domenico Fiordalisi
In magistratura dal 1986, Domenico Fiordalisi ha svolto funzioni di pubblico ministero in varie Procure d'Italia e in Calabria ha lavorato anche alla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro. Autore di diverse pubblicazioni scientifiche, dal 2017 è consigliere della Prima Sezione penale della Cassazione.
Dal marzo scorso, lavora fianco a fianco con il magistrato Ernesto Sassano, che ha svolto le funzioni di procuratore facente funzioni della Procura di Paola dopo il trasferimento del magistrato crotonese Pier Paolo Bruni.
Oltre a Sassano, compongono la squadra dei sostituti procuratori di Paola anche i magistrati Maria Porcelli, Luca Natalucci, Mariolina Bannò, Chiara Pezone e Vincenzo Scardi.