Domiciliari per accudire i figli disabili, la decisione alla Corte costituzionale

Il ricorso dell’avvocato Gianfranco Giunta che chiede la detenzione alternativa per la sua assistita condannata in via definitiva per associazione mafiosa sollevando la questione di incostituzionalità della norma che prevede diversa misura solo in presenza di figli minori di dieci anni

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di Redazione
31 marzo 2019
12:08

La I Sezione Penale della Corte di Cassazione nei giorni scorsi ha accolto la questione di legittimità costituzionale sollevata dall’avvocato Gianfranco Giunta ed ha investito la Corte Costituzionale affinché intervenga sulla norma dell’ordinamento penitenziario nella parte in cui non prevede la possibilità di concedere la detenzione domiciliare alla madre condannata, per reati ostativi, con prole maggiorenne affetta da handicap invalidante.


Il penalista calabrese (in foto), che da anni segue il caso di una madre condannata in via definitiva per reati di cui all’art.416 bis, ha fatto leva sulla norma dell’ordinamento penitenziario che prevede la concessione della speciale misura alternativa della detenzione domiciliare a madre o padre condannati solo ed esclusivamente nel caso in cui i genitori abbiano prole di età inferiore a dieci anni e non già alla madre o al padre detenuti con figli adulti diversamente abili.



Giunta aveva proposto istanza al Tribunale di Sorveglianza di Reggio Calabria con la quale invocava, per la sua assistita, la concessione della detenzione domiciliare. Istanza rigettata. A questo punto l’avvocato, unitamente al collega Guido Contestabile, ha deciso di ricorrere in Cassazione sollevando la questione di incostituzionalità della norma, per contrasto con agli articoli 3 e 31 della Costituzione chiedendo la sospensione del procedimento con trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale.


La Corte di Cassazione, ritenendo rilevante l’eccezione sollevata, ha demandato alla Corte Costituzionale che sarà chiamata a decidere se anche i genitori detenuti per reati di cui all’art. 416 bis possano, dopo un certo periodo di pena espiata ed in assenza di eccezionali esigenze, accedere alla detenzione domiciliare al fine di accudire i propri figli adulti disabili «la necessità – sostiene l’avvocato Giunta - di monitorare lo stato di salute di quest’ultimi, di coadiuvarli nello svolgimento di elementari funzioni, di supportarli nel doloroso percorso con amore e dedizione.
Premure che - ad avviso del difensore - non possono essere delegate a terzi o svolte in altro modo, attraverso ad esempio il ricorso agli strumenti assistenziali previsti dalla legge a supporto delle famiglie di soggetti invalidi, atteso che, in primo luogo, tali strumenti, in genere limitati a sostegni economici, non sono sempre idonei ad assicurare un reale e concreto aiuto; ma soprattutto perché siffatte esigenze di cura sono inscindibilmente legate alle figure genitoriali».

Perchè l'attuale norma sarebbe incostituzionale

La norma attualmente in vigore secondo Giunta risulta in contrasto con le previsioni del secondo comma dell’art. 31 della Costituzione, ai sensi del quale “la Repubblica protegge l’infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo”.
Ed infine, Giunta ritiene che la norma attualmente in vigore sia in contrasto anche con l’art. 3 della Costituzione, ed in particolare con il principio di ragionevolezza che è insito nel principio di uguaglianza, dal momento che da un lato consente, in caso di insussistenza di eccezionali esigenze cautelari e se sussiste assoluto impedimento del padre, che la madre detenuta possa ottenere la detenzione domiciliare per assistere i figli di età inferiore ai dieci anni, dall’altro, nella sussistenza dei medesimi presupposti, impedisce al genitore in carcere di assistere in regime di detenzione domiciliare il proprio figlio disabile, sol perché ha raggiunto l’età di dieci anni indicata dalla norma, come sbarramento alla concessione della misura alternativa della detenzione domiciliare. L’attuale disciplina, inoltre, secondo il penalista reggino, è lesiva del principio di uguaglianza sostanziale in quanto in entrambi i casi le esigenze di cura ed assistenza sarebbero identiche. Sarà ora la Corte Costituzionale a decidere.

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